L’uso di singole azioni in portafogli ben diversificati: il punto di Alessandro Pedone, responsabile Aduc Tutela del Risparmio

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Azioni e portafogli diversificati
Azioni e portafogli diversificati

Questo articolo è da considerarsi l’ideale continuazione della mini-serie di tre articoli  sul concetto della diversificazione degli investimenti in azioni, in particolare lo considero la seconda parte dell’ultimo articolo di quella serie dal titolo: “Investimenti finanziari e diversificazione: singoli titoli azionari”.
Ho pensato di scriverlo perché da quando ho iniziato a scrivere qualche articolo su Tesla, all’inizio del 2020, sempre più persone mi chiedono informazioni su singoli titoli azionari. Da qualche domanda, sembra che qualcuno si attenda che io conosca vita morte e miracoli di ciascuna delle migliaia di aziende quotate nel mondo. Ovviamente non è così, ma – prima ancora –  ritengo che se anche fosse possibile, sarebbe una forma di conoscenza in massima parte del tutto inutile per le ragioni che proverò ad illustrare meglio attraverso questo articolo.

Premessa importante
L’investimento in singoli titoli azionari è fortemente sconsigliato alla grande maggioranza degli investitori. E’ necessario essere investitori esperti, il che non significa solo aver studiato molto, ma aver avuto l’esperienza di attraversare almeno una grande crisi azionaria – avendo in portafoglio titoli che sono crollati. Se non avete la necessaria esperienza, potete provare a costruirla iniziando a “giocare” con cifre che per voi sono irrilevanti, considerando l’acquisto di quelle azioni come un costo di formazione. Dovreste essere disponibili a perdere il 100% di quell’investimento e considerarla un’esperienza formativa. Solo dopo aver attraversato un vero e proprio crollo del mercato azionario (con l’indice generale che perde più del 25-30% e singole azioni che perdono oltre il 70%) con qualche posizione aperta, e dopo che avete studiato approfonditamente la materia (consiglio almeno due autori da approfondire bene: Aswath Damadoran e Peter Lynch) potete iniziare a dedicare il 10-15% del vostro portafoglio in singoli titoli azionari.
Naturalmente, se avete la possibilità di lavorare con un consulente finanziario indipendente, potete velocizzare il percorso, ma se questa fosse la ragione principale per rivolgersi ad un consulente partireste con il piede sbagliato. Personalmente, non prenderei mai un cliente il cui scopo principale fosse quello di costruire un parte del portafoglio in singole azioni. Questo perché una richiesta del genere rende palese che la persona ha un’idea della finanza che la può portare solo a future delusioni, ed io non intendo certo agevolare queste delusioni.

Filosofia d’investimento
Ci sono molti modi diversi di concepire l’uso delle singole azioni all’interno di un portafoglio finanziario. Questo fa parte dell’aspetto “strategico” degli investimenti. Alcuni preferiscono azioni di aziende che hanno business molto consolidati e che hanno utili piuttosto solidi e stabili. Altri scelgono azioni di aziende che stanno vivendo difficoltà momentanee e che si ritengono essere eccessivamente penalizzate dal mercato, supponendo che quando la difficoltà scomparirà anche il prezzo tornerà a salire di più e più velocemente della media del mercato. Altri ancora non fanno considerazioni sull’azienda, ma solo sul prezzo dell’azione, ritenendo che il prezzo sintetizzi tutte le informazioni disponibili.
Avere una strategia è chiaramente importante, fondamentale. Non esiste, però, una strategia sicuramente migliore di un altra. E’ fondamentale costruirsi una propria visione sul funzionamento del mercato (come e perché i prezzi tendono a muoversi) e agire in coerenza con questa visione. E’ necessario perciò avere una filosofia d’investimento, prima ancora di una strategia e fare in modo che vi sia forte coerenza tra la filosofia d’investimento e la strategia. A tal proposito invito a leggere questo articolo: “Scegliere la propria filosofia d’investimento”. In sintesi, la filosofia d’investimento è quell’insieme di credenze sul funzionamento dei mercati finanziari che giustificano determinate strategie d’investimento.
La filosofia d’investimento che ispira il mio agire, come consulente finanziario indipendente (e quello dei colleghi che collaborano con me all’interno della società di consulenza finanziaria che ho fondato vent’anni fa), afferma che – salvo eccezioni – i mercati finanziari sono ragionevolmente efficienti e quindi è inutile (e spesso dannoso) tentare di battere sistematicamente i mercati finanziari. E’ molto più utile cercare di cogliere la massima parte possibile del rendimento medio che il complesso del mercato esprime.
Questo si può fare investendo in ETF ben diversificati.
Al tempo stesso, la filosofia d’investimento che abbraccio prevede che vi siano eccezioni nelle quali i mercati fanno errori (e spiega le ragioni). Alcuni di questi errori possono essere legati alla psicologia della massa, altri sono collegati a dei limiti strutturali del sistema con il quale la quasi totalità delle istituzioni finanziarie valuta i titoli. Di seguito farò alcuni esempi che renderanno più chiara questa frase.
La teoria di riferimento sulla quale si fonda la filosofia d’investimento che ispira il resto dei concetti che saranno espressi in questo articolo si chiama Adaptive Market Hypothesis ed è stata promossa da Andrew Loo, professore al MIT. In rete si trovano molte cose sul suo pensiero, prevalentemente in Inglese.  Chi volesse iniziare ad approfondire può trovare utile partire da questo articolo: “I mercati finanziari sono pazzi? Non proprio…”.

