Arrivano i primi fondi legati all’autonomia. Si tratta di 4,6 miliardi. Vale a dire il «fondo di perequazione infrastrutturale» che è uno dei cardini della legge quadro sull’autonomia firmata dal ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia. Il principio è che l’autonomia vada a braccetto con il superamento del gap infrastrutturale delle «aree disagiate» del Paese. Senza girarci troppo intorno, buona parte di questi fondi saranno destinati alle regioni del Sud che soffrono di un evidente gap infrastrutturale ma non solo. Nella legge quadro, si parla di «aree interne e montane» e di «aree disagiate». Non solo a Sud.
Dopo l’inserimento della legge quadro nel Nadef, la nota di aggiornamento al Def, come promesso da Boccia, arriva anche, sempre all’interno della legge di Bilancio, il fondo di compensazione per il divario infrastrutturale. «Le risorse sono state incluse nelle tabelle della manovra e saranno a disposizione del Mezzogiorno, delle aree interne e delle aree di montagna non appena sarà approvata la legge sull’autonomia, un importante segnale di concretezza» spiega Roger De Menech, coordinatore dei parlamentari veneti del Pd a Roma. Secondo il parlamentare dem, il fondo consentirà di finanziare opere, per esempio, in Lessinia, Polesine, Altopiano di Asiago e provincia di Belluno: «Convocherò presto i sindaci, le associazioni di categoria e le parti sociali con cui stabilire le priorità». Mancano ancora all’appello, però, i criteri e le modalità di spesa che saranno discussi in seguito. De Menech rilancia ulteriormente e invita la Regione a «recepire positivamente questa novità». «Spero la Regione capisca che quei soldi servono a dire a Rfi e Anas che le priorità non saranno più solo sulla base del bacino di utenza, questo piccolo tesoretto sarà un incentivo».
Vede rosso la neo vicepresidente regionale Elisa De Berti che ha mantenuto la delega alle infrastrutture: «Ma De Menech è stato all’estero negli ultimi 5 anni? Si è perso per strada centinaia di milioni che negli ultimi 5 anni, grazie anche a Mondiali di Sci e Olimpiadi, stiamo spendendo nel Bellunese. Gli ricordo che l’elettrificazione delle linee ferroviarie verso nord l’abbiamo ottenuta puntando i piedi. Con Anas vengono investiti una marea di soldi, sull’Alemagna, per gli impianti a fune, per le varianti di Cortina e Longarone. Su Lessinia, altopiano di Asiago e Polesine si può fare di più, certo ma ci vuole onestà intellettuale.L’80% dei fondi Fsc (fondi per lo sviluppo e la coesione) va al Sud così come, pare, gran parte del Recovery fund, oltre il 50% del contratto di programma di Anas e il 55% di quello di Rfi. Io sono d’accordo sulla perequazione infrastrutturale al Sud ma vorrei vedere qualche opera realizzata». È un fiume in piena la vice presidente: «Insomma, non è un problema di mancanza di risorse per coprire il gap infrastrutturale del Sud ma piuttosto è un grosso problema di progettazione. Concordo con il ministro per le Infrastrutture Paola De Micheli quando dice che vanno eliminati tutti gli inghippi burocratici e legati agli appalti delle opere con immancabile corollario di ricorsi e controricorsi. È tempo di intervenire sulla struttura di Anas».
Insomma, se qualcosa dovesse arrivare per le aree disagiate in regione, da palazzo Balbi non ci sarebbe alcuna obiezione ma il tema sotteso, di fondo, quella questione Nord-Sud spesso esacerbata nel dibattito nazionale, resta.
«Il fondo non riguarda solo il Sud – ragiona Mario Bertolissi, costituzionalista a capo della delegazione trattante veneta – ma anche le aree disagiate interne in ogni regione. In un recente libro di Giuseppe De Rita si affrontano i problemi del Meridione. De Rita, uno fondatori della Svimez e sostenitore della tesi secondo cui bisogna creare condizioni interne alle comunità sociali affinché gli interventi da dispiegare possano condurre a risultati positivi, dice che calare interventi dall’altro comporta rischi di insuccesso notevoli: il terreno su cui si semina non è stato preparato. Dato che si tratta di somme rilevanti, mi auguro vengano impiegate bene. In caso contrario, invece della secessione dei ricchi ci sarà la coesione dei poveri. Se fossi classe dirigente del Sud destinata a trovarsi fra le mani ingenti risorse per diffondere un po’ di “bene comune”, invece d’essere giulivo sarei preoccupatissimo, visti i precedenti».