Gentile Direttore, anche se non sono un cittadino veneto leggo sempre con estremo interesse il Suo giornale soprattutto per quanto concerne la vicenda della Fondo indennizzo risparmiatori (FIR) delle banche venete e non solo.
Permetta però che per prima cosa mi presenti. Sono un modesto risparmiatore che ha comprato in borsa delle obbligazioni subordinate della Banca Popolare di Vicenza. In una quantità neanche eccessiva (poche decine di migliaia di euro di nominali) e quindi fortunato in confronto ad altri risparmiatori, che per una serie di motivi (che sono stati ben descritti sul Suo giornale) hanno posizioni molto più significative.
Lo scorso mese mi è arrivata la comunicazione dal Fondo indennizzo risparmiatori (FIR) del seguente tenore: “Gentile utente, in nome e per conto della Commissione tecnica di cui all’art. 1, co. 501, L. 30.12.2018, n. 145 siamo, con la presente, a informarLa che, all’esito dell’istruttoria espletata, la predetta Commissione ha accertato quanto segue: In relazione alla domanda xxxxxx, la documentazione allegata dall'istante, anche a seguito di integrazione, non è risultata idonea/sufficiente per il riconoscimento dell'indennizzo del FIR. In ragione di ciò, la Commissione tecnica, ha deliberato che, nel caso di specie, non sussistono i requisiti per il riconoscimento dell’indennizzo previsto dalla richiamata normativa”.
Da questa vicenda ho tratto il convincimento di essere spettatore pagante di un film drammatico.
A cominciare dal ruolo della pubblica amministrazione. È saltato fuori infatti che pare essa non abbia fatto appieno il suo dovere.
La Banca di Italia, a quanto sembra (almeno così sta venendo fuori dai processi penali (in cui non è imputata ma dove spesso è chiamata in causa da testimoni e legali sia delle difese che delle parti civili, ndr), era a perfetta conoscenza della reale e non certo florida situazione della BPVI.
Bankitalia ha dispensato “consigli” al limite dell’azzardo, sempre con l’idea peregrina che unendo più debolezze si potesse creare una forza (in architettura funziona, negli affari non proprio soprattutto con le fusioni bancarie) e che così si potessero risolvere tutti i problemi. Lo stesso la spensierata e gerontocratica Consob, sempre pronta a svolgere compiti non suoi per finalità a dir poco bizzarre (ma una authority che ha avuto come presidente un andreottiano gestore di sale cinematografiche è nata sotto una cattiva stella).
Sulla magistratura ordinaria (che non è parte della P.A.) ci sono sospetti (che forse non è il caso di approfondire). Tutti nel più assoluto isolamento: uno non parlava all’altro: "non vedo, non sento, non parlo".
Poi sono arrivati gli atlantici (Fondo Atlante, partecipato da Intesa Sanpaolo, Unicredit, soprattutto, e poi da altri Istituti, ndr) che hanno magari messo tanti soldi dentro le venete, ma che non sono bastati in quanto grazie alle nostre ottime abilità diplomatiche (qualcuno deve essere andato a Francoforte a parlare con quelli della Bce...) siamo stati costretti a mettere in risoluzione le due banche venete (uno dei pochi casi in Europa).
Ma per fortuna abbiamo fatto bene i compiti a casa e siamo poi riusciti a salvare MPS (che con Alitalia è la dimostrazione scientifica che i buchi neri esistono e sono nel nostro Paese).
Dopo il disastro (e le macerie) non potevano che arrivare i benefattori, quelli del “tranquilli siamo qui noi e sistemiamo tutto”. E da lì siamo scivolati nella tragedia o, se non fossimo così tanto coinvolti, in spassose comiche.
Palazzetti dello sport strapieni con due politici (ora a quanto pare immemori delle promesse fatte) a dire che lo Stato italiano avrebbe restituito tutto. Loro sì che erano dalla parte del popolo lavoratore e risparmiatore! Altro che i predecessori, che per pura crudeltà avevano messo in risoluzione le quattro banche dell’Italia centrale).
Ma, prima di tutto, occorreva capire bene come erano andate le cose: ed ecco una nuova commissione parlamentare di inchiesta. E che si superassero definitivamente i lavori della precedente “Commissione camomilla” di Casini. Occorreva fare luce sulle malefatte delle banche e capire come queste si approfittassero dei correntisti e dei risparmiatori! La soluzione banale è che il Mef e tutte le varie authority facciano il loro mestiere. Ma forse è chiedere troppo.
