Bibi Netanyahu ce l’ha fatta in Israele con la coalizione di destra: Herbert Pagani… spiega perché

618
Bibi Netanyahu e la moglie Sara in un momento di complicita? affettiva
Bibi Netanyahu e la moglie Sara in un momento di complicita? affettiva

Bibi Netanyahu ce l’ha fatta alle elezioni in Israele con la coalizione di destra, i laburisti non sono mai scesi così in basso. L’ex generale Gantz credeva in Yair Lapid (figlio di Tommy Lapid, co fondatore nel 1974 di un partito di centro sinistra Shinui) e Gabbay (è stato CEO della compagnia di telecomunicazioni Bezeq dal 2007 al 2013 che ha lasciato per scendere in politica), per ottenere la maggioranza politica, ma totalmente inesperto di politica non ha fatto bene i suoi conti.

Bibi Netanyahu vince in Israele
Bibi Netanyahu vince in Israele

Il buon senso vorrebbe e vale per tutti i politici, che quando non si ha esperienza si facesse un passo indietro, s’imparasse e poi ci si candidasse. Purtroppo l’ostentazione del proprio ego finisce con il far male a se stessi (poco importa), ma anche al popolo sostenitore!

E’ stata una delle peggiori campagne elettorali in Israele, fatta principalmente di colpi bassi che hanno visto contrapporsi due uomini ambiziosi, ma uno dei due, Benjamin Bibi Netanyahu ha contribuito a far fiorire l’economia di Israele.

Fino al 9 aprile 2005 è stato Ministro delle Finanze e si è dimesso in seguito al ritiro da Gaza, messo in atto dal Primo Ministro Ariel Sharon (che come generale mi piaceva e subivo il suo fascino, ma come politico no). A maggio 2006 diventa il portavoce ufficiale dell’opposizione nella Knesset e il 31 marzo 2009 ritorna in carica, nonostante non abbia vinto le elezioni, grazie all’accordo concluso con il capo della destra Avigdor Lieberman.

Bibi Netanyahu e i suoi sostenitori festeggiano
Bibi Netanyahu e i suoi sostenitori festeggiano

E’ un uomo onesto Bibi Netanyahu? Non lo so, è un politico al centro d’inchieste giudiziarie e i reati o presunti tali di cui è accusato sono reati comuni a mezzo mondo politico (vi ricordate Fico e la presunta domestica non in regola? Va bene che non era ancora la terza carica dello Stato, ma era già parte nel nostro sistema. Le regalie fatte ai nostri politici, alcuni dei quali non sapevano nemmeno di avere case intestate…?).

Bibi Netanyahu usa le persone a suo uso e consumo? Potrebbe, qualcosa ho visto, ma io vedo con i miei occhi di persona che fonda la propria esistenza sulla riconoscenza e non con gli occhi di un politico, spesso affetti da gravi patologie oculistiche! Sono consapevole che questi atteggiamenti possono essere considerati scelte di vita non corrette, ma facciano un esame di coscienza tutti i politici nel mondo, partendo dalle più basse cariche di amministratori alle più alte e facciamolo anche noi, perché avendoli votati, ne siamo complici. Quanti di noi hanno visto l’amico dell’amico piazzato, senza nemmeno un millesimo di meritocrazia?

Ho notato una scarsa partecipazione dei partiti arabi votati in Israele, forse perché gli arabi sono stanchi di sentire parlare troppo di “Palestina” e troppo poco di arabi israeliani, parte della vita del Paese e perfettamente integrati! Imparino qualcosa anche i Partiti Arabi in Israele! E che gli Exit pool fanno venire il mal di pancia per niente.

A tutti i politologi, ai colti, ai non colti, agli intelligenti e agli imbecilli che si riuniranno nei salotti e nelle TV e negli spazi della carta stampata e digitale a criticare le scelte degli israeliani, a porsi mille domande e dare mille potenziali risposte, a fare mille elucubrazioni mentali su questo risultato elettorale, mi permetto di far notare che i motivi di questa vittoria hanno radici lontane.

Non è mia abitudine plagiare le idee e gli scritti altrui, ma trovo doveroso citare un cantautore ebreo tripolino italiano Herbert Avraham Haggiag Pagani (più noto come Herbert Pagani) che nel lontano 1975, musicò una lettera che è ancora attuale risposta a tanti perché. Herbert era nato a Tripoli il 25 aprile 1944 e morto a Palm Beach il 16 agosto 1988, artista poliedrico: cantautore, disc-jockey, poeta, scrittore, scultore, pittore. Herbert era un ebreo di sinistra, ma di una sinistra sana, non di quella attuale che imperversa nei piani alti di Washington, piuttosto che in quelli di Bruxelles e Strasburgo o di Roma, piuttosto che nelle Tv o nei giornali.

