L’Europa si è posta l’obiettivo ambizioso di diventare entro il 2050 “climaticamente neutra”.
La strategia proposta dalla Commissione mira a creare un’economia con “zero emissioni nette” di gas a effetto serra, nel rispetto degli impegni assunti dall’Europa sul Green Deal, per l’azione sul clima, concordati nel 2015 a Parigi.
Il raggiungimento di questo obiettivo sarà possibile solo se tutte le componenti della società e tutti i settori economici, nessuno escluso, svolgeranno un ruolo attivo per il contenimento delle emissioni. Per queste ragioni, la Commissione europea ha proposto di indirizzare le strategie industriali identificando e investendo su soluzioni tecnologiche realistiche per la produzione energetica, per i vari settori produttivi industriali e per l’agricoltura, ma anche sensibilizzando i cittadini sulle tematiche ambientali e l’esigenza di combattere i cambiamenti climatici, adottando nuovi modelli e stili di vita sia per la mobilità, sia per il nostro vivere quotidiano.
Obiettivo della Commissione è di raggiungere questi obiettivi allineando l’azione in settori chiave come la politica industriale, la finanza e la ricerca, garantendo nel contempo l’equità sociale per una transizione ecologica che non pesi sulle fasce più deboli delle popolazioni dei Paesi sviluppati, o sui Paesi più poveri, che sono quelli maggiormente esposti alle conseguenze sul piano economico delle strategie politiche poste in essere per il raggiungimento degli obiettivi.
La sostenibilità è la condizione di uno sviluppo che sia in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente, senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri, ma, perché ciò sia attuabile, è necessario che oggi le transizioni, necessarie a evitare una implosione del sistema pianeta, siano accettate dai cittadini.
Se gli effetti negativi di breve periodo sono insostenibili per gli ultimi e i penultimi, nonostante gli indubbi benefici futuri della neutralità climatica, si rischia una opposizione sociale al cambiamento. Ed è ciò che non ci si può permettere, perché la transizione ecologica non è più una opzione, ma l’unica opzione possibile.
Ma partiamo dall’inizio.
La Commissione europea, dopo aver esaminato tutti i settori chiave della produzione di energia, vari settori industriali e produttivi, agricoli e della mobilità, ha presentato nel novembre 2018 il Green Deal europeo, che rappresenta la visione della Commissione per il raggiungimento della neutralità climatica nell’Unione europea entro il 2050.
La visione della Commissione copre quasi tutte le politiche dell’Unione ed è in linea con l’accordo di Parigi.
L’obiettivo è, appunto, quello di contenere l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2°C, e proseguire gli sforzi per mantenerlo assolutamente entro 1,5°C di aumento.
Il 4 marzo 2020 la Commissione ha proposto la prima legge europea sul clima per il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, in forza della quale tutti i Paesi membri sono tenuti a porre in essere strategie nazionali di lungo termine, per il raggiungimento degli obiettivi di riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra, necessarie per rispettare i propri impegni ai sensi dell’accordo di Parigi e degli obiettivi dell’UE.
La Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia del Parlamento Europeo il 9 febbraio u.s., con 49 voti favorevoli, 18 contrari e 6 astensioni, ha approvato il documento della Commissione UE in materia di “Prestazioni energetiche degli edifici” (EPBD).
Atteso che gli edifici sono responsabili del 36% delle emissioni di gas serra, la direttiva europea sulle prestazioni energetiche degli stessi fissa i seguenti obiettivi prioritari:
– a partire dal 2028, tutti gli edifici di nuova costruzione devono essere realizzati con criteri costruttivi in grado di garantire “emissioni zero”;
– dovranno essere realizzate misure attive per combattere il cambiamento climatico e ridurre il costo delle bollette energetiche;
– dovranno essere implementate misure di sostegno per le famiglie più vulnerabili.
