Banche, Repubblica: Mattarella frena su nuova inchiesta Camere, sullo sfondo decreto indennizzi

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Protesta a Roma dei truffati dalle banche
Protesta a Roma dei truffati dalle banche

Il Presidente Mattarella non ha ancora deciso se firmare la legge che istituisce la commissione d’inchiesta sulle banche, voluta dal governo gialloverde. Il Quirinale è perplesso. Da più di un mese, infatti, il testo è fermo sulla sua scrivania. Il dossier banche è la nuova spina nel fianco dell’esecutivo populista.

Anche il decreto che dovrebbe rimborsare i risparmiatori truffati è ancora congelato, oggetto di un braccio di ferro violentissimo fra i due vicepremier e Giovanni Tria, che si rifiuta, da settimane, di firmarlo per non esporre il Paese al rischio di una procedura d’infrazione europea.

In questo contesto il Capo dello Stato sceglie di convocare al Colle i presidenti delle Camere. Ufficialmente, per ragionare di autonomie regionali, ma l’attenzione si concentra sulle banche. Mattarella vuole fugare i dubbi. Che sono tali, per cui anche l’eventuale firma della legge istitutiva sarà accompagnata da una lettera ai presidenti delle Camere, per delimitare confini e finalità di un’operazione che rischia altrimenti di screditare Bankitalia e l’intero sistema creditizio italiano.

Il Quirinale vuole che la Banca d’Italia sia messa a riparo da ogni governo, e che la sua indipendenza venga tutelata. La commissione, presentata da grillini e leghisti come la rivincita del popolo contro “l’establishment” e la Banca d’Italia, per di più guidata dall’ex conduttore della ” Gabbia”, il 5S Gianluigi Paragone, impone un supplemento di riflessione. E non è forse una coincidenza allora, che subito dopo l’incontro con Casellati e Fico, si presenti al cospetto del presidente della Repubblica anche il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco.

Tutto questo mentre il governo litiga anche sul decreto attuativo che deve rimborsare con 1,5 miliardi in tre anni i risparmiatori truffati dalle banche fallite. Tria nega la firma. Lo scontro finale va in scena tre giorni fa, durante un summit tesissimo tra il titolare del Tesoro e i due vicepremier. Salvini e Di Maio intimano al ministro di sbloccare il decreto.

«Ci abbiamo messo la faccia, basta perdere tempo » , scandiscono, arrivando a minacciarlo di licenziamento. Il professore però resiste. Ricorda che soltanto venerdì scorso l’Italia ha risposto a una nuova lettera di chiarimenti pervenuta dalla Commissione Ue sulla vicenda. Considera quindi più prudente attendere «l’ultimo via libera di Bruxelles».

«Non serve» , tagliano corto Salvini e Di Maio. I due sanno che la Ue non avallerà l’operazione, ma sono pronti a bypassare il ministro e cavalcare un’eventuale bocciatura addossando alle istituzioni comunitarie la colpa dei mancati risarcimenti. C’è del resto un precedente: già in occasione della legge di stabilità i due avevano ignorato l’allarme del direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera su un’eventuale procedura d’infrazione, e quello dell’ex senatore Andrea Augello sul rischio di un intervento della Corte dei Conti.

Tria prende tempo. Promette ai due vicepremier di valutare il da farsi al rientro dalla Cina, mentre il pressing politico diventa pubblico. «Il decreto sta arrivando» , giura il sottosegretario (vice ministro, ndr) leghista all’Economia Massimo Garavaglia. «I risparmiatori non perderanno neanche un giorno per avere il loro ristoro », è certo l’altro sottosegretario, il 5S Alessio Villarosa. Anche in questo caso la preoccupazione del presidente Mattarella è quella di seguire l’iter corretto, che evita strappi istituzionali e inutili tensioni con l’Europa. Rispondendo cioè alle esigenze sacrosante dei truffati, senza tuttavia mettere a repentaglio le autorità di garanzia.

di Tommaso Ciriaco e Concetto Vecchio, da la Repubblica