Quindi (o meglio a qualcuno è tornato alla mente perché questa idea girava da almeno dieci anni) sono state individuate non poche risorse nei conti correnti e nelle polizze dormienti, che poi in definitiva sono risorse espropriate graziosamente al sistema bancario ed assicurativo perché dai tempi dei Romani del credito prescritto ne beneficia il creditore e non un terzo, quale è lo Stato. Quindi risorse pubbliche (una volta "espropriate", ma qui ci sarebbe da discutere col lettore, ndr)).
E con il serbatoio pieno poteva partire l’ambaradan. Una legge scritta in modo un po’ bizzarro (uno studente del secondo anno di giurisprudenza di Padova l’avrebbe scritta di sicuro meglio. Ma in quel periodo la competenza professionale era un vizio da estirpare e non una virtù da premiare) con l’ausilio di una serie di associazioni talvolta autoreferenziali.
E con discriminazioni a quintalate.
Occorreva salvare i meno abbienti che poi sono stati individuati nei risparmiatori con un reddito fiscale sotto i 35 mila euro o un patrimonio mobiliare sotto i 100 mila euro. Gli altri: che dimostrassero il torto subito!
Poco importa se le conseguenze erano un po’ eccentriche rispetto agli scopi, non essendovi coincidenza tra reddito realmente percepito e reddito fiscale: gli evasori, caso più eclatante, sono stati premiati. Ma anche i possessori di un reddito definito forfetariamente (ad esempio gli agricoltori). O di un reddito soggetto a ritenuta alla fonte a titolo di imposta ovvero esente (e così via). Ed è stato premiato il risparmio non detenuto in titoli mobiliari (alla faccia che il risparmio deve confluire nel diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese): Tizio ha un impero industriale detenuto con una holding di famiglia ed ottiene il ristoro perché possiede titoli mobiliari (quotati) per meno di 100 mila euro. Caio ha sempre comprato azioni tra cui BPVI (quando era in bonis, ndr) no. A questo punto non si capisce perché si continui a dire che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge. Mica è così.
In scena sono entrati anche attori improbabili per i ruoli ricoperti: un sottosegretario che in dirette facebook agitava fogli in bianco davanti alla videocamera spacciandoli per un emanando decreto (e mi veniva in mente “ce l’ho qui la brioche!”, battuta del commissario Zuzzurro che circolava a metà degli anni ’80 del secolo scorso).
Il Presidente di commissione bilancio che a ferragosto di qualche anno addietro faceva una incursione nella sede Consap per dire che quella è la pubblica amministrazione che funziona. Una presidente di commissione di inchiesta parlamentare che alla fine è più camomillosa del suddetto Casini. Sempre per non citare le comparse, entrate in scena con le varie associazioni di categoria (dove pare di capire che più che l’uno vale uno vige il principio che l’associazione è uno).
Ma il colpo di scena, quello che ha dato un senso pieno alla tragedia, è stata la creazione di uno speciale organo pubblico incardinato per legge nella Consap fatto di chiari professori universitari e presieduto da un sommo magistrato di Cassazione (con tanto di audizioni a dir poco perplesse di fronte alla suddetta commissione parlamentare).
Nel senso che la Commissione Fir è un organo della pubblica amministrazione e come tutta la pubblica amministrazione deve rispettare la legge sul procedimento amministrativo (così ha recentemente detto il Tar di Trieste). Regola che questi, per motivi oscuri, non seguono. Così le richieste di documenti arrivano sotto forma di diktat (il responsabile del procedimento è un fantasma). Chi ha ricevuto la liquidazione non riesce a rifare i conteggi (saranno anche giusti ma almeno rilascino un prospettino o indichino con precisione i criteri di calcolo).
Chi ha sbagliato involontariamente nella compilazione della domanda pare che si ritrovi un esposto in Procura per falsa autocertificazione (se di parola sono circa quattro mila esposti che saranno probabilmente tutti archiviati. E poi noi ci lamentiamo dei processi lumaca e che i delinquenti sono a piede libero!).
