Paghe da 4 Euro e 60 lordi all’ora (circa 3 euro e 50 netti all’ora), buste paga decurtate del 38 per cento considerando anche l’eliminazione della quattordicesima mensilità, e molto altro – inizia così un comunicato firmato dai Portieri ed ex Portieri dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza – No, non siamo nei campi di pomodoro del meridione, ma in Veneto – nella locomotiva del Nord. Più precisamente tra i cittadini italiani che lavorano per la sanità: ufficio informazioni, portierato, multiservizi, controllo ascensori, rintracciamento tecnici reperibili per le celle mortuarie ecc.
Questa lettera è stata scritta per reazione ad un articolo del 15-05-2019, pagina 7, foglio 1. In questo articolo veniva celebrata la virtuosa gestione dell’Azienda Zero un ente unico per gestire acquisti, formazione del personale, accreditamento delle strutture private e monitoraggio dei costi standard delle Ulss venete). Si scriveva di ottimi risultati, tra i quali “un risparmio di 135 milioni […] che derivano dalle minori spese per gli acquisti”.
Ma chi là dentro ci lavora ci terrebbe a far sapere che, parte di questi risparmi, sono stati possibili anche a spese dei lavoratori.
Come? Parlano i fatti: questi dipendenti dell’ospedale S. Bortolo prima avevano un contratto “multiservizi” stessa mansione e stessi livelli che riuscivano in qualche modo a garantire uno stipendio appena dignitoso.
Con l’effettuazione della nuova gara effettuata dalla Azienda Zero i contratti sono stati cambiati, è stato applicato il CCNL dei servizi fiduciari e questo di conseguenza ha penalizzato i lavoratori, queste nuove condizioni hanno decurtato lo stipendio del 38% considerando anche la sottrazione della quattordicesima mensilità, una paga uguale a chi fa turni notturni o festivi, decurtazione scatti di anzianità; straordinari pagati una miseria.
Chi non firmava veniva licenziato.
Queste ingiustizie si sommano ad altre, iniziate già prima dell’arrivo d’Azienda Zero, e che testimoniano il graduale decadimento del sistema ospedaliero (del quale stanno facendo i conti sia dipendenti che pazienti). Ricordiamo anche, a questo proposito, che l’Ulss 8 – poco prima che terminasse l’appalto precedente ad Azienda Zero – ha soppresso un punto informazioni sito nell’area D: un punto focale di smistamento atto ad indirizzare il pubblico verso il pronto soccorso ginecologico, medicina nucleare, stereotassica (radioterapie per cura dei tumori), bunker, cyberknife. Ma soprattutto l’area D era il punto più comodo per i disabili, che potevano parcheggiare poco distante e lì ottenere le carrozzine. Un luogo di spreco? Forse, ma soppresso mettendo in ferie forzate 5 dipendenti addetti al sito – per un risparmio di 105.000 euro – e spostandoli in altri servizi.
Tornando ad Azienda Zero, speriamo di aver dimostrato con estrema onestà che qui non si tratta di questioni politiche, di idee, di opinioni, o di filosofia. Si tratta della vita di alcune persone – qualcosa di davvero concreto.
Come possiamo rimanere zitti se viene celebrato come virtuoso ed efficace un sistema che grava in questo modo sui suoi lavoratori, ovvero su delle persone?
Questi servizi, ricordiamolo, sono fondamentali: senza di essi l’ospedale rimarrebbe bloccato, e precipiterebbe nel caos più totale. Uno sciopero dove nessuno apre le porte o le sbarre per l’entrata di dipendenti e cittadini, senza controllo della sicurezza, e soprattutto senza informazione all’utenza, sarebbe un inferno per tutti.
L’Azienda Zero, a detta di chi l’ha voluta, doveva essere un sogno, una rivoluzione, un esempio per tutte quelle regioni “spendaccione”. Non possiamo lavorare in queste condizioni e sentire certe frasi o certi slogan (“spendere meno ma spendere meglio”; ma questo “meglio” significa anche trattare così dei lavoratori?). Non è possibile tacere: la sopportazione umana avrà pure un limite.
Chi sarebbe disposto a lavorare sotto queste condizioni? Con contratti ai limiti della soglia di povertà Istat? Cose del genere all’ospedale di Vicenza non sono mai successe.
È inutile scrivere che chi ha fatto queste scelte non lavorerebbe alle stesse condizioni, come è inutile dire che una paga del genere toglie qualsiasi dignità alla persona. E ciò perché, semplicemente, non permette di mangiare, pagare le bollette, la benzina ecc.
Ma è giusto scriverlo, perché, come già detto, qua non sono in gioco opinioni politiche ma la dignità delle persone, e su quelle non si dovrebbe mai tacere.
E di persone che in questo paese stanno perdendo la dignità per questioni simili, ce ne sono sempre di più. E cosa facciamo, le puniamo perché sono costrette a lavorare in nero? Perché sono portate allo stremo e rischiano di diventare ladri? Non è fantascienza questa: è la realtà dei fatti.
L’articolo 36 della nostra Costituzione, sempre che a qualcuno interessi ancora, recita: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.
Non è forse questo il momento per liberarsi da dottrine politiche, dogmi ideologici, pregiudizi, e guardare negli occhi – insieme e come esseri umani – questa miseria?