Banche popolari venete, conto da 7 miliardi: sarà lo Stato a rimborsare Intesa

Sono i fondi "prestati" dalla banca a Montebelluna e Vicenza per colmare lo sbilancio di crediti e consentire la liquidazione

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Per ora, mancano più o meno 7 miliardi. Per ora. Perché il conto dei costi della liquidazione delle banche venete per le casse dello Stato rischia di salire ancora di più, con l’unica attenuante che i conti si faranno tra qualche anno. Nel 2022, quando le liquidazioni di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza dovranno rimborsare i 5 miliardi «prestati» da Intesa per colmare lo sbilancio di cessione dei crediti non performanti e permettere la liquidazione.
Malgrado la promessa di un impatto «neutro» nel lungo termine dell’operazione, contenuta nel decreto del giugno 2017 (*vedi in fondo, ndr) che ha permesso il salvataggio da parte di Intesa della parte buona delle due banche venete, è stato chiaro da subito che i numeri della relazione tecnica erano traballanti.
La svalutazione di Sga. L’ultima prova è contenuta nel bilancio di Sga, la società che gestisce i crediti problematici – oltre 18 miliardi lordi, valutati 9, 9 miliardi nel giugno del 2017 – maturati da Veneto Banca e Vicenza. Dove quei 9,9 miliardi sono stati svalutati a 5,2 miliardi. A chiarire quanto fossero approssimativi i numeri del decreto era già arrivato il giudizio di Eurostat. Che poco più di un anno fa aveva chiarito una serie di punti. Ma la comunicazione del certificatore europeo e la relativa correzione dei conti erano arrivate in aprile, pochi giorni dopo le elezioni e con la massima distrazione generale.
Fatto sta che Eurostat tirò una bella bacchettata sulle mani dei tecnici del Tesoro, imponendo una revisione al rialzo per 4,7 miliardi sull’indebitamento netto e di 6,4 miliardi sul debito. Prima di Eurostat c’era stato il giudizio del revisore indipendente, che aveva rivisto il debito del liquidatore (delle due banche venete, ndr) verso Intesa da 5, 4 a 6, 4 miliardi. Un miliardo in più, pari all’importo massimo delle garanzie statali per questa voce.
Infine, nel maggio scorso, Intesa si è avvalsa per la prima volta della facoltà di retrocedere alla liquidazione crediti che al momento erano catalogati in bonis.
L’intervento di Eurostat. Può farlo fino a 4 miliardi, il primo pacchetto è stato di 456 milioni di euro. Prima mancava il decreto per le garanzie aggiuntive su questa voce, arrivato solo a marzo 2019. Questi 6,4 miliardi dovrebbero essere restituiti a Intesa con gli incassi delle cessioni di crediti o delle garanzie escusse, detratte le spese legali e la commissione di Sga. Ma per Sga il valore totale – esclusi i 456 milioni retrocessi nel maggio scorso – come detto è già più basso. Senza contare che nella relazione tecnica del decreto sulla liquidazione questa voce era contabilizzata per soli 300 milioni, rivisti a 3,4 miliardi dopo l’intervento di Eurostat.
Il prestito di Intesa scade nel 2022. Per quella data, alla banca dovranno essere restituiti tutti i soldi oppure a pagare sarà lo Stato. Poi ci sono i 5 miliardi di soldi pubblici utilizzati per capitalizzare le liquidazioni. Formalmente sono un prestito e così figurano nel bilancio dello Stato. A differenza delle garanzie rilasciate a Intesa computate nel debito solo dopo l’intervento di Eurostat, questi sono stati compresi da subito nel debito pubblico. Lo schema del decreto del 2017 prevede che questi soldi siano rimborsati allo Stato dalle liquidazioni ma solo dopo aver rimborsato Intesa. Se questo non dovesse succedere, l’impatto sul dubito di questa voce sarà nullo. Ma sul deficit si vedrà l’effetto di 5 miliardi di crediti cancellati, nel 2022. La base per la valutazione di sofferenze e Utp delle banche venete era stata fornita da una ricerca dell’ufficio studi di Bankitalia che aveva calcolato i recuperi storici fino al 2015. Per Eurostat però il metodo non era corretto e finora sembra più credibile la valutazione fatta da quest’ultimo.
Quanti rischi legali. Poi ci sono le altre voci della liquidazione, su molte delle quali continuano a pesare le incertezze. Come i rischi legali, contabilizzati per soli 100 milioni. È già chiaro che non saranno sufficienti ma per capire quanti ne serviranno serve ancora qualche anno di cause in tribunale.
di Gianluca Paolucci, da la Tribuna di Treviso
Il decreto del 2017 che permise i salvataggi
roma. La liquidazione di Veneto Banca e Popolare Vicenda si apre a fine giugno del 2017. L’ operazione ha previsto l’acquisizione da parte di Intesa Sanpaolo di parte delle attività e delle passività dei due istituti, mentre la parte restante (crediti deteriorati e partecipazioni all’attivo, obbligazioni subordinate, fondi rischi e patrimonio netto al passivo) è rimasta ai liquidatori dei due istituti. Intesa, acquisendo passività maggiori delle attività, ha maturato un credito pari allo sbilancio di cessione. Credito inizialmente fissato in 5,4 miliardi poi rivisto a 6,4 miliardi. Lo Stato ha anche trasferito a Intesa altri 4,8 miliardi per sterilizzare l’effetto sul patrimonio, oltre a 12,4 miliardi di garanzie. La relazione tecnica del decreto prevedeva un impatto nullo sull’indebitamento netto e limitato ai 4,8 miliardi del prestito a Intesa sul debito pubblico. Eurostat ha imposto il ricalcolo aggiungendo i 6,4 miliardi di garanzie pubbliche sui crediti deteriorati al debito pubblico e 4,7 sull’indebitamento netto.