Nel 1975, il giorno successivo a una risoluzione Onu, la numero 3379 che equiparava il sionismo al razzismo, Herbert ha scritto e recitato a Parigi un’appassionata “Arringa per la mia Terra”, che è la spiegazione in parole semplici, perché la Destra Israeliana ha vinto di nuovo. La Risoluzione è stata cancellata nel 1991 con la numero 86, quale precondizione alla partecipazione alla Conferenza di Madrid tenutasi lo stesso anno per riavviare le relazioni tra Israele e Paesi arabi. Haim Herzog, allora ambasciatore di Israele all’ONU, stracciò la risoluzione di fronte all’assemblea dichiarando che “Hitler si sarebbe sentito a casa in quest’aula”.

Quello che segue è il testo di Pagani (letto nel video da Tonino Ungesi) ed il perché della vittoria di Bibi Netanyahu.

Di passaggio a Fiumicino sento due turisti dire, sfogliando un giornale: “Fra guerre e attentati non si parla che degli ebrei, che scocciatori… “. E’ vero, siamo dei rompiscatole: sono secoli che rompiamo le balle all’universo. Che volete? Fa parte della nostra natura.

Ha cominciato Abramo col suo Dio unico, poi Mosè con tavole della legge, poi Gesù con l’altra guancia sempre pronta per la seconda sberla, poi Freud, Marx, Einstein, tutti esseri imbarazzanti, rivoluzionari, nemici dell’ordine. Perché? Perché l’ordine, quale che fosse il secolo, non poteva soddisfarli, visto che era un ordine dal quale erano regolarmente esclusi; rimettere in discussione, cambiare il mondo per cambiare il proprio destino, tale è stato il destino dei miei antenati; per questo sono stati sempre odiati da tutti i paladini dell’ordine prestabilito.

L’antisemita di destra rimprovera agli ebrei di aver fatto la rivoluzione bolscevica. E’ vero, c’erano molti ebrei nel 1917.
L’estremista di sinistra rimprovera agli ebrei di essere i proprietari di Manhattan, i gestori del capitalismo. E’ vero, ci sono molti capitalisti ebrei.

La ragione è semplice: la cultura, la religione, l’idea rivoluzionaria da una parte, i portafogli e le banche dall’altra sono stati gli unici valori mobili, le sole patrie possibili per quelli che non avevano una patria.

Ora che di patria ne esiste una, l’antisemitismo rinasce dalle sue ceneri, o meglio, scusate, dalle nostre, e si chiama antisionismo.
Prima si applicava agli individui, adesso viene applicato a una nazione. Israele è un ghetto, Gerusalemme è Varsavia.
Chi ci assedia non sono più i tedeschi ma gli arabi, e se la loro mezzaluna si è talvolta mascherata da falce, era per meglio fregare le sinistre del mondo intero. Io, ebreo di sinistra, me ne sbatto di una sinistra che vuole liberare tutti gli uomini a spese di una minoranza, perché io faccio parte di quella minoranza. Se la sinistra ci tiene a contarmi tra i suoi non può eludere il mio problema. E il mio problema è che dopo le deportazioni in massa operate dai romani nel primo secolo dopo Cristo noi siamo sempre stati ovunque odiati, banditi, schiacciati, spogliati, inseguiti e convertiti a forza. Perché?
Perché la nostra religione, cioè la nostra cultura, era pericolosa.
Qualche esempio?
L’Ebraismo è stato il primo a creare il Sabato, giorno del Signore, ovverossia la giornata di riposo settimanale obbligatoria. Immaginate la gioia dei faraoni, sempre in ritardo di una piramide.
Il Giudaismo proibisce la schiavitù: immaginate la simpatia dei romani, i più grossi fornitori di manodopera gratuita dell’antichità.
Nella Bibbia c’è scritto: “La terra non appartiene all’uomo ma a Dio”. Da questa frase scaturisce una legge: quella dell’estinzione automatica dei diritti di proprietà ogni quarantanove anni: v’immaginate la reazione dei papi del Medioevo e degli imperatori del Rinascimento?

Non bisognava che il popolo sapesse.

Si cominciò quindi con il proibire la lettura del Vecchio Testamento, poi ci fu la maldicenza: muri di calunnie che diventarono muri di pietra: i ghetti.
Poi ci fu l’indice, l’Inquisizione e, più tardi, le stelle gialle.
Ma Auschwitz non è che un esempio industriale di genocidio. Di genocidi artigianali ce ne sono stati a migliaia. Mi ci vorrebbero dieci giorni solo per far la lista di tutti i pogrom di Spagna, di Russia, di Polonia e dell’Africa del Nord.
A forza di fuggire, di spostarsi, l’ebreo è andato dappertutto: si estrapola il significato ed eccoci giudicata gente di nessun posto.
Noi siamo in mezzo agli altri popoli come gli orfani affidati al brefotrofio: io non voglio più essere adottato, non voglio più che la mia vita dipenda dall’umore dei miei padroni di casa, non voglio più affittare una cittadinanza, ne ho abbastanza di bussare alle porte della storia e di aspettare che mi dicano ‘avanti’.
Stavolta entro e grido; mi sento a casa mia sulla terra e sulla terra ho la mia terra. Perché l’espressione ‘Terra Promessa’ deve valere per tutti i popoli meno per quello che l’ha inventata?

