Durissimo scambio di accuse tra Atlantia e Cdp. La società controllata dai Benetton tira dritto con il suo schema e dice no alla manleva. Per la Cassa chiude la partita
Giuseppe Colombo su HuffingtonPost
Il banco salta. A colpi di lettere durissime. E di accuse senza sconti. A più di due mesi da quella che il Governo considerava una partita chiusa con “la cacciata” dei Benetton da Autostrade, quella stessa partita si è riaggiornata nell’esito. Con un conto pesantissimo. Questo: tra Atlantia, la società attraverso cui i Benetton controllano la società autostradale, e la Cassa depositi e prestiti, mediatore e baricentro del nuovo corso voluto dall’esecutivo, non c’è più spazio per trattare e per tradurre in un’intesa scritta quell’accordo festeggiato a palazzo Chigi all’alba del 15 luglio. È rottura.
Succede tutto in poche ore. Nervose, con mosse e contromosse con cui Atlantia e la Cassa misurano la possibilità di andare avanti. Fino ad arrivare alla presa d’atto che il campo di gioco è così avvelenato che è diventato impraticabile. È mattina quando nel quartier generale di Atlantia si decide di rispondere alla lettera che la Cassa ha inviato ventiquattro ore prima, proprio mentre il consiglio di amministrazione della società che fa capo ai Benetton deliberava in autonomia una doppia via per la nuova Autostrade. In quella lettera Cdp chiedeva di seguire un altro schema, quello messo nero su bianco dal Governo a metà luglio in un comunicato stampa che annunciava l’intesa con i Benetton. E sempre in quella missiva la Cassa chiedeva la manleva, cioè di non dover rispondere in futuro delle responsabilità che potrebbero essere accertate durante il processo sul crollo del ponte Morandi a Genova, ritrovandosi così a dover sostenere il costo di risarcimenti che potrebbero essere miliardari.