
Da settant’anni, la presenza delle basi militari USA a Vicenza rappresenta un pilastro dell’economia locale e della vita cittadina ma ora, secondo un’inchiesta de Il Corriere del Veneto, il loro futuro è sempre più incerto.
La revisione delle spese militari statunitensi e le politiche della amministrazione Trump-Musk potrebbero portare a un ridimensionamento o addirittura a una ritirata delle truppe. Uno scenario che solleva interrogativi sulle ripercussioni economiche e sociali per la città veneta.
L’inchiesta de Il Corriere del Veneto
Claudio Trabona, giornalista del Corveneto, ha ricostruito il peso della presenza americana a Vicenza, evidenziando come le basi rappresentino una “città nella città“. I numeri diffusi dal Comando della Us Army parlano chiaro: circa 5.000 militari, 7.500 familiari, 600 dipendenti civili americani e 900 italiani, per un totale di 15.000 persone coinvolte direttamente nella rete logistica e operativa delle basi.
Questa presenza si articola su diverse strutture: la caserma Ederle, sede del Comando di guarnigione e dei servizi di supporto; la base Del Din, ex aeroporto Dal Molin, che ospita la 173° Airborne Brigade; e la caserma Miotto a Longare, sede della 207° Brigata di Intelligence militare. Quest’ultima, un tempo base Pluto, aveva persino custodito testate atomiche durante la Guerra Fredda.
Un impatto economico da 300 milioni di euro
Secondo le stime dell’esercito americano, l’indotto generato dalle basi è di circa 300 milioni di euro l’anno. Di questi, 65 milioni sono destinati agli stipendi dei lavoratori italiani, mentre 130 milioni riguardano i canoni d’affitto degli alloggi per i militari. Si calcolano circa 2.000 appartamenti affittati agli americani, di cui oltre 1.200 solo nel comune di Vicenza.
L’indotto si estende anche ad altri settori. Ad esempio, il piano di espansione immobiliare prevede la costruzione di 428 abitazioni entro il 2028, con un investimento da mezzo miliardo di dollari, assegnato alla storica impresa vicentina Icm. Anche il settore automobilistico beneficia della presenza statunitense, con un florido mercato di importazione di vetture dagli USA e servizi di manutenzione specializzati.
Le prime avvisaglie di un possibile disimpegno
Negli ultimi giorni sono emersi segnali preoccupanti. Da un lato, il blocco delle carte di credito per alcune spese correnti degli uffici acquisti della base; dall’altro, il congelamento delle assunzioni di personale civile italiano, inclusi i rinnovi dei contratti a termine. Seppur episodi già verificatisi in passato, questa volta destano maggiore allarme tra i sindacati. Roberto Frizzo della Uil sottolinea come, a differenza delle precedenti riorganizzazioni, le nuove misure arrivino senza un piano definito, lasciando molte incertezze sul futuro.
Il sindaco Possamai: “Un’eventuale chiusura cambierebbe tutto”
Il sindaco di Vicenza, Giacomo Possamai, ha dichiarato che l’eventuale chiusura delle basi sarebbe un duro colpo per la città: “Se davvero gli americani andassero via, è come se sparisse un intero quartiere di Vicenza. L’impatto economico e sociale sarebbe significativo“. Pur non avendo ricevuto segnali ufficiali di un disimpegno, l’amministrazione locale segue con attenzione gli sviluppi e sottolinea che una decisione di tale portata coinvolgerebbe anche il governo italiano e l’Europa.
Tra scetticismo e nostalgie
Non tutti credono a un possibile ritiro. Francesco Pavin, storico esponente del movimento No Dal Molin, ritiene improbabile un’uscita degli americani, sostenendo che eventuali tagli colpirebbero piuttosto il personale italiano. La loro presenza, secondo Pavin, ha “drogato il mercato immobiliare”, gonfiando i prezzi degli affitti in città.
Ma oltre all’aspetto economico, la presenza americana ha lasciato un segno profondo anche nella cultura locale. Negli Anni ’80 e ’90, la discoteca Palladium divenne un punto di incontro tra soldati americani e giovani italiani, contribuendo alla diffusione della musica hip hop e funky. Numerosi sono stati anche i matrimoni misti tra vicentini e militari statunitensi, al punto che, per molti, la chiusura delle basi rappresenterebbe una “questione di famiglia”.
Il futuro delle basi USA a Vicenza
Se la minaccia di un ridimensionamento delle basi si concretizzasse, Vicenza si troverebbe a dover ripensare il proprio assetto economico e sociale. Per ora, tutto resta in sospeso, tra incertezze e speranze.
Fonte: Il Corriere del Veneto