Perché
Secondo la filosofia d’investimento sopra accennata, è velleitario (e pericoloso) pensare di battere sistematicamente i mercati finanziari. Significherebbe avere la pretesa di conoscere e/o interpretare informazioni in modo più efficiente della somma di tutto il resto del mercato. Dal momento che ogni giorno, sui mercati finanziari, migliaia e migliaia di operatori dedicano una quantità enorme di risorse (di ogni tipo: intellettive, tecnologiche, temporali ed economiche) per scoprire ed interpretare informazioni potenzialmente rilevanti nella formazione del prezzo delle attività finanziarie, avere l’illusione di essere più efficaci di questa enorme mole di risorse molto ben coordinate è, quantomeno, da ingenui.
Perché allora un investitore “adulto” – che segue questa filosofia d’investimento – dovrebbe pensare di inserire singole azioni in portafoglio e non limitarsi ad usare panieri di titoli attraverso ETF? Principalmente per due ragioni.
La prima la potrei definire di tipo formativo/intellettuale.
Investire in singole azioni è molto più stimolante, intellettualmente, rispetto ad investire in indici azionari. Le singole azioni sono chiaramente molto più rischiose e molto più volatili di panieri di indici. Se questo è considerato generalmente un aspetto negativo, è anche vero che se l’investitore impara ad abituarsi a questa volatilità potrà gradualmente innalzare la sua propensione e tolleranza al rischio e questo lo può esporre ad aumentare la quota di componenti volatili del complesso del portafoglio (che in massima parte sarà composta di indici). Non è, quindi, tanto il rendimento aggiuntivo che si può pensare di ottenere dalle singole azioni, quanto la gratificazione intellettuale e l’innalzamento del profilo di rischio complessivo che se ne può ricavare.
La seconda ragione, più profonda, è quella di cogliere enormi opportunità di rendimento legate ad altrettanto enormi, radicali, diversità fra gli obiettivi ed i criteri di valutazioni della media degli operatori finanziari rispetto alle proprie.
Il singolo investitore ha due vantaggi enormi rispetto ad un operatore finanziario professionista: l’orizzonte temporale e la possibilità di investire in aziende relativamente piccole (piccolissime per i grandi fondi). A parte rarissime eccezioni, i professionisti della finanza vengono valutati su orizzonti temporali brevi. Quando va bene un anno. Se anche vedono delle opportunità di lungo e lunghissimo termine, non possono sfruttarle rischiando di non essere più in quel posto a beneficiarne. I criteri di valutazione degli analisti finanziari, in generale, sono molto focalizzati su orizzonti temporali di un anno o inferiori.
Il fatto che una singola azienda abbia la possibilità di essere leader in un settore che ancora non esiste neppure è qualcosa che in genere possa essere preso in considerazione dalla massa degli analisti finanziari.
Inoltre, queste aziende, in genere, sono relativamente piccole. Se anche qualche grande gestore, particolarmente illuminato, volesse investire seriamente in questi progetti, i controvalori di azioni che potrebbe comprare senza alterare il prezzo dell’azienda sarebbero percentualmente insignificanti rispetto alle dimensioni del fondo, nell’ordine dello zero-virgola-zero-qualcosa. Se anche l’azione triplicasse il suo prezzo in cinque anni, il contributo al rendimento del fondo sarebbe comunque insignificante.
Il singolo investitore adulto, invece, può mettere – senza correre rischi eccessivi – anche l’1% del proprio portafoglio in un singolo titolo. Se questo dovesse avere rendimenti eccezionali, il contributo al rendimento complessivo diventerebbe apprezzabile.
Per queste ragioni, esiste una categoria di azioni per le quali gli obiettivi d’investimento ed i criteri di valutazione sono profondamente diversi da quelli della media degli operatori finanziari. In quel gruppetto di azioni, possono effettivamente annidarsi opportunità di rendimento straordinarie, ma solo per coloro che realmente hanno orizzonti temporali di lungo termine, abbinati ad una preparazione, tecnica ed emotiva, assolutamente fuori dal comune. Non si tratta di “pasti gratis”, per usare un’espressione molto diffusa nel linguaggio economico, ma la retribuzione di capacità che la quasi totalità degli investitori non sono in grado di mettere in campo.

