Si è sempre detto che Banca d’Italia nella vigilanza della popolare di Vicenza sia stata troppo distratta. Il caso del commissariamento di Bene Banca sembra invece suggerire che per Palazzo Koch esistano due pesi e due misure. In questo caso la procedura è stata addirittura «preventiva». Lo hanno ripetuto in Commissione d’inchiesta Banche, martedì 16 marzo, l’ex Direttore generale Silvano Trucco e l’ex presidente Francesco Bedino. (Qui di seguito il video dell’audizione)
Bene Banca, una piccola banca di credito cooperativo di Bene Vagienna, il 3 maggio 2013 ha ricevuto la comunicazione di commissariamento dal Mef, «senza alcun preavviso» ha sottolineato l’ex Dg Silvano Trucco. Una mossa che gli amministratori di Bene Banca non si aspettavano dal momento che «alla fine del 2012 tutti i parametri erano in crescita». Le sofferenze si attestavano al 7%, contro una media delle altre Bcc di 9,5% – ha specificato Bedino – e il tasso di ingresso annuo di Npl si manteneva anch’esso al di sotto della soglia media. Inoltre, al 31 dicembre 2012, la banca «aveva il 20% di capitale in eccesso rispetto i requisiti minimi».
Un’altra “anomalia” riguarda invece il trasferimento, in fase di liquidazione, di 38 milioni di euro alla già “zoppicante” Banca popolare di Vicenza, che invece sarebbe rimasta libera di operare sul mercato ancora per un po’. Cifra alla quale si sono aggiunti anche altri «10 milioni di obbligazioni» sempre verso la popolare vicentina, specifica Trucco. La coincidenza starebbe nel fatto che il commissario liquidatore di Bene Banca a quel tempo era Giambattista Duso, ex amministratore delegato di Marzotto Sim, società partecipata al 9% da Banca Popolare di Vicenza.
I vertici di Bene Banca hanno comunque presentato ricorso contro la procedura preventiva di commissariamento presso il Tar del Lazio, venendo però respinti. Il procedimento è quindi arrivato in Consiglio di Stato, ma anche qui l’istanza è stata rigettata poiché a detta della sentenza, ha spiegato Bedino, «non ci sono errori di natura macroscopica e il giudice non può sindacare dell’operato di Bankitalia». Il deputato Maurizio D’Ettore (FI) ha però ribattuto che, riguardo il ricorso respinto, «la vicenda è chiarissima, con sentenze passate in giudicato».
Il senatore Francesco Castiello (M5S) ha risposto al collega D’Ettore ricordando che «il decreto di scioglimento è stato adottato prima della notifica dell’attività ispettiva». Il rapporto ispettivo avrebbe dovuto avere la necessaria precedenza. Inoltre, il senatore ricorda che una sentenza del Consiglio di Stato del 1992 ha apparentato il procedimento amministrativo al processo penale: «non puoi procedere se prima non c’è stato l’avviso di reato». Il procedimento sarebbe quindi incostituzionale e anche illegittimo per il diritto comunitario, ha sostenuto infine Castiello.