La bozza di questa Direttiva sarà sottoposta alla votazione del Parlamento europeo a Strasburgo, durante la sessione plenaria del 13-16 marzo e diventerà la posizione negoziale del Parlamento Europeo, con il Consiglio dell’Unione europea, per concordare la forma finale del disegno della Direttiva da adottare in Europa.
Queste le scadenze previste per il raggiungimento degli obiettivi sulle prestazioni energetiche degli edifici:
2026 – i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà di autorità pubbliche dovranno essere dotati di tecnologie solari entro il 2028, ove tecnicamente idoneo ed economicamente fattibile;
2028 – tutti gli edifici di nuova costruzione devono garantire “emissioni zero”;
2030 – le emissioni di gas a effetto serra (GHG) e il consumo di energia nel settore edilizio devono essere ridotte in modo significativo;
2032 – gli edifici residenziali in fase di ristrutturazione, ove tecnicamente idoneo ed economicamente fattibile, dovranno conformarsi alla Direttiva della Commissione in materia di adozione di pannelli solari;
2035 – divieto di utilizzazione di impianti di riscaldamento a combustibili fossili per tutti i nuovi edifici e gli edifici sottoposti a ristrutturazioni importanti;
2050 – rendere il settore edilizio nell’Unione europea “climaticamente neutro”.
La direttiva mira inoltre ad aumentare il tasso di ristrutturazioni degli edifici “inefficienti” dal punto di vista energetico, puntando anche a una maggiore informazione e conoscenza da parte dei cittadini sulle prestazioni energetiche delle abitazioni.
Gli Stati membri dovranno porre in essere tutte le misure necessarie per raggiungere questi obiettivi, nei piani nazionali di ristrutturazione.
Per tenere conto dei diversi stock edilizi dei Paesi dell’Unione, la lettera G per le prestazioni energetiche, dovrebbe corrispondere al 15% degli edifici con le peggiori prestazioni nello stock delle abitazioni di ogni nazione.
I monumenti dovrebbero essere esclusi dalle nuove regole, mentre i vari Paesi saranno liberi di escludere anche quegli edifici protetti per il loro particolare valore architettonico o storico, gli edifici tecnici, l’uso temporaneo di edifici o chiese e luoghi di culto.
Gli Stati membri possono anche esentare gli alloggi pubblici sociali, laddove i lavori di ristrutturazione porterebbero ad aumenti degli affitti, che non possono essere compensati risparmiando sulle bollette energetiche.
La bozza della Direttiva europea proposta dalla Commissione europea, se fosse adottata dal Parlamento europeo tra qualche settimana, e quindi approvata dal Consiglio dell’Unione europea, avrebbe un impatto enorme sull’Italia.
Se i monumenti, le chiese, e gli edifici protetti per il loro particolare valore architettonico o storico possono essere esclusi dalle nuove regole, con decisione autonoma dei singoli Paesi membri, il vero problema restano le abitazioni rurali, i borghi dell’Italia centrale e meridionale, e i condomini residenziali edificati dal dopoguerra fino agli anni ‘90 del secolo scorso, che rappresentano uno stock immenso del nostro patrimonio immobiliare.
Nelle grandi città italiane i condomini rappresentano la quota più importante dell’edilizia abitativa. Molti sono abitati da decine di famiglie. I tetti di questi edifici, ad esempio, non sono sufficienti in termini di metri quadri utilizzabili, per raggiungere l’indipendenza energetica mediante l’installazione di pannelli solari, come suggerito dalla bozza della Direttiva della Commissione.
Certamente, ove possibile, sarà assolutamente utile ed auspicabile procedere con l’installazione di pannelli solari per produrre acqua calda per usi sanitari e per contribuire al riscaldamento delle abitazioni, ma questi dovranno comunque essere affiancati da sistemi aggiuntivi di produzione di calore.
Le tecnologie esistenti possono contribuire, intanto, a ridurre la dispersione termica (ad esempio sostituendo gli infissi esistenti con nuovi infissi che garantiscono un maggiore isolamento termico), così come consentono l’adozione di sistemi di riscaldamento più efficienti, quali ad esempio i sistemi geotermici con pompa di calore.