Che cos’è il sionismo? Si riduce a una sola frase: l’anno prossimo a Gerusalemme.

No! Non è lo slogan di qualche club di vacanza, è scritto nella Bibbia, il libro più venduto e peggio letto nel mondo. E questa preghiera è diventata un grido, un grido che ha più di 2000 anni, e i padri di Cristoforo Colombo, di Kafka, di Proust, di Chagall, di Marx, di Einstein, di Woody Allen, di Jerry Lewis e anche quello del signor Kissinger hanno ripetuto questa frase, almeno una volta l’anno: il giorno di Pasqua.
Allora il sionismo è razzismo?
Ma non fatemi ridere!
Il sionismo è il nome di una battaglia di liberazione e come ogni movimento democratico ha la sua destra ma anche la sua sinistra, di cui nessuno qui parla perché non ha i mezzi per farsi sentire. Una sinistra alla quale io appartengo.
Nel mondo ciascuno ha i suoi ebrei. I francesi hanno i corsi, i lavoratori algerini. Gli italiani hanno i terroni e i terremotati. Gli americani hanno i neri, i portoricani. Gli uomini hanno le donne. La società ha i ladri, gli omosessuali, gli handicappati.

Noi siamo gli ebrei di tutti.

A quelli che mi chiedono: ‘E i palestinesi?’ rispondo ‘Io sono un palestinese di duemila anni fa, sono l’oppresso più vecchio del mondo. Sono pronto a discutere con loro ma non a cedergli la terra che ho lavorato. tanto più che laggiù c’è posto per due popoli, e due nazioni. Le frontiere le dobbiamo disegnare insieme.
Tutta la sinistra sionista cerca da trent’anni interlocutori palestinesi, ma l’Olp, incoraggiata dal capitale arabo e dalle sinistre europee, si è chiusa in un irredentismo che sta costando la vita a tutto un popolo, un popolo che mi è fratello, ma che vuole forgiare la sua indipendenza sulle mie ceneri.
C’è scritto sulla carta dell’Olp: ‘Verranno accettati nella nuova Palestina solo gli ebrei venuti prima del 1917’, e questa carta non è ancora stata modificata.
A questo punto devo essere solidale con la mia gente. Quando gli arabi mi riconosceranno, mi batterò insieme con loro contro i nostri comuni oppressori. Ma per oggi la famosa frase di Cartesio: ‘Penso, quindi sono, non ha nessun valore.
Noi ebrei sono 5000 anni che pensiamo e ci negano ancora il diritto di esistere. Oggi, anche se mi fa orrore, sono costretto a dire: “Mi difendo, quindi sono”.

Articolo precedenteRisarcimenti, a Roma o a Macondo? Chi, e perché, non vuole sbloccarli
Articolo successivoFranco Vanni chez Alberto Galla duetta con Eva Massari sul suo nuovo giallo “La regola del lupo”
Paola Farina
Nata a Vicenza il 25 gennaio 1954, studentessa mediocre, le bastava un sette meno, anche meno in matematica, ragazza intelligente, ma poca voglia di studiare, dicevano i suoi professori. Smentisce categoricamente , studiava quello che voleva lei. Formazione turistica, poi una abilitazione all’esercizio della professione di hostess di nave, rimasta quasi inutilizzata, un primo imbarco tranquillo sulla Lauro, un secondo sulla Chandris Cruiser e il mal di mare. Agli stipendi alti ha sempre preferito l’autonomia, ha lavorato in aziende di abbigliamento, oreficeria, complemento d’arredo, editoria e pubbliche relazioni, ha girato il mondo. A trent’anni aveva già ricostruito la storia degli ebrei internati a Vicenza, ma dopo qualche articolo, decise di non pubblicare più. Non sempre molto amata, fa quello che vuole, molto diretta al punto di apparire antipatica. Dove c’è bisogno, dà una mano e raramente si tira indietro. E’ generosa, ma molto poco incline al perdono. Preferisce la regia alla partecipazione pubblica. Frequenta ambienti ebraici, dai riformisti agli ortodossi, dai conservative ai Lubavitch, riesce nonostante il suo carattere a mantenere rapporti equilibrati con tutti o quasi. Sembra impossibile, ma si adegua allo stile di vita altrui, in casa loro, ovviamente.