Come selezionare
Nel precedente articolo, “Investimenti finanziari e diversificazione: singoli titoli azionari”, ho illustrato quella che chiamo “la filosofia del proprietario” che è l’approccio base attraverso il quale ritengo sensato detenere singole azioni in portafoglio.
Il primo punto fondamentale è l’orizzonte temporale.
Ha senso comprare singole azioni, all’interno di questa filosofia d’investimento, esclusivamente se realmente si ha la profonda convinzione di tenerle per un lungo periodo di tempo, puntare a 10 o 20 anni, ma comunque assolutamente non meno di 5 anni. Comprare singole azioni con l’idea di sfruttare un movimento di prezzo di breve termine (nell’ordine di mesi o un annetto), significa essere così presuntuosi da ritenere di essere più capaci ad analizzare le variazioni dei prezzi della somma di migliaia di analisti che sono pagati per fare solo quello.
Se il “gioco che vuoi giocare” è quello di fare soldi nel breve termine, devi sapere che la concorrenza è talmente grande che è un po’ come partecipare ad una lotteria nella quale si estrae un biglietto solo e vi sono milioni di partecipanti. Se invece hai la possibilità e la pazienza di dare all’azienda il tempo di far crescere il business, sviluppare nuovi prodotti, cercare nuovi clienti, creare nuovi mercati, ecc… allora stai “giocando ad un gioco” completamente diverso, nel quale non solo la concorrenza è quasi insignificante, ma anche le opportunità di rendimento, in rapporto al rischio che si corre, è enormemente più vantaggioso. E’ un po’ la diversità che ci può essere tra piantare dei semi e raccogliere i frutti, rispetto a tentare di speculare sul prezzo del prodotto finito.
Il secondo punto fondamentale è comprare aziende delle quali si conosce il prodotto ed il business, non tanto e non solo attuale, ma ipotizzando quello che l’azienda può diventare in futuro.
Nell’ambito della filosofia d’investimento che ho descritto, non ha molto senso valutare le aziende per quello che sono oggi (ed ancora meno per quello che sono state). Questo è un “mestiere” che fanno un po’ tutti. E non ha molto senso andare a comprare le aziende già molto affermate perché,  in genere salvo rarissime eccezioni come potrebbe essere Tesla, tutte le potenzialità di quelle aziende sono abbastanza riflesse del prezzo.
E’ più interessante, invece, se si vuole puntare ad opportunità d’investimento straordinarie, prendere in considerazione aziende che hanno management, modelli di business e prodotti che il mercato ancora – per le più varie ragioni – non comprende e non sa come valutare.
L’esempio più tipico di aziende di questo tipo è Palantir. Cosa faccia, di preciso, oggi Palantir è già abbastanza difficile da spiegare. La maggioranza degli analisti la considera una sorta di grande società di consulenza con dei software molto complicati che richiedono tanti consulenti per poter essere installati in azienda.
Comprendere che le tecnologie software di cui dispone Palantir hanno il potenziale per diventare una nuova categoria di software che diventerà centrale praticamente per ogni azienda in futuro è fuori dalla portata di quasi tutti gli analisti finanziari. Questo perché richiede una quantità di tempo da dedicare ed una conoscenza del mondo del software che non sarebbe ragionevole pretendere da chi fa un altro mestiere ed ha altre competenze.

