L’arroganza del potere non ha limiti – si legge nella nota che pubblichiamo sul problema dell’Ayauasca e a firma dell’Aduc (qui altre note dell’Associazione per i diritti degli utenti e consumatori su ViPiu.it, ndr). Non solo impedisce il voto sulla cannabis attaccandosi al cavillo (peraltro infondato) di un presunto errore tecnico di quesito. Oggi (il 23 febbraio scorso, per l’esattezza), alla zitta e senza che vi fossero ragioni di intervento per casi di attualità, di pericolo sociale di alcun tipo, senza uno straccio di dibattito di alcun tipo, il ministro della Salute Speranza ha visto bene di proibire la sostanza che da secoli accompagna migliaia di uomini in percorsi di cura e di culto.
Si legge nel Decreto che, a seguito di due casi di intossicazione da armina (e sottolineo due) e di un paio di perquisizioni, si è chiesto ed ottenuto il parere favorevole dell’ISS per far migrare nell’illegalità numerosi cittadini che utilizzano da sempre la bevanda (che chiamano Madre) per propri percorsi di crescita personale e religiosa. L’intero culto del Santo Daime, che attorno alla cerimonia con la pianta sacra ha costituito la propria identità, è così messo al bando. Perché? Perché ci sono state due intossicazioni. No, non le migliaia di migliaia di utilizzi responsabili in tutto il mondo, bensì due intossicazioni valgono la proibizione.
Creando sacche di nuova criminalità in pratiche millenarie che non hanno alcuna pericolosità sociale di rilievo il Ministro ha inteso chiudere il cerchio su pratiche che in altri Paesi sono elevate e protette dalle stesse autorità nazionali quali patrimonio collettivo da difendere.
Attendiamo di leggere le asserite evidenze scientifiche che avrebbero comportato una simile decisione sull’Ayauasca, che smentiscono anni e anni di lavori e di dati che invece non solo salvano ma promuovono l’utilizzo delle piante oggi proibite. Del resto, in assenza di dibattito, pur anche a porte chiuse ed elitario che sia, si corre il rischio di prendere certe cantonate.
Forse si sarebbero potute ascoltare le personalità scientifiche che hanno esaminato la letteratura sul punto, che afferma il successo della pianta proibita (e delle sue combinazioni) nella cura dei disturbi dell’umore e della depressione, delle dipendenze dalle droghe pesanti e dell’alcolismo.
Ed allora si sarebbe potuto riflettere meglio su ciò veramente spaventa il potere: ammettere la possibilità -e tollerarne la legittimità – dello stato alterato ed espanso della coscienza.
Sorprende la curiosa sincronia della decisione con il dibattito – quello si che sì aperto laico e fecondo! – della comunità scientifica internazionale sul rivoluzionario utilizzo medico degli psichedelici. Difficile non pensare che si tratti proprio adesso di un monito del fronte della conservazione, che nel nostro Paese dimostra anche oggi di esser in tutti i contesti istituzionali, dal Ministero alla Corte Costituzionale delle ultime pronunce.
L’Italia non arriva solo in ritardo. Ma si posiziona e si schiera dal lato oscuro della forza e dell’ignoranza: quello della proibizione anche dell’Ayauasca.
Claudia Moretti, legale, consulente Aduc