Nel corso del procedimento penale pendente a Vicenza nei confronti dei vertici dell’ex BPVi è spuntato un importante documento classificato come Riservatissimo (ViPiù lo rende disponibile come contenuto Premium su BankiLeaks.com, ndr) titolato Appunti per il Capo dipartimento (della Vigilanza di Banca d’Italia, Carmelo Barbagallo, ndr) avente per oggetto “Banca Popolare di Vicenza – resoconto incontro con il DG dott. Sorato del 29 gennaio 2014“, protocollato al n. 0142050/14 del 7 febbraio 2014.
Questo avveniva giusto pochi giorni prima dell’incontro del 19 febbraio 2014 tra Barbagallo, Zonin e Trinca in Bankitalia il cui audio, rivelato in esclusiva sempre da ViPiù il 18 dicembre 2019, ma ripreso da pochissimi media tra cui il 19 dicembre Il Fatto Quotidiano, conferma l’input del sistema verso la fusione tra le due venete, sempre negato, anche alla Commissione d’inchiesta sulle Banche presieduta da Casini, da Banca d’Italia con l’ancora ora governatore Ignazio Visco e con l’allora capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo che hanno sempre sostenuto che l’indicazione a Veneto Banca di “confluire” in BPVi non andasse al di là della necessità di aggregarsi a un generico “Istituto di adeguato standing”.
Il documento Riservatissimo sull’incontro del 29 gennaio 2014 tra il dott. Sorato, DG della Banca Popolare di Vicenza, e, per la Vigilanza, il dott. De Polis, il dott. Serata, il dott. Parascandolo e la dott.ssa Bellacci, ancora una volta evidenzia, in tutta la sua preoccupante estensione, la modesta capacità dei vertici di Banca d’Italia di essere leali verso i risparmiatori (traditi) e di meritarsi la fiducia dello Stato nello svolgimento delle funzioni di preposti all’Authority finanziaria del Paese. È una vicenda grave che dà la misura del grado di affidabilità di quell’Authority.
Una delle principali critiche rivolte al Governatore ed al Capo della Vigilanza di Bankitalia era quello di avere (ingiustamente) considerato BPVi come banca aggregante, perseguendo, poi, pervicacemente, la frettolosa strada della fusione di Veneto Banca in BPVi per ridurre il numero degli istituti operativi, risanando così anche la prima.
Era stata, perciò, escogitata l’idea che l’Istituto di Montebelluna, ritenuto il più debole, fosse inglobato in BPVi e, in questa prospettiva, era anche iniziata, nel 2013, una specifica attività ispettiva mirata a collocare (pur subito dopo una prima ispezione positiva e pressoché coeva, eseguita dal medesimo team) Veneto Banca nell’occhio del ciclone.
In questa seconda occasione si era particolarmente tentato di attaccarne la governance, di cui si era preteso il totale cambiamento. I risultati AQR dell’ottobre 2014 avrebbero, poi, fatto giustizia della superficiale valutazione, posta da Bankitalia alla base della programmata operazione, evidenziando che, invece, la banca più fragile era proprio quella di Vicenza!
Ma la conseguente devastazione dell’immagine della Banca è facilmente comprensibile e il danno reputazionale da essa subito ha concorso a metterla in grave difficoltà. Ciononostante, pur essendo evidente la gravità dell’errore di valutazione di Bankitalia (e di BCE), nessuno ha pagato (a parte, ovviamente gli azionisti).
Anzi, il comportamento opaco dei vertici dell’Authority, che hanno sempre negato l’esistenza del progetto di fusione, non ha mancato di disorientare anche la Commissione Parlamentare di Inchiesta sui default bancari e l’opinione pubblica: sia il Governatore Visco, sia il dott. Barbagallo, capo della Vigilanza, nelle audizioni del 9 novembre, del 12 e 19 dicembre 2017, hanno expressis verbis escluso di aver voluto favorire la Banca Popolare di Vicenza e, tantomeno, di averla considerata una banca aggregante.
In particolare, hanno escluso di aver dato indicazioni al presidente della BPVi per attuare la sperata fusione ed hanno riferito di avere incontrato Zonin in poche, sporadiche, occasioni e per un tempo assai limitato: praticamente, solo incontri di pura cortesia, per un semplice saluto.
Tutto questo è stato, anzitutto, smentito dallo stesso Zonin, il quale ha precisato: “a fine dicembre del 2013, su indicazione della Banca d’Italia, erano state avviate trattative per l’incorporazione di Veneto Banca nella Popolare di Vicenza. Ricordo l’incontro a Roma, proprio alla fine di dicembre, con il Governatore Visco e il Capo della Vigilanza Barbagallo, che durò circa due ore e mezza, in cui mi fu dato esplicitamente l’imput di incontrarmi con Veneto Banca per procedere alla fusione dei due Istituti”. La versione fornita da Zonin coincide perfettamente con quanto scritto, in tempi non sospetti, in un verbale del consiglio di amministrazione di Veneto Banca del gennaio 2014.
E’ in questo contesto che va ora verificata l’importanza del documento in premessa di cui, di recente, si è avuta notizia: si tratta di un documento interno di Banca d’Italia del 7 febbraio 2014, classificato come riservatissimo (prot. N. 0142050) e definito: “Appunto per il capo del dipartimento”. Con esso il capo del servizio (dott. Enzo Serata) ha informato il dr. Barbagallo circa il contenuto delle tematiche affrontate in un incontro, avvenuto il 29 gennaio precedente, fra il dott. Sorato (direttore generale dell BPVi) e quattro dirigenti del dipartimento della Vigilanza: dott.ri De Polis, Serata, Parascandolo e Bellacci). Il punto principale di tale informativa riguarda proprio il tema dell’aggregazione di BPVi con VB, al cui proposito è riportata una precisa richiesta espressa dai vertici della banca montebellunese: quella di mantenere una governance paritaria post aggregazione.
Orbene, a fronte di un documento che, ancora una volta, attesta che il progetto della fusione tra le due banche (con quella vicentina in posizione aggregante) era stato, da tempo, avviato e che Banca d’Italia, non solo ne era perfettamente a conoscenza, ma aveva anche scelto il soggetto destinatario della funzione aggregante, si pone, ancora una volta, il problema dell’affidabilità di questa Authority alla quale è attribuita la funzione della tutela del risparmio dei cittadini.
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