L’obiettivo di vendita: “Incremento produttività fondi/Sicav e bancassicurazione, al fine di conseguire un ritorno commissionale in linea con il budget. Diventa fondamentale intervenire immediatamente sullo stock in essere di Fondo Arca Cash Plus e di Fondo Arca MM, con arbitraggio su Arca Risparmio e Consolida, la cui commissione di sottoscrizione è pari al 3%“. È la mail mandata da un “capo area” di una banca popolare (Arca è la società di gestione di fondi d’investimento che fa capo alle popolari) per esortare i suoi a trasferire i soldi dei clienti in fondi più remunerativi per la banca, e più rischiosi per i clienti. E non è di quelle particolarmente aggressive.
undefined
Altre hanno questo tono: “Produzione commerciale inguardabile oggi: ben 13 filiali su 25 a zero. Non ho parole, ma cosa pensate di fare? Chi non ha voglia di scendere in campo lo dica subito”.
Traduzione: la maggior parte dei fondi comuni rende meno del mercato in cui investe, vuol dire che il risparmiatore guadagnerebbe di più (o perderebbe meno) facendo da sé. Ma il risparmio gestito consente alle banche lauti ricavi da commissioni, con cui rimediare al calo di quelli sui prestiti, falcidiati dai tassi ufficiali attorno allo zero. Secondo uno studio della Fabi (Federazione autonoma bancari italiani) appena pubblicato “le banche si stanno trasformando in supermarket finanziari. I dati dei cinque principali gruppi rivelano che i ricavi legati ai prestiti, che nel 2013 rappresentavano oltre la metà del totale (56,2%) sono calati al 48,8%, mentre sono saliti quelli derivanti da commissioni nette e da altre operazioni finanziarie”. Nel dettaglio, le entrate da margine di interesse (prestiti) sono scese di 110 milioni, mentre i ricavi da commissioni sono aumentati di 1,2 miliardi e quelli da altre operazioni finanziarie di 2,4 miliardi. I patrimoni gestiti sono passati da 413 miliardi a 473 miliardi, 60 miliardi in più. Allo sportello c’è inoltre il boom di vendita delle polizze vita. Sui circa 4 mila miliardi di ricchezza finanziaria delle famiglie, segnala ancora la Fabi, oggi mille miliardi sono impiegati in prodotti assicurativi finanziari, sui quali i margini di guadagno bancari sono ancora maggiori.
Le pressioni sembra abbiano raggiunto livelli tali da esasperare i dipendenti, tanto più nel contesto di riduzioni generalizzate del personale. Spiega un bancario: “Arrivano mail o messaggi vocali Whatsapp anche alle sette di mattina. Per chi raggiunge gli obiettivi di vendita ci sono i premi di produzione, in caso contrario, la minaccia più comune è quella del trasferimento ad altra sede”.
Oltre ai clienti, a rimetterci, in termini di stress, sono i bancari. Un’indagine su 458 impiegati fatta dalla Fabi dell’Umbria in collaborazione con Asl e Inail, ha rivelato che il 46% prova disagio per pressioni commerciali; il 21% degli intervistati dichiara malesseri psicologici, depressione, ansia e nervosismo, per cui ricorre a farmaci.
Due anni fa i sindacati bancari avevano raggiunto con l’Associazione bancaria italiana (Abi) un accordo per slegare gli incentivi ai dipendenti dalla vendita dei prodotti. Iniziativa forse non risolutiva, ma un primo passo: è rimasta lettera morta. “L’accordo – ha detto il segretario Fabi, Lando Maria Sileoni, durante una nuova riunione all’Abi di mercoledì scorso – è rimasto sostanzialmente inapplicato e ignorato, con due marginali eccezioni, dagli stessi gruppi bancari che nel frattempo hanno approvato gli accordi aziendali”.
di