Guardare i bilanci o i grafici è certamente utile e necessario, ma viene molto, molto dopo. Prima bisogna studiare bene l’azienda, la sua cultura aziendale, poi i prodotti/servizi e chiedersi quali sono i potenziali sviluppi di quell’azienda e perché la maggioranza del mercato non li sta valutando (se effettivamente non li sta valutando). Per capire se il prezzo riflette questi eventuali sviluppi dell’azienda è necessario avere delle specifiche competenze di analisi di bilancio che sono fuori dalla portata della quasi totalità degli investitori. Per questo è fondamentale studiare (e qui gli autori che ho citato all’inizio sono fondamentali).
Ad esempio, è chiaro che il prezzo di Tesla non riflette ancora l’ipotesi che nell’arco di 3-5 anni possa risolvere il problema della guida autonoma e sfruttare le proprie auto come robo-taxi. Se una persona ritiene che Tesla sia in grado di fare questa cosa, anche ai prezzi attuali ha senso continuare a comprare Tesla. Se uno crede che Tesla sia solo un produttore di auto da confrontarsi con Toyota, Ford, ecc. allora non ha senso comprare Tesla.
Il terzo, fondamentale, criterio per selezionare l’azienda è quello della solidità del bilancio dal punto di vista della liquidità e dei flussi di cassa.
Dal momento che stiamo pensando non all’azienda di oggi, ma a quella che potrebbe diventare, uno dei punti fondamentali è capire se eventuali crisi dei mercati finanziari potrebbero rendere impossibile, in futuro, finanziare il progetto aziendale. E’ indispensabile che l’azienda abbia flussi di cassa e/o liquidità sufficienti per portare avanti gli sviluppi che si prefigge senza dover necessariamente ricorrere ad ulteriori finanziamenti.

Come acquistare
Una volta selezionato un gruppo di aziende nelle quali si desidera diventare proprietari per il lungo termine è fondamentale acquistare le azioni con gradualità.
E’ praticamente impossibile riuscire a seguire nei dettagli un numero maggiore di 10 aziende. Non è saggio puntare tutto su una sola azienda, quindi almeno 4 o 5 aziende da seguire sarebbe opportuno averle. Sicuramente in settori diversi, perché sarebbe assurdo, ad esempio, scommettere su Tesla e contemporaneamente avere una concorrente in portafoglio, significa che non si crede sufficientemente nelle potenzialità di Tesla e tutta la logica di questo impianto verrebbe a crollare.
Ciascuna di queste aziende non dovrebbe avere un peso, rispetto al complesso del portafoglio finanziario, superiore all’1, in casi eccezionali, si potrebbe arrivare al 2 per cento, mai di più.
Questo 1% del portafoglio dovrebbe essere frazionato in un certo numero di tranche. Auspicabilmente una decina, meglio ancora se si può pensare di destinare una parte dei risparmi in formazione. Possono andar bene anche 5 tranche.
Il primo ingresso va fatto quando si è completata la prima fase dell’analisi. Gli altri devono essere destinati alle fasi di forti discese del prezzo – che certamente ci saranno.
Almeno una tranche (in caso di 10 ingressi, anche due) andrebbe sempre destinata alla fase nella quale la discesa del prezzo coincide con una forte discesa del mercato in generale in coincidenza con qualche grave fatto esterno ai mercati finanziari. Anche questa è una eventualità che nel lungo termine quasi certamente accadrà e bisogna essere preparati.
E’ fondamentale avere sempre una cifra, pronta, destinata, ad acquistare specialmente nei momenti di panico dei mercati. Questa cifra non ha semplicemente una funzione di ottimizzazione del prezzo medio di carico, ma svolge un ruolo ancora più importante sul piano psicologico.

L’errore da non fare assolutamente è quello di comprare un’azienda su suggerimento di qualche amico, youtuber, newsletter, ecc. E’ fondamentale che sia tu, in prima persona, a credere nell’azienda. Se ci investi su suggerimento esterno questo non sarà mai veramente possibile.
Il consiglio più importante di tutti, con il quale concludo, è quello di dedicare tanto, ma tanto, tempo a studiare l’azienda, il management, i prodotti e servizi che produce, i clienti che acquisiscono, il grado di soddisfazione dei dipendenti e dei clienti e monitorare l’evoluzione nel tempo di queste cose.

Come ho scritto all’inizio, investire in singole azioni è qualcosa alla portata di pochissimi investitori. E’ necessario dedicare tanto tempo allo studio ed all’informazione. Le soddisfazioni sono prevalentemente di tipo intellettuale. Avendo tanta, tanta pazienza e dedizione, ci si possono togliere anche delle buone soddisfazioni economiche. E’ bene capire però, che se la motivazione principale è il rendimento potenziale è quasi certo che si raccoglieranno solo grandi delusioni. La molla principale deve essere la gratificazione intellettuale, perché solo quella può garantire che si dedichino le ore necessarie a studiare.

Alessandro Pedone, responsabile Aduc Tutela del Risparmio