di Vittoria Puledda da laRepubblica
Ancora un colpo a vuoto nella partita ormai infinita che si gioca tra Atlantia e Cdp. Ieri il gruppo controllato dai Benetton ha apparentemente respinto al mittente senza troppe remore la proposta che gli era arrivata dalla cordata Cdp-Blackstone-Macquarie. Ma, ad onta dei rimbotti e dei distinguo, ha comunque dato alla Cassa tempo fino al 27 ottobre per presentare un’offerta vincolante. E ha già fissato un cda il 28, per esaminare l’eventuale offerta. Come dire, non ci piace quello che avete messo sul tavolo finora, ma continuiamo a trattare.
In una lettera indirizzata a Cdp, in quanto capocordata, Atlantia torna a sottolineare che l’offerta non è conforme alla richiesta: è stata una proposta preliminare, mentre la società si aspettava un’offerta vincolante, con un prezzo chiaro anche se passibile di riduzione a seguito della due diligence (entro un margine definito). Non solo, il range di prezzo indicato – tra 8,5 e 9,5 miliardi per il 100% di Aspi – viene considerato non soddisfacente (il fondo Tci, secondo azionista di Atlantia, ha sempre parlato di 11-12 miliardi) e dunque non ci sono le condizioni, come auspicato da Cdp, per far slittare l’assemblea del 30 ottobre di Atlantia, per decidere della vendita all’asta di Aspi o in alternativa della scissione.
Tutto all’aria, dunque? No, perché comunque Altantia ha dato ancora una manciata di giorni di tempo per presentare un’offerta blindata, poi da finalizzare dopo la due diligence. Ma da come si sono messe le cose difficilmente arriverà in questi termini: Cdp (e i fondi) considerano troppo stretti i tempi per presentare un’offerta vincolante. E ancora troppo aleatorio il quadro, se non altro perché non c’è ancora il Pef (Piano economico e finanziario) firmato e, di conseguenza, un piano tariffario chiaro. Che, per inciso, sconta anche il parere critico, non vincolante ma certo significativo, dato dall’Art (l’Autorità del settore) che ha giudicato congruo un aumento medio delle tariffe pari all’1,08% rispetto all’1,75% annuo su cui si erano posizionati Atlantia e Mit e che ha messo in discussione anche altre voci del Pef. Secondo alcune stime, solo la differenza del’incremento tariffario vale, per tutta la durata della concessione, minori pedaggi netti per oltre 3 miliardi. Insomma, il timore di qualcuno è che la gallina dalle uova d’oro, Aspi, sia diventata molto meno fertile proprio adesso che viene messa in vendita. Condizionando anche il prezzo, anche una volta che venisse trovata la soluzione alla richiesta di garanzie per i danni indiretti del crollo del ponte.
Altre nubi all’orizzonte sono legate al clima politico: Salvini ha accusato il governo di consegnare la maggioranza agli stranieri mentre Giorgia Meloni parla di «svendita» e Gelmini ironizza sul «capolavoro» Pd-M5. Aiscat, l’associazione che raccoglie tutti i concessionari, sottolinea invece che si tratta di «soluzioni pasticciate».
Schermaglie? Qualcosa di più si potrebbe capire oggi, quando si terrà una riunione tra Cdp e gli altri due fondi della cordata. Difficile valutare la reale distanza delle posizioni in campo. Negli ultimi mesi, ostacoli considerati insormontabili sono stati aggirati per passare ad altri nodi.
La stessa convocazione dell’assemblea di Atlantia, formalmente rimasta in piedi, potrebbe essere sospesa del tutto o in parte e in ogni caso si può fermare la scissione fino a quando non è pienamente efficace, nel caso in cui arrivasse un’offerta che piace.
Tutto è ancora possibile.