Ma soprattutto chi ha comprato sul mercato secondario obbligazioni subordinate si ritrova condannato (o salvato) in base al momento di acquisto (i cosiddetti periodi sospetti che questi si sono inventati di sana pianta).
Infatti chi ha acquistato dopo il 16 febbraio 2016 doveva essere conscio che da lì a qualche anno sarebbe saltato fuori che in Popolare di Vicenza da almeno un decennio era una epifania di operazioni baciate (e che di conseguenza tutti i prospetti delle obbligazioni erano farlocchi), che per non sapere né leggere né scrivere si erano creati una discarica contabile in Lussemburgo, che il viticoltore prestato alla finanza (dalla competenza e visione manageriale a dir poco discutibile) era il padre padrone della baracca dalla quale otteneva grano a volontà per comprare vigneti, che il collegio sindacale era formato da simpatici signori (peraltro tutti sanzionati da Consob con sentenza passata in giudicato) che si trovavano in banca non si capisce bene a fare cosa, che la società di revisione non aveva esaminato bene la posta del patrimonio netto (ovvero il primo controllo da fare in ogni azienda).
Insomma la colpa mia in quanto incauto investitore è quella di non essere stato particolarmente preveggente (colpa di cui non rispondono tutti gli altri). O nella vulgata che va tanto di moda, di essere un bieco speculatore (un kulaki) e pertanto da rieducare con mezzi rudi ma giusti (mentre il popolo è premiato). Insomma un bel salto indietro ai tempi del diritto dell’U.R.S.S..
Ora si sta abbassando il sipario su questa triste rappresentazione. Purtroppo non è bastato qualche intervento positivo come quello dell’on. Pierantonio Zanettin che faticosamente era riuscito ad ottenere una sorta di delega per emendare la sciagurata legge. La fine insensata del governo Draghi ha annullato ogni speranza.
A questo punto l’auspicio è che il prossimo Parlamento (che mi auguro che sia sull’argomento molto più equilibrato) trovi una soluzione, pena nuovo contenzioso (al momento sono già almeno dieci le sentenze rese da Tar, una avanguardia che temo si ingrosserà).
La ringrazio per l’attenzione e mi scuso per la lunghezza della mia lettera.
Buona giornata
Firma...
Gentilissimo lettore, pubblichiamo, sia pure in ritardo sul suo invio dovuto a miei problemi personali, la sua lettera, perché, anche se il nome con cui si firma ci pare di "fantasia", tutto, o quasi, quello che dice è vero o, almeno, è una ricostruzione storica (satiricamente amara) più che verosimile, dagli antefatti del crac del due banche popolari venete fino alle responsabilità di sistema di cui non si vede traccia nelle indagini e nei processi in corso (della serie diamo in pasto al popolo, magari in attesa di prescrizioni, qualcuno per celare il marcio e i produttori di marcio a monte).
E tra le responsabilità c'è la gestione caotica, da ambaradan dice lei, degli indennizzi, gestione (semi)tragica della serie meglio poco che nulla (ma non per tutti e in qualche caso anche per dei furbetti infiltrati) che rischia di terminare con un altro esproprio (su quello delle banche non siamo proprio d'accordo con lei, perché i conti dormienti non erano loro crediti e perché le banche mai sono espropriate... anche quando lo sembrano).
Quello dei 500 milioni di euro residui del FIR che dovevano integrare la percentuale degli indennizzi ai risparmiatori, essenzialmente, delle banche popolari venete ma che chissà a chi e come andranno a finire.
Il direttore
P.s. Nella sua lettera sulla storia delle banche venete sfasciate (da chi, oltre che da alcuni amministratori, e per chi?) mancano alcune cose, ma servirebbero chissà quanti gigabyte per elencarle tutte.
Due su tutte: quanto hanno guadagnato quelli del fondo Atlante, che hanno fatto finta di finanziare le due banche popolari venete, ma, cambiando nome, si sono poi portati a casa il business miliardario degli NPL (insieme alla, si badi bene, statale SGA, ora AMCO) e quanto ha lucrato Intesa Sanpaolo pagando ben 1 euro le parti buone della due banche venete per giunta incassando miliardi anticipati dallo Stato ma in conto alle liquidazioni delle due ex Popolari e, quindi, ai soci truffati e poi, voi sì, espropriati!
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