Il Presidente del Consiglio regionale del Veneto Roberto Ciambetti lancia l’allarme per le Banche di Credito Cooperativo (BCC).
“Dobbiamo difendere il Credito cooperativo che oggi è aggredito da norme comunitarie europee astruse se applicate a piccole banche, giustamente pensate per evitare rischi di squilibri se non di fallimento per Istituti di credito di grandi dimensioni, ma che si trasformano in disposizioni capestro per le piccole realtà”.
Un patrimonio inestimabile per il politico vicentino. “Le banche di Credito Cooperativo, 15 in tutto il Veneto, con 616 sportelli, operative in 383 Comuni, in 85 dei quali sono l’unica presenza bancaria, rappresentano uno strumento mutualistico imprescindibile: per natura, vocazione e capacità di conoscenza del territorio sono indispensabili strumenti della finanza sociale, in grado di sostenere l’edilizia sociale, il credito alla piccola imprenditoria, all’artigianato e al commercio di vicinato e in questi anni hanno svolto egregiamente, e con ottimi risultati, una funzione anticiclica sostenendo il nostro tessuto socio-economico.
Sono banche – prosegue Ciambetti – con obblighi etici derivati dalla loro storia e con precise imposizioni da parte della legislazione italiana come il vincolo del 95 per cento degli impegni investiti obbligatoriamente nell’area di competenza della singola Bcc e l’obbligo di destinare a riserve indivisibili tra i soci di almeno il 70 per cento degli utili.
In Veneto le nostre Bcc vantano impieghi lordi a pari a circa 19.7 miliardi di euro, mentre la raccolta da clientela complessiva è pari a circa 26,7 miliardi di euro sempre su base regionale.
Ebbene, l’azione di questo straordinario attore socio-economico, oggi è messa a rischio in tutta Italia delle disposizioni della Banca centrale europea – spiega Ciambetti -, tutte le Banche di Credito cooperativo in Italia sono di piccole dimensione e non ce ne è una che superi un volume d’affari superiore ai 30 miliardi di euro: in teoria sono le cosiddette banche ‘less significant’ per usare la definizione data dalla Banca Centrale Europea.
In teoria, perché dal 2016 tutte le banche di credito operativo, pur mantenendo singolarmente l’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria e conservando tutti i caratteri distintivi di banche cooperative a mutualità prevalente, hanno l’obbligo di costituzione e adesione ai gruppi bancari cooperativi, GBC, che per volume d’affari, totale complessivo della raccolta di tutti i costituenti, finiscono per rientrare tra i grandi istituti bancari, le banche cosiddette ‘significant’.
Paradossalmente questa qualifica viene automaticamente assegnata a tutti gli Istituti aderenti al gruppo: insomma, una piccola banca cooperativa del Vicentino o una cassa rurale del Polesine, che hanno degli obblighi precisi secondo la legislazione italiana a iniziare dalla mutualità prevalente, si trovano ad essere equivalenti ai grandi gruppi bancari e a dover rispettare, secondo la Banca Centrale Europea, procedure, burocrazie e operatività analoghe a quelle di un colosso bancario internazionale con costi e vincoli insostenibili. Per questo ho presentato una risoluzione in cui invito il governo a rivedere ‘il quadro regolamentare bancario europeo, in particolare quanto previsto dal Regolamento (UE) n. 468/2014 della Banca Centrale Europea, allo scopo di prendere in considerazione, successivamente, la possibilità di riconoscere forme di proporzionalità che sostengano adeguatamente la natura mutualistica di cui all’articolo 45 della Costituzione italiana, oltre che le peculiarità che qualificano le BCC quali banche cooperative di comunità, invitando la Giunta regionale a sollecitare un intervento unitario in tal senso della Conferenza delle Regioni e del Comitato europeo delle Regioni, nei confronti del Parlamento europeo’. Personalmente, mi farò carico in sede comunitaria del problema, ma credo che l’azione congiunta del Veneto con tutte le altre regioni italiane sia necessaria e non più dilazionabile nel tempo”.