Baby gang, dal Cnddu alcune indicazioni per arginare il dilagante fenomeno

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Baby gang
Baby gang

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani, in merito al dilagante fenomeno delle baby gang, che in questi giorni stanno occupando lo spazio mediatico, ritiene fondamentale ed urgente attivare nelle scuole un progetto di inclusione e recupero finalizzato al contenimento dell’abbandono scolastico e alla divulgazione di buone pratiche di cittadinanza attiva.

Napoli, la sparatoria tra baby gang e polizia, dopo una tentata rapina in un supermercato; la maxirissa sul Garda; Pordenone, l’accoltellamento di un 19enne da parte di alcuni ragazzini; Bologna, l’aggressione e il furto perpetrato da dodicenni e tredicenni ai danni di loro coetanei, ‘colpevoli’ di avere dato vita a una chat antibullismo; Torino, le catenate da parte di una baby gang contro alcuni ragazzini che volevano recuperare la cassa stereo rubata alla festa della Tommaseo; Arezzo, gang di minorenni denominata “Montana boy”, nota per la violenza; i casi citati sono piuttosto recenti e denotano quanto il fenomeno sia fortemente pervasivo e si stia radicando tanto nelle metropoli quanto in province di minore dimensione urbana.

“Tale realtà – scrive Romano Pesavento, presidente del Cnddu – dimostra che è necessario riformulare non solo i programmi, ma anche gli spazi, i tempi e le risorse destinate all’insegnamento; il tempo pieno soprattutto per la fascia dell’obbligo scolastico dovrebbe essere garantito a tutti gli studenti; con il conseguenziale corredo di infrastrutture atte a costruire un’oasi di cittadinanza all’interno delle aree cittadine. Se i giovanissimi, soprattutto in contesti degradati, trascorressero un maggior numero di ore in un ambiente protetto e strutturato per la formazione civica, dotato di confort minimi come una mensa, verrebbero sottratti ad una serie di influenze negati determinate spesso dal proprio background di riferimento.

Il CNDDU auspica un’attenta valutazione dei segnali preoccupanti e registrati ovunque lungo la nostra penisola; soprattutto in considerazione del fatto che l’adolescente di oggi spesso non è in grado di socializzare correttamente, sospeso tra l’isolamento di derivazione pandemica e l’avanzamento del degrado sociale. La scuola potrebbe indirizzare, guidare, riconoscere energie e stati d’animo non sempre positivi per contribuire al riequilibrio di comportamenti borderline. Indubbiamente operare un simile cambiamento comporterebbe un incremento delle risorse destinate all’istruzione e un ripensamento del sistema educativo. Occorre coraggio e lungimiranza; ignorare una simile situazione potrebbe comportare un autentico fallimento del processo formativo”.