L’Italia è un Paese all’avanguardia nel settore del biogas e del biometano.
È seconda in Europa, dopo la Germania, e quarta nel mondo. La presenza di più di 2000 impianti sul territorio colloca il Paese tra i principali player a livello mondiale.
Il biogas, ottenuto dalla conversione mediante la “digestione” di materiali di scarto, sottoprodotti agricoli e rifiuti organici, i può essere utilizzato come combustibile per produrre calore e riscaldare gli edifici vicini, fornire acqua calda a uso sanitario, per gli autoconsumi dell’impianto oppure per produrre energia elettrica da immettere nella rete nazionale. Il biogas può a sua volta essere trasformato in biometano, utilizzabile come carburante di trazione per veicoli, camion, bus e mezzi agricoli, oltre che per il riscaldamento in ambito residenziale.
L’energia da biogas è di massima importanza anche ai fini della decarbonizzazione, essendo un gas sostenibile, ‘CO2 neutro’.
Il processo di produzione di questo gas prende l’avvio dalla digestione anaerobica delle biomasse all’interno di un digestore, nel quale, in mancanza di ossigeno, si provoca una degradazione delle sostanze organiche attraverso batteri ed enzimi. L’energia sviluppata dai legami chimici viene rilasciata sottoforma, appunto, di biogas, costituito per lo più da metano e anidride carbonica, e in minor parte da ossido di carbonio, idrogeno, azoto, vapore acqueo e idrogeno solforato.
La produzione è alimentata dalle biomasse agricole, provenienti da colture dedicate (mais e sorgo) e da sottoprodotti agricoli, scarti agroindustriali (compresi letami e liquami), rifiuti alimentari, ricavati dalla lavorazione della filiera alimentare, frazione organica dei rifiuti solidi urbani, reflui, fanghi fognari, e residui da giardinaggio.
Il primo prodotto di un impianto derivante dalla decomposizione delle sostanze organiche è dunque un gas grezzo, ad alto potere calorifico, composto da metano (55%-65%), CO2 e tracce di altri gas. Il processo successivo di raffinazione, denominato upgrade, del biogas trasforma quest’ultimo in biometano, ed è questa la fase in cui il gas viene pulito delle impurità presenti e delle componenti indesiderate (anidride carbonica CO2, vapore acqueo, azoto, ammoniaca, particelle solide, ecc.).
Dall’impianto di produzione di biogas viene inoltre prodotto, come residuo della fermentazione, anche il digestato, un materiale inodore, liquido o solido, che una volta trattato viene usato, in agricoltura, come concime di alta qualità.
Il potenziale del biogas e del biometano è notevole e la loro produzione, sfruttando gli scarti alimentari o dell’agricoltura, è una grande opportunità.
I vantaggi di questi prodotti, innovativi nel campo delle fonti rinnovabili, sono dunque molteplici e legati alla produzione di energia elettrica e calore, oltre che di carburante per i trasporti, che presenta una drastica riduzione delle emissioni. Il processo sfrutta, smaltisce e converte le materie degli scarti alimentari che, ancora oggi, vengono destinate alla discarica (valorizzazione dei materiali di scarto secondo un modello di economia circolare), in più, trattandosi di una fonte rinnovabile, fruisce di incentivi per la produzione di energia elettrica sotto il controllo del GSE; in questo modo gli scarti alimentari e agricoli diventano risorse per la sostenibilità ambientale e di filiera, andando ad incrementare altresì il reddito degli agricoltori, perché si evolvono in una vera e propria economia circolare.
Il processo produttivo presenta, però, taluni aspetti negativi: gli impianti sono molto rumorosi e maleodoranti e hanno un impatto negativo sul paesaggio, richiedono molto consumo di suolo agricolo per impianto e coltivazione dedicata con un alto consumo di acqua, e, se l’impianto non viene gestito bene e non viene mantenuto in perfetto stato di efficienza, si corre il rischio di sversamenti, contaminazioni e dispersione del gas, che provocherebbero senza dubbio, inquinamento delle falde acquifere e dell’aria con fumi e cattivi odori.
Gli impianti di nuova generazione sono in grado di ridurre la maggior parte dei disagi e risolvere le principali problematiche di questa tecnologia, con un impatto minimo su ambiente e comunità locali. Ad esempio, si evita la produzione di odori sgradevoli attraverso il confinamento delle biomasse; vengono adottate soluzioni paesaggistiche, volte a minimizzare l’impatto visivo circostante; si utilizzano anche sistemi particolarmente automatizzati di lavorazione per consentire l’efficientamento dell’intero processo.
Per riuscire nell’impresa di uscire dalla dipendenza energetica, mirando nel contempo al raggiungimento di obiettivi green europei, più che cercare altri fornitori esteri di combustibili fossili, sarebbe forse il caso di valutare che la potenziale soluzione al problema esiste già nei confini nazionali: investire nella produzione di energia elettrica e di metano a partire dalle biomasse.
Occorre liberare la procedura, come dovrebbe essere per tutte le rinnovabili, dal freno della burocrazia e degli investimenti contenuti diviene, pertanto, oggi, quasi un obbligo.
Tra l’altro, si tratta di una alternativa ecosostenibile al gas naturale, per l’autotrazione, percorribile fin da subito, atteso che sono già attivi più 1.500 distributori.
A fronte degli investimenti previsti dal PNRR, sarebbe, dunque, quantomeno opportuno giocare la carta della distribuzione e delle alimentazioni a BioCNG, considerato che, oltre a contribuire alla diversificazione del mix energetico e alla riduzione della dipendenza dall’uso di fonti fossili tradizionali provenienti da paesi esteri, il prezzo del biocombustibile può arrivare e cifre inferiori del 30% rispetto all’attuale costo del gas naturale.
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Fonte: Meritocrazia Italia