Bertoliana: concluso il lavoro di inventariazione delle Carte di Antonio Barolini

171

Sono a disposizione degli studiosi le carte e i documenti di Antonio Barolini (1910-1971), scrittore vicentino dotato di una vena calda e originale, “poeta agilmente moderno, ma non poeta alla moda”, secondo le parole del critico letterario Pietro Pancrazi, giornalista, per lungo tempo corrispondente dagli Stati Uniti per il quotidiano “La Stampa”, collaboratore della RAI, e amico di personaggi di primo piano del mondo della cultura, dell’editoria, della politica e della religione.

Si è infatti concluso il lavoro di inventariazione delle carte donate alla Biblioteca Bertoliana dalla moglie di Barolini, Helen Mollica, in tre momenti diversi, 1984, 1988 e 1999, con successive ulteriori piccole donazioni di materiali nel 2005, 2010 e 2011, e in parte finanziato dalla figlia maggiore di Barolini, Teodolinda, docente della Columbia University di New York.

Le carte hanno costituito il primo nucleo dell’Archivio Scrittori Vicentini, progetto nato nella metà degli anni ’90 e che si prefigge di raccogliere e valorizzare la documentazione dei più importanti scrittori vicentini del Novecento.

Tra i materiali custoditi nel fondo si contano numerose bozze di opere letterarie edite e inedite, come quelle delle raccolte poetiche “Il meraviglioso giardino” (Vicenza, Il Pellicano, 1941), e “Il veliero sommerso” (Vicenza, Il Pellicano, 1949), e dei romanzi “Giornate di Stefano” (Padova, G. Tolomei, 1943), “Le notti della paura” (Milano, Feltrinelli, 1967) e “La memoria di Stefano” (Milano, Feltrinelli, 1969). Si tratta di documenti preziosi per gli studiosi che vogliano indagare e conoscere la genesi delle opere di Barolini, in quanto ne portano alla luce idee originarie, versioni inedite, le correzioni e i diversi momenti della lavorazione.

Corposo è il fascicolo che raccoglie le bozze de “Il sogno del soldato Michele”, opera lungamente lavorata ma mai pubblicata da Barolini, il cui episodio è stato rappresentato dalla Rai nell’aprile del 1970 con il titolo di “Cinque zitelle e un pappagallo (sei tempi di poesia in punta di piedi, un prologo e un epilogo)”. Si segnalano, inoltre, gli originali manoscritti di opere rimaste inedite quali “I pianti di Jade”, “Valve”, “Le cose perdute”, “Procelle” e “Storie brevi”, datate tra il 1928 e il 1931, che offrono un’inedita versione di Antonio Barolini giovane poeta e scrittore, precedente alle sue prime opere pubblicate, “Cinque canti” e “Statua ferma”, e alla prima raccolta edita da Neri Pozza “La gaia gioventù e altri versi agli amici” (Vicenza, Edizioni dell’asino volante, 1938). Il materiale della corrispondenza comprende nomi importanti come quelli di Mariano Rumor, Edilio Rusconi, Ignazio Silone, Eugenio Montale, Giorgio Bassani, Vittorino Veronese, Giulio De Benedetti, Carlo Betocchi, Carlo Emilio Gadda, Norberto Bobbio, Max Ascoli, Giovanni Colombo, Giovanni Spadolini, Neri Pozza, Giose Rimanelli, Giangiacomo Feltrinelli, Geno Pampaloni, Giacomo e Antonio Pellizzari, Sandro Pertini, Giuseppe Prezzolini, Salvatore Quasimodo e Rienzo Colla. Del massimo interesse, infine, è la serie preziosa dei dieci diari di Barolini redatti dall’aprile 1930 al luglio 1968 e da lui chiamati con l’umile titolo di “Scemenze”. Attraverso di essi, infatti, non soltanto è possibile conoscere da vicino il mondo interiore, intellettuale e famigliare dello scrittore vicentino, ma anche rivivere le ripercussioni nazionali e locali di alcuni momenti determinanti della storia del Novecento quali la caduta del fascismo, l’instaurazione del governo Badoglio, l’armistizio dell’8 settembre 1943, la successiva occupazione tedesca e la nascita della Resistenza. L’ottavo diario contiene la narrazione della nomina di Barolini a direttore del rinato “Il giornale di Vicenza” a partire dal 27 luglio 1943, la sua gestione del quotidiano, la crescente preoccupazione per le conseguenze dell’armistizio, l’occupazione tedesca di Vicenza, e la fuga di Barolini dalla città, dapprima in direzione di Praglia, quindi, di Venezia, dove lo scrittore trascorre la sua clandestinità fino al termine della guerra, ospite di amici, guidato nei suoi spostamenti da Torquato Fraccon. Per la sua direzione de “Il giornale di Vicenza”, Barolini viene condannato a morte dal Tribunale fascista, pena poi commutata a quindici anni di reclusione in virtù della morte del padre, avvenuta per una malattia contratta durante il servizio prestato nella marina militare durante la Prima Guerra Mondiale.

Info: settoreantico.bertoliana@comune.vicenza.it; 0444 578215