Batterio gli ‘mangia’ la carne, operazione al Gemelli gli salva gamba e piede

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(Adnkronos) – Un mix di batteri ‘mangia-carne’ lo aveva infettato dopo una banale ferita cutanea, consumandogli buona parte di una gamba fino alla caviglia. Onya (nome di fantasia) è stato a un passo da perdere l’arto, il piede e la vita stessa, pericolo scongiurato grazie a un complesso intervento eseguito da un team di ortopedici e chirurghi palastici al Policlinico Gemelli di Roma.
I medici hanno ricostruito al giovane, di origini nigeriane, intere parti di ossa, muscoli e pelle. Le operazioni hanno avuto successo. A distanza di 1 mese Onya cammina con le stampelle e vive in una casa famiglia, assistito dai servizi sociali.  Emigrato dalla Nigeria e approdato sulle coste della Calabria nel 2017, Onya è stato accolto in Italia e dopo qualche mese gli è stato offerto un lavoro da operatore ecologico in una città del Lazio, raccontano dal Gemelli. L’inizio di una nuova vita, spezzata sul nascere da un incidente. Mentre andava a lavorare, il giovane finisce con la gamba destra dentro una buca coperta da un compensato di legno e riporta una brutta ferita. Per lui inizia un’odissea tra vari ospedali: visite, interventi parziali e tanti antibiotici, finché Onya arriva al Pronto soccorso del Gemelli. La diagnosi è di osteomielite post-traumatica, una grave infezione ossea che coinvolgeva gran parte della tibia e della caviglia della gamba destra, contratta a seguito di quel trauma iniziale apparentemente banale e causata – come rileveranno i tamponi colturali profondi – da una serie di batteri mangia-carne (flesh-eating): dallo Stafilococco aureus all’Escherichia coli, passando per tanti altri, che in pochi mesi avevano devastato la cute e i muscoli del giovane, fino a intaccare l’osso.  In casi come questi gli antibiotici non bastano più, serve la chirurgia per rimuovere le parti infette e l’ampuazione e un pericolo concreto. Onya però non ne vuole sapere. I medici provano a convincerlo, ma lui è irremovibile e così l’ortopedico Carlo Perisano e la chirurga plastica Elisabetta Pataia gli propongono una soluzione alternativa: proveranno a rimuovere tutta l’infezione, che significa asportare la parte inferiore della gamba e parte della caviglia, per poi ricostruire il tutto. “Una vera e propria impresa durata circa 1 anno” con “vari interventi, mai descritta prima in letteratura – si legge in una nota – che ha restituito a Onya la sua gamba”.  Spiega Perisano, ricercatore in Ortopedia e Traumatologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore e dirigente medico presso la Uoc di Ortopedia e Traumatologia della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs: “In una prima fase abbiamo resecato quasi tutta la tibia del paziente sotto il ginocchio e l’astragalo, per rimuovere tutti i focolai di infezione. Successivamente abbiamo messo un sostituto temporaneo dell’osso, cioè uno spaziatore cementato e antibiotato, al fine di far guarire i tessuti e ridurre il rischio di re-infezione. Dopo 4 mesi di terapia antibiotica, abbiamo iniziato un percorso di ricostruzione ossea”. Inizialmente è stato fatto un tentativo di allungamento dell’arto con un fissatore esterno. “Si tratta di un intervento particolare – descrive l’ortopedico – consistente nell’osteotomia della parte di tibia rimanente e nella distrazione dei 2 monconi ossei (il gap osseo era di circa 20 cm), per permettere all’osso neoformato di crescere tra le porzioni di osso residue. In questo modo abbiamo recuperato 10 centimetri di osso; tanti, ma non sufficienti a ricostruire la parte mancante di tibia”.  E’ stato quindi necessario modificare la strategia chirurgica. Per dare un’adeguata copertura cutanea e permettere all’osso sottostante di rigenerarsi e guarire, l’équipe multidisciplinare di ortopedici e chirurghi plastici ha effettuato dunque un delicato intervento, definito come “del tutto inedito”. Illustra Pataia, docente di Chirurgia ortoplastica in Cattolica e chirurgo plastico nella Uoc di Ortopedia e Traumatologia del Gemelli: “Abbiamo effettuato una ricostruzione complessa prelevando 3 lembi, un muscolo-cutaneo dalla coscia e 2 ossei da entrambi i peroni del paziente. Successivamente, questa sorta di patchwork osseo-muscolo-cutaneo è stato collegato con tecnica microchirurgica. Si tratta di un sistema detto ‘lembo-chimera’, che consiste nel collegare un lembo muscolo-cutaneo al vaso arterioso della gamba ricevente, per poi collegare tra di loro i restanti lembi. In pratica il primo lembo alimenta l’altro, attraverso una serie di connessioni vascolari realizzate al microscopio, che partendo da un solo vaso ha consentito di alimentare 3 lembi diversi”. Utilizzando infine il perone della gamba sana e quello della gamba malata, Perisano ha ricostruito la parte mancante della tibia e l’astragalo del paziente, fissando il tutto con delle viti ortopediche e mettendo a protezione un fissatore esterno circolare, per permettere la guarigione dei tessuti e far consolidare le parti ossee.  “Si tratta di un intervento eccezionale – commenta Giulio Maccauro, ordinario di Ortopedia alla Cattolica e direttore della Uoc di Ortopedia e Traumatologia del Gemelli – che conferma la validità della nostra intuizione di creare un servizio di chirurgia ortoplastica, interdisciplinare con ortopedici e chirurghi plastici, all’interno della nostra struttura di Ortopedia e Traumatologia. Si tratta di una disciplina nuova, che ha pochi altri centri in Italia”.  —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)