In Italia mettere per iscritto i costi dei prodotti finanziari è come parlare di corda in casa dell’impiccato visto che l’industria del risparmio gestito vanta il primato poco invidiabile di far pagare ai propri sottoscrittori fra i costi più elevati di tutta Europa, come ha indicato recentemente uno studio proprio dell’Esma. Proprio l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati a cui la triplice alleanza banche-reti-società di gestione chiede, tramite la Consob, di sospendere la partita dopo che l’arbitro ha già comunicato da anni le regole che gli intermediari dovrebbero rispettare.
Nel decennio 2008-2017, secondo i calcoli dell’Esma, i costi degli strumenti azionari venduti alla clientela retail in Italia hanno impattato per il 37% sulle performance lorde quando la media europea si è fermata ad appena il 24%. E la scorsa settimana ha fatto scalpore un report di Mediobanca securities che picchia duro contro molte società del risparmio gestito, tirando fuori i dati di un precedente studio. Nel 2016 le società quotate a Piazza Affari si sono portate a casa mediamente un 3% di ricavi commissionali dai fondi consigliati alla clientela. Con alcune società di gestione (Azimut, Banca Generali e Banca Mediolanum) che sono riuscite a incamerare un ulteriore 0,84% alla voce commissioni di performance anche per fondi che avevano registrato nella realtà rendimenti negativi.
Non sfuggirà che la richiesta di rinvio dei rendiconti Mifid2 avviene dopo il 2018, un annus horribilis, con gli intermediari che dovranno mettere per iscritto che magari il -10% di rendimento ottenuto dal risparmiatore su 100.000 euro di capitale deriva sì dall’andamento dei mercati, ma soprattutto dall’aver consigliato strumenti che si sono mangiati il 5% del rendimento.
Per effetto della normativa europea Mifid2 tutte le imprese d’investimento devono illustrare ai propri clienti i costi dei prodotti e strumenti finanziari consigliati nell’anno precedente. Cosa significa? Se, per esempio, avete investito 100.000 euro dovreste riceverete un rendiconto che vi spiega in valore assoluto e in valore percentuale quanto vi sono costati i prodotti e gli strumenti finanziari che il consulente vi ha consigliato e, inoltre, quanti di questi soldi che avete pagato sono ritornati alla banca o alla rete per cui lavora sotto forma di commissioni. È un po’ come se acquistate un viaggio organizzato e il venditore è costretto a specificare quanto è costato il volo, l’albergo, le escursioni e quanto ha ricevuto di commissioni dalla compagnia aerea e dall’albergo che vi ha consigliato. Così potete capire quanto ha guadagnato e giudicare se il servizio prestato è stato all’altezza.
Le quattro associazioni del risparmio gestito sostengono, nel documento inviato alla Consob, che c’è poca chiarezza su come rendicontare i diversi costi alla clientela e chiedono di poter inviare i rendiconti nel corso del 2019, riferiti al 2018, solo dopo aver ricevuto tutte le informazioni e aver effettuato le elaborazioni dei dati, cosa che appare a molti legali e addetti ai lavori fuori tempo massimo.
L’applicazione della normativa Mifid2 era stata già rinviata di un anno e fatta slittare a gennaio 2018, mentre il regolamento della Commissione europea è stato pubblicato nell’aprile 2017. L’Esma aveva già comunicato che la rendicontazione ex post deve essere fornita a partire dal gennaio 2019 as soon as possible ma banche e reti italiane provano evidentemente a buttare tutto in caciara.
Intanto l’associazione delle società di consulenza finanziaria indipendenti (Ascofind) consiglia ai propri associati di adempiere alla normativa senza indugio e anche Nafop, l’associazione dei consulenti finanziari autonomi (persone fisiche) è contro il rinvio all’italiana. “La nostra associazione – spiega Massimo Scolari, presidente di Ascofind – sostiene l’importanza della trasparenza dei costi applicati alla clientela. Abbiamo dato indicazione alle società associate di fornire le informazioni sui costi, senza alcuna dilazione, nei tempi e secondo le modalità previste dalle norme in vigore. Tutto questo seppure in un quadro in cui le società di consulenza indipendenti, adempiendo agli obblighi di trasparenza sulle commissioni applicate, potrebbero subire paradossalmente effetti negativi nel confronto dei servizi offerti dagli altri intermediari che hanno posticipato il rilascio delle informazioni ai clienti”. Sulla trasparenza dei costi non ammette ritardi nemmeno Adiconsum che ha scritto una lettera alla Consob e al ministero dell’Economia. “La nostra associazione consumatori – dichiara Danilo Galvagni , vice presidente di Adiconsum – sostiene l’importanza della trasparenza dei costi applicati alla clientela come strumento di tutela irrinunciabile e non dilazionabile. Visti gli innumerevoli scandali legati alla scarsa trasparenza del settore, siamo convinti che i provvedimenti debbano entrare in vigore immediatamente e senza ulteriore dilazione, nei tempi e secondo le modalità previste dalle norme in vigore”.
Richiedere adesso di aprire un tavolo europeo di consultazione su come rendicontare i costi sospendendo l’invio dei rendiconti ai risparmiatori appare quindi bizzarro e sarà interessante vedere la risposta della nuova Consob del professore Paolo Savona.