Baldin (M5S): “Politiche Regione Veneto contro caporalato inadeguate e arretrate per prevenirlo. La prevenzione è un nodo cruciale”

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Caporalato e precariato
Caporalato e precariato

“Le politiche della Regione Veneto per contrastare il caporalato sono del tutto inadeguate e ancorate al passato, non riuscendo a impedire il ripetersi del fenomeno, anche in epoca recente”. Così (fonte Consiglio regionale del Veneto, ndr) si esprime Erika Baldin, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Consiglio regionale, a seguito della risposta della Giunta veneta a una sua interrogazione dell’8 luglio scorso, riguardante gravi casi di sfruttamento dei lavoratori agricoli anche nel Trevigiano.

Erika Baldin Spisal
Erika Baldin

In quell’occasione, circa cinquanta braccianti di origine indiana erano stati ridotti in condizioni di schiavitù da un loro connazionale, che li aveva ingannati per portarli in Italia, sequestrando i loro documenti e costringendoli a lavorare in condizioni drammatiche nei campi e nei vigneti, sottopagati e privati dei più elementari diritti.

“Lunedì è giunta la replica scritta dell’esecutivo guidato da Luca Zaia: un semplice elenco di iniziative intraprese nel passato”, osserva Baldin, “come l’istituzione di un tavolo tematico nel 2018, un comitato tecnico nel 2019, la partecipazione alla filiera di agricoltura responsabile nel 2021 per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro legale, e la creazione di una guida informativa nelle lingue parlate dai migranti, fino al proposito di reinserimento lavorativo delle vittime di sfruttamento. Sebbene queste siano iniziative lodevoli, nella pratica si sono dimostrate inefficaci sul fronte della prevenzione del caporalato, poiché chi intende frodare le leggi trova sempre un modo per farlo, rimanendo impunito fino a quando la propria attività criminosa non viene scoperta per caso. Un punto che spicca in particolare è la valorizzazione delle imprese virtuose nella Rete per il lavoro agricolo di qualità, che la Regione sottolinea. Tuttavia, si dimentica di dire che in Veneto solo 300 aziende hanno aderito, su oltre 50.000 attive, e non sono state create le sezioni territoriali previste dalle norme. Il fatto che l’adesione sia volontaria e non obbligatoria compromette l’efficacia dell’iniziativa. Inoltre, anche quanto affermato riguardo al percorso di formazione per le vittime, con alfabetizzazione digitale, nozioni contrattuali e bilancio delle competenze, risulta troppo generico e poco dettagliato, poiché si rivolge a chi è già uscito dal caporalato, spesso dopo aver denunciato. Non a chi ancora lo subisce”.

Secondo Baldin, “È necessario cambiare il paradigma attuale: bisogna agire sul processo decisionale che porta ad accettare condizioni di lavoro inique e vessatorie, insegnando a dire di no e a denunciare, come hanno fatto i coraggiosi lavoratori impiegati attorno a Ponte di Piave, che si sono rivolti al sindacato e hanno ottenuto la sospensione dell’attività dell’azienda, con sanzioni amministrative per il titolare. Anche se il clamore suscitato dalla tragica morte del bracciante indiano Satnam Singh, avvenuta a Cisterna di Latina il 19 giugno, si è affievolito, l’odissea di migliaia di persone che giungono da lontani continenti per lavorare onestamente non è affatto conclusa”.

“È ora che anche in questa Regione, dove le risorse e il personale degli SPISAL per i controlli sono insufficienti, ci si renda conto della gravità del fenomeno e della necessità di fermarlo”, conclude Baldin.