Benessere lavorativo? Secondo i lavoratori vicentini, al primo posto e con netto distacco c’è l’equilibrio tra vita lavorativa e personale (60,15%), seguito da un ambiente lavorativo positivo (35,17%) e il vedere riconosciuto e apprezzato il proprio contributo (24,98%). La retribuzione e altri benefici materiali figurano solo al 4° posto con il 18,15% delle risposte, precedendo la soddisfazione professionale (16,84%) e la stabilità e sicurezza del lavoro (16,65%); chiudono la classifica le opportunità di crescita e sviluppo (8,14%) e le relazioni interpersonali (3,46%).
È quanto emerso dalla nuova ricerca del Centro Studi Cisl Vicenza sul benessere lavorativo, presentata di recente. Raffaele Consiglio, segretario generale di Cisl Vicenza, li sintetizza con queste parole: “I lavoratori vicentini vogliono essere pagati meglio per il lavoro che svolgono, anziché lavorare di più per guadagnare di più, e chiedono un maggiore benessere lavorativo, con stipendi all’altezza delle competenze che sentono di esprimere e del valore che generano”.
La ricerca si è avvalsa delle dichiarazioni di un campione di oltre 1.150 intervistati ed ha indagato nel dettaglio il rapporto tra benessere lavorativo e inquadramento salariale nella percezione dei lavoratori vicentini.
A ulteriore conferma dell’importanza attribuita all’equilibrio tra vita privata e lavoro vi è anche un altro dato: oltre il 70% (70,35% per la precisione) in futuro vorrebbe ridurre il tempo dedicato all’attività lavorativa. Un tema, questo, che viene visto in maniera positiva soprattutto dagli uomini (è favorevole il 79,26% contro il 62,19% delle donne), anche se questa differenza può essere spiegata dal fatto che le donne hanno in media contratti più deboli o comunque meno remunerativi. Il tema appare invece piuttosto trasversale alle diverse fasce di età, seppure risulti più sentito tra le nuove generazioni: i “sì” rappresento il 73,19% tra gli under 35, il 70,74% nella fascia 35-54 anni e il 68,47% tra gli over 55.
Non stupisce così scoprire che i lavoratori vicentini si dimostrano potenzialmente molto interessati a soluzioni come quelle proposte da alcune aziende (es. Luxottica e Lamborghini) che hanno recentemente introdotto un test sulla settimana corta lavorativa a fronte di una riduzione dei permessi retribuiti durante l’anno. Questo modello piace soprattutto ai più giovani: si dice molto favorevole il 72,22% degli under 25, il 53,92% nella fascia di età 25-24 anni, il 47,27% tra i 35 e i 44 anni, il 49,85% tra i 45 e i 54 anni e il 39,54% tra gli over 55. Al crescere dell’età aumenta invece chi si dichiara favorevole con riserve (sono il 5,56% tra gli under 24, contro il 21,29% tra gli over 55), ma è significativo osservare come le percentuali di “contrari con riserve” rimanga invece stazionaria nelle diverse generazioni, intorno al 5,5%; crescono invece all’aumentare dell’età i “molto contrari”, ma rimangono una percentuale molto modesta (al massimo il 5,7% tra gli over 55) a conferma del generale interesse, molto elevato, per questa soluzione.
Non stupisce quindi, in un momento storico in cui le aziende hanno “fame” di lavoratori, scoprire che il lavoro part-time sia soprattutto una scelta volontaria (73,35).
Ma cosa rappresenta oggi il lavoro per i vicentini? Anche in questo caso l’indicazione è chiara: con il 49,02% delle risposte prevale nettamente una visione utilitaristica, che intende il lavoro come mera necessità per garantire la sicurezza economica personale e della famiglia; sullo stesso orientamento appare anche la seconda risposta più “gettonata” (uno scambio di prestazione per salario, 14,22%), mentre il lavoro rappresenta uno spazio di realizzazione personale solo per l’11,97% dei partecipanti. Percentuali ancora inferiori identificano il lavoro come un’opportunità per apprendere nuove competenze e conoscenze (8,89%), un impegno sociale e contributo alla comunità (8,61%), uno strumento per far crescere l’impresa (4,86%) o un contenitore per sviluppare nuove relazioni (1,12).
Non stupisce, di conseguenza, che oltre il 62% consideri il salario molto importante o estremamente importante nell’orientare le proprie decisioni relative alla carriera o alla scelta di un impiego, mentre per il 32,55% è moderatamente importante; solo per il 3,27% è poco importante e appena lo 0,94% lo ritiene per nulla rilevante.
Se lo stipendio, comprensibilmente, resta un fattore centrale per le scelte occupazionali dei vicentini, è interessante chiedere ai lavoratori come giudicano il proprio livello salariale: oltre il 50% lo ritiene poco (39,37%) o per nulla (13,09%) equo, con una percentuale comprensibilmente più elevata – anche se non di molto – tra le donne (rispettivamente 40,4% e 15,15%), una differenza che si può spiegare anche con la nota questione del gap salariale di genere.
“Questi dati – sottolinea Raffaele Consiglio – dimostrano una volta di più l’importanza della conciliazione tra vita privata e lavoro, che oggi è avvertita come una necessità sempre più impellente e trasversale. Allo stesso tempo vi è una richiesta di lavoro di qualità, che significa appunto maggiore benessere lavorativo, ma anche una retribuzione più equa e in linea con le competenze che oggi sono richieste ai lavoratori.
Si parla molto di innovazione tecnologica e nuovi modelli di sviluppo, più efficienti e sostenibili: molte aziende vicentine hanno già intrapreso questi percorsi, che però si basano necessariamente su una crescita delle competenze dei lavoratori. Questi stessi lavoratori oggi chiedono di beneficiare anche loro di questa crescita.
In che modo? Ancora una volta si conferma l’importanza della contrattazione di secondo livello, che consente di migliorare il benessere lavorativo e la condizione contrattuale senza dare il via ad una spirale di ulteriore inflazione e con accordi di volta in volta personalizzati secondo le esigenze dei lavoratori e delle aziende”, conclude il segretario generale di Cisl Vicenza.