Autonomia: tredici regioni su 15 “ordinarie” chiedono più competenze anche senza referendum come il Veneto

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Autonomia con firme Maroni, Zaia e Bonaccini
Autonomia con firme Maroni, Zaia e Bonaccini

Sul tavolo della ministra leghista agli Affari regionali Erika Stefani (per l’autonomia, ndr) sono arrivati dossier da otto regioni: Lombardia, Veneto ed Emilia- Romagna sono state le prime tre, e il loro iter è il più avanzato. Poi anche Piemonte, Liguria, Toscana, Marche e Umbria hanno presentato ufficialmente richieste di accordo. Ma non finisce qui, perché come spiega un dossier del servizio studi del Senato anche Lazio e Campania hanno conferito mandato di avviare i negoziati con il governo mentre Basilicata, Puglia e Calabria si stanno organizzando per farlo. Quindi delle 15 regioni italiane a statuto ordinario, solo Abruzzo e Molise per adesso sembrano soddisfatte degli attuali assetti.

Lo studio di Palazzo Madama

“Verso un regionalismo differenziato”, è il titolo dello studio di Palazzo Madama. Più neutro rispetto al concetto di autonomia, praticamente fondativo per la Lega. L’articolo 116 della Costituzione, terzo comma, prevede che la legge ordinaria possa attribuire alle regioni « ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia » sulla base di un’intesa fra lo Stato e la regione interessata. Ma la norma costituzionale, introdotta in occasione del riordino del titolo V della Costituzione del 2001, finora non è mai stata attuata. Per questo sul come arrivarci non esiste una regola chiara e uguale per tutti. Lombardia e Veneto ad esempio fecero prima un referendum regionale. Tutti gli altri invece si sono limitati al voto delle rispettive assemblee elettive. Comunque sia, la regione stessa è l’unico soggetto titolato ad avviare il procedimento.

Le diverse vie per l’autonomia

Lazio, Campania e Liguria

Dopodiché ogni regione, nei rispettivi dossier, cita competenze diverse da “strappare” allo Stato. La Campania ad esempio si limita a sanità, beni culturali e paesaggistici, tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. Il Lazio aggiunge governo del territorio e rapporti internazionali e con l’Unione europea. La Liguria chiede di poter intervenire su grandi reti di trasporto e di navigazione, ordinamento della comunicazione, previdenza complementare e integrativa, coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; la Toscana nell’elenco ci mette anche l’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati.

Piemonte

Sul piano “ ideologico”, il modello piemontese — entro marzo Sergio Chiamparino confida di far portare in Consiglio dei ministri anche il proprio accordo — è più simile a quello proposto dall’Emilia- Romagna, a sua volta piuttosto diverso da quello di Lombardia e Veneto, entrambe amministrate dal Carroccio. Il vicepresidente del Piemonte Aldo Reschigna spiega che a differenza di queste ultime due «noi non ipotizziamo una specie di macro- regione in contrasto con lo Stato. Puntiamo alla qualità e non alla quantità».
La Costituzione, come detto, non prevedeva un percorso preciso. Il governo giallo- verde ha optato per chiudere entro il 15 febbraio con le prime tre regioni, con la firma tra i presidenti Attilio Fontana, Luca Zaia e Stefano Bonaccini e il premier Giuseppe Conte. Ma poi mancherà l’ultimo passaggio: la maggioranza qualificata del Parlamento dovrà trasformare le intese in legge.

di Matteo Pucciarelli, da la Repubblica