Oggi è morto Silvio Berlusconi. Tutti a dire che è stato un grande “innovatore” della società, della politica, dello sport, della televisione. Lo elogiano. E lo fanno con “il rispetto per un protagonista della storia del nostro Paese”.
Ecco, io affermo che sì, Berlusconi è stato un protagonista, ma del degrado politico, morale e culturale del nostro paese. È stato anche uno statista? Forse, ma per quanto mi riguarda, lo è stato in negativo.
Lo sdoganamento della destra fascista è responsabilità sua (assieme a quella di esponenti di una sedicente sinistra che lo hanno affiancato, ogni riferimento ai “ragazzi di Salò” di Luciano Violante non è casuale).
Le privatizzazioni selvagge lo vedono protagonista, certo. Così come vicende (a dir poco) grigiastre e vicinanze (a dir poco) discutibili con personaggi equivoci.
Il risultato lo abbiamo sotto gli occhi. Se è stato un “protagonista della storia del nostro paese” (come dichiara Schlein) è anche sua (assieme a personaggi alquanto discutibili anche in quella considerata da molti “la sinistra” nelle istituzioni) la responsabilità della sempre maggiore precarietà nel lavoro e nella vita, del disastro della sanità pubblica e dell’istruzione, della “poca attenzione” all’ambiente, della crescente povertà e, soprattutto, dell’avvento di una cultura individualista che cancella la solidarietà e il collettivo (inteso anche come Stato) di fronte alla ricchezza personale raggiunta in qualsiasi maniera.
E, allora, “fu vera gloria?”. Non c’è bisogno di aspettare i posteri per l’ardua sentenza. La condanna ci può essere adesso, subito, e si basa sui fatti che si toccano con mano ogni giorno. Sinceramente non riesco a provare sentimenti di “pietas” né provo malinconia. E non provo neppure un sentimento di liberazione o di soddisfazione. Niente. Semplicemente non credo che le cose potranno migliorare (ma temo peggiorino) perché la coscienza e il pensiero di tanti sono stati avvelenati da quel Berlusconismo che tanti danni ha arrecato al nostro paese.
Il lavoro da fare è arduo e deve partire dalla presa d’atto che il Berlusconismo non è stato un “errore”, ma una vera e propria scelta anche culturale. E capire che gli anticorpi devono essere ripristinati.
Un’ultima riflessione. Oltre a questo decesso eccellente, ce ne sono altri che, però, non fanno notizia perché quei morti fanno parte dei “dimenticati”.
Sull’Osservatorio Nazionale morti sul lavoro di Carlo Soricelli si legge: “12 giugno dall’inizio dell’anno sono morti complessivamente 573 lavoratori, di questi 376 morti sui luoghi di lavoro, gli altri sulle strade e in itinere e in altri ambiti lavorativi: per noi chiunque che muore mentre svolge un lavoro è considerato un morto sul lavoro, ci sono tutti anche chi ha un’assicurazione diversa da INAIL o che muore in nero.”
Quando parlo delle devastazioni del sentire comune (o del pensiero unico) che ha visto in Berlusconi uno dei “padri”, mi riferisco proprio al senso di impotenza e all’indifferenza che accompagnano la morte di chi voleva vivere del proprio lavoro.
Anche questo è un risultato del degrado del sistema politico e sociale che ha avuto Berlusconi tra i principali protagonisti.