Negli anni ’70 due neuroscienziati americani Solomon Snyder e Candance Pert fecero una grande scoperta: il nostro cervello produce endorfine, un tipo di morfina in grado di sopprimere il dolore. Cosa può quindi stimolare la produzione delle endorfine e del nostro benessere?
Partendo dalle cose alla portata di tutti, proviamo piacere con un buon cibo, un buon sesso, ridendo di gusto, con dimostrazioni di affetto, col canto, con l’ascolto di una buona musica, con la visione della bellezza, con le emozioni dell’arte. In altre parole, evitando gli aspetti deprimenti della vita o delle persone e, se non è possibile evitarli, prendendoli a piccole dosi. Lo sanno bene coloro che esercitano professioni di aiuto.
Alcuni ricercatori hanno scoperto l’attivazione dell’area frontale sinistra quando la persona segue le regole di serenità sopra indicate.
Da altre ricerche fatte dal prof. Giorgio Coricelli, dell’Università di Southern California, è emerso che quando c’è competizione o rancore per esperienze subite da qualcuno, la gioia per una perdita altrui è superiore alla gioia provata per una propria vittoria.
Qual è un altro elemento di benessere, sicuramente più edificante di quello descritto sopra? E’ il perdono. Infatti una ricerca condotta da ricercatori pisani, guidati dal prof. Pietro Petrini, afferma che il perdono provoca sensazioni positive, tanto da essere paragonato a un analgesico naturale evolutosi per alleviare la grande sofferenza provocata da un torto subito.
Invece il rancore per gli altri o per sé stessi, covato nel tempo, può portare a disturbi psicologici, ma anche fisici. Non a caso Dante nella Divina Commedia, parla di inferno, purgatorio e paradiso. In quest’ultimo non si trovano anime di uomini perfetti, ma di coloro che hanno saputo perdonare gli altri e sé stessi.
Si conclude che il rapporto fra e con esseri umani (e non – vedi gli animali domestici), è un ingrediente fondamentale per la nostra felicità. Puntualizzo, con persone che ci fanno star bene, che sanno apprezzare la vita, non con coloro che trovano un problema per ogni soluzione.
Qualche lettore penserà: “Ma se è mio padre, mia madre, mio fratello?”
La regola è la stessa. Se non si può evitare il contatto doloroso, “dosarlo” in piccolissime “dosi”, senza obblighi, doveri e sensi di colpa.