Le tecnologie esistono, tuttavia bisogna tener presente che il loro costo non è trascurabile. Si tratta di investimenti importanti da sostenere per chi abita questo tipo di alloggi, e che verrebbero recuperati solo nel lungo periodo.
In conclusione, la proposta di direttiva europea è senza dubbio da accogliere con favore per quel che concerne tutte le abitazioni che saranno costruite in futuro, anche perché le tecniche di isolamento termico, ancorché costose, possono essere previste ed assorbite in fase di realizzazione delle nuove costruzioni.
Per quanto riguarda invece le costruzioni esistenti sopra menzionate, il discorso è totalmente diverso e imporrebbe una, non facile ma indispensabile valutazione caso per caso. Perché è vero che occorre (senza se e senza ma) puntare all’ambizioso obiettivo di ridurre consumi energetici ed emissioni, ma questo obiettivo non è raggiungibile in uguale modo per tutti gli edifici e non è sempre possibile ovunque.
Ogni edificio andrebbe esaminato specificamente e per ogni situazione si dovrebbero poter concordare gli interventi da effettuare, sia da un punto di vista tecnico, sia dal punto di vista economico.
Proprio per rendere reale questa iniziativa sull’efficientamento energetico, sarebbe opportuno liberare da retaggi ideologici questa iniziativa e consultare specialisti e tecnici del settore per decidere, caso per caso, quali soluzioni adottare.
È all’uopo necessario:
– garantire sgravi fiscali per tutti gli investimenti che i cittadini potranno e dovranno sostenere per il raggiungimento, anche parziale, degli obiettivi della Direttiva europea;
– provvedere a razionalizzare le norme e ‘disboscare’ gli adempimenti che soffocano il settore delle ristrutturazioni edilizie, per facilitare la realizzazione di questi interventi, che troppo spesso richiedono tempi biblici e costi importanti, per il solo espletamento delle pratiche burocratiche necessarie per poter avviare i lavori;
– prevedere un sostegno per quelle famiglie che non sono in grado di provvedere alla realizzazione dei lavori necessari a migliorare l’efficienza energetica della propria abitazione, come per altro indicato nella Direttiva europea.
Scrivere una direttiva può rivelarsi semplice quando gli obiettivi sono chiari. Attuarla è tutt’altra cosa.
Da ultimo va fatta una ulteriore considerazione.
L’obiettivo che si pone la Commissione europea è quello di creare un’economia che abbia “zero emissioni nette” di gas a effetto serra. Questo vuol dire che un Paese che riesce a dimostrare di saper ‘sequestrare e immagazzinare’ i gas a effetto serra presenti in atmosfera, può ottenere dei crediti per conseguire il risultato auspicato dalla Commissione di “zero emissioni nette”, compensando in questo modo le emissioni dei vari settori produttivi industriali, agricoli, della mobilità e degli edifici.
Poiché è dimostrato che gli alberi, ma anche i mitili, le vongole e le ostriche sono “amiche dell’ambiente” (in quanto sono in grado di immagazzinare gas a effetto serra come l’anidride carbonica), l’Italia, che dispone di vastissime aree collinari e di 8.300 chilometri di coste, dovrebbe seriamente considerare la possibilità di aumentare la coltivazione di “arboricoltura da legna” e gli “allevamenti di mitili e ostriche” che, oltre a sequestrare e immagazzinare CO2 dall’atmosfera, costituiscono un’interessante opportunità economica per lo sviluppo dei territori collinari marginali, per la valorizzazione delle coste italiane, per creare posti di lavoro sostenibili e per produrre beni che non sono eccedentari sui mercati, come il legno e i frutti di mare, e che sono richiesti sia a livello nazionale, sia a livello europeo.
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Fonte: Azzeramento delle emissioni degli edifici in Europa