Covid, Valdagno: la ‘partita’ dei tamponi rapidi di Zaia. La dottoressa Barbara Toniolo: “non può scaricare su noi test e tracciamento”

Intervista al medico di famiglia che ha anche scritto una lettera: "in una squadra ognuno deve fare la sua parte. La Regione cos'ha fatto?"

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Valdagno Dottoressa Barbara Toniolo Valdagno
Dottoressa Barbara Toniolo Valdagno

Il presidente del Veneto Luca Zaia usa spesso il termine “partita” parlando del Covid. A livello nazionale invece la metafora non è più sportiva ma bellica: guerra, lotta, battaglia, coprifuoco, prima linea. Negli ultimi tempi, sia che si parli di partita che di guerra, il campo, digioco o di battaglia, si è spostato anche fuori dagli ospedali, dove la situazione, per quel che può trapelare, rimane drammatica, e dentro gli ambulatori dei medici di famiglia, ma leggendo certi titoli di giornale sembra quasi che i medici si stiano ribellando alla Regione o forse sono solo l’altra faccia della medaglia di una sanità spesso presentata come eccellenza. Ma lo è davvero? Da ciò emerge soprattutto grazie, si fa per dire, alla pandemia di Covid, c’è poco d dormire sugli allori. La dottoressa Barbara Toniolo (in foto) di Valdagno ha sollevato la questione dei tamponi rapidi somministrati dai medici di base su ‘ordine’ della Regione. La maggior parte dei dottori li sta facendo, ma sono poco assistiti e non riescono da soli a seguire i loro pazienti soliti, fare i tamponi e anche il tracciamento, che è poi il punto cardine della lotta al Covid.

“Su questo posso affermare che chi ci governa non ha ancora capito che non sarò io, medico di medicina generale, che salverò i miei pazienti – afferma la dottoressa in una lettera -. Ho bisogno che con me ci sia tutta una squadra, l’ospedale, le USCA, il SISP, i colleghi della medicina generale. Ho bisogno che vi siano delle direttive precise e chiare per tutta la medicina del territorio. Se io assumo dei comportamenti, e i miei colleghi ne assumono altri, abbiamo clamorosamente perso, perché i miei pazienti frequentano pazienti di altri medici.
In Veneto sono stati fatti dei passi per la medicina del territorio, ma nell’ultimo anno, proprio quando le necessità si sono rese più impellenti, la spinta si è smorzata. Le medicine di gruppo, le medicine integrate, i team … tutto ancora nella carta. Nelle ultime settimane ci è giunta la richiesta da parte del Presidente della Regione di fare i tamponi rapidi e i tracciamenti dei casi. Mi viene il dubbio che il presidente non abbia ancora ben idea di come sia organizzata attualmente la medicina generale. Vi sono colleghi che lavorano in singole postazioni in appartamenti senza personale di supporto, mentre vi sono colleghi organizzati in gruppi con personale infermieristico e di segreteria, ma il carico di lavoro che si è riversato sui medici è uguale per tutti: innumerevoli telefonate, mail,WwhatsApp, e poi ancora visite! Perché oltre al coronavirus tutto il resto non si è fermato, le altre malattie non sono scomparse e i pazienti hanno diritto ad una vera assistenza“.

Da più di un anno ho inoltrato richiesta per avere personale di studio (segretaria e infermiera) come previsto per legge dall’ACN , e mi è stato negato. Il mese scorso ho rinnovato la richiesta, mi è stato risposto che non sono nelle loro priorità. E poi giunge la richiesta di fare i tamponi rapidi. Per inciso, ho cominciato subito a farli perché mi sembrano un ottimo strumento di lavoro, e perché lo spazio in cui lavoro me lo permette di fare, ma con l’aumentare della richiesta, diventa indispensabile la presenza di un collaboratore. Ritengo indispensabile anche il tracciamento dei contatti che pure ci è stato chiesto ma che è lasciato al fai-da-te. Mancano linee guida e una condivisione con gli altri colleghi del territorio e della ASL. Se non vi è riuscito il SISP, con la sua organizzazione, e con i mesi di anticipo con cui si è preparato, come può riuscirci il singolo medico o la singola medicina di gruppo?“.

Perché la Regione è stata tanto veloce a scaricare su noi medici un lavoro così immane e, parallelamente, è così assente quando le si chiedono i mezzi per poterlo fare? – aggiunge la dottoressa Toniolo -. Una squadra dovrebbe significare che tutti sono importanti. Questo è ciò che ci dovrebbe insegnare questa malattia: ognuno, per quel che gli compete, deve fare del proprio meglio”.

Abbiamo sentito Barbara Toniolo per approfondire i temi della sua lettera. Dottoressa, i test rapidi sono efficaci e affidabili come i molecolari?

“No, lo sono meno, ma io ritengo comunque che siano uno strumento molto utile, proprio per la rapidità. La maggior parte dei medici di base lo fa e sono utili. Ma il punto è che dovrebbero farlo gli infermieri, gli operatori socio sanitari, non i medici di base, che devono fare i medici. La Regione mi ha dato solo una scatola e devo pagarmi io di tasca mia un’infermiera e fare ore in più, la mia segretaria sta facendo straordinari. E poi c’è il grosso problema del tracciamento, io non sto facendo il tracciamento, io isolo il paziente, ma tracciamento significa isolare le altre persone, capire dove c’è stato il contagio, con quali persone è entrato in contatto il positivo. Il tracciamento è il punto debole della Regione. Zaia non può pensare che siano i medici di base a fare i tamponi e il tracciamento, andando oltre al loro orario normale. La Regione non ha dato strumenti, ha scaricato la questione, ma la decisione non doveva cadere dall’alto. Mi hanno dato una scatola con istruzioni, dieci giorni dopo l’azienda Ulss 8 ha mandato un micro-video”.

In che modo l’Ulss 8 fa da tramite tra la Regione e i medici?

“Con l’azienda sempre stato un problema di comunicazione, non c’è chiarezza, non c’è coordinamento. Un mese fa l’Ulss 8 mi ha detto che non è priorità aggiungere personale qui a Valdagno. In più ci sono molte mie lettere al direttore generale (Pavesi, n.d.r.) rimaste senza risposta”.

E il Comune?

I Comuni hanno messo a disposizione strutture per i medici che hanno probemi a fare il tampone nel loro ambulatorio, ma  nel mio caso  non serve perché ho un ambulatorio grande per fortuna. Il problema è che sono da sola. Bisognava assumere operatori socio sanitari, infermieri. In alcuni casi poi gli infermieri arrivano tramite cooperativa la quale però non permette loro di fare i tamponi perché non è nel mansionario. Bisognava potenziare la medicina del territorio“.

ll Veneto è in prima fila per il tampone fai da te. Una soluzione rivoluzionaria?

“Potrebbe essere utile. Ma non si doveva arrivare a questo caos. Ci voleva maggiore organizzazione”.


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