Blocco costruzioni lotto E di Borgo Berga, Francesca Leder con l’Unesco: più che la Soprintendenza lo “ordina” il bene paesaggistico e ambientale

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Borgo Berga e il vincolo
Borgo Berga e il vincolo

“Per governare un territorio, disciplinarne l’uso e le trasformazioni, è necessario anzitutto conoscerlo. La conoscenza è un processo culturale complesso, che implica scelte di valore. Un territorio è memoria di chi vi è vissuto nel passato, di un’identità comunitaria dalle radici profonde, porta i segni della fatica e dell’intelligenza, del lavoro e dell’arte. Il territorio ha il volto di un paesaggio, nella sua immutabilità e nel suo eterno divenire, tra i monti e le acque di sempre e la vitalità delle campagne e delle città.”

Vincolo della soprintendenza su Vicenza e Francesca Leder, docente di storia dell'urbanistica all'università di Ferrara, facoltà di architettura
Francesca Leder, docente di storia dell’urbanistica all’università di Ferrara, facoltà di architettura

Parole sante, parole condivisibili, parole che non fanno una piega. Pronunciate non da uno da uno dei tanti grilli parlanti da schiacciare al muro con una energica ciabattata, o da qualche “solone” (come venivano epitetati fino a poco tempo fa – forse ancora oggi – gli esperti, di preferenza quelli non asserviti), ma scritte nel “Prologo” dell’Allegato B4 – Norme tecniche del PTRC – Dgr. n.427 del 10/04/2013 “PTRC – Variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica” firmata, come riporta la dicitura, nell’aprile 2013 da: Luca Zaia, Presidente della Regione del Veneto e Marino Zorzato Vicepresidente della Regione del Veneto. Nel bene e nel male sappiamo a chi rivolgerci se mai su questo tema emergesse qualche dubbio o mancata comprensione.

Peccato che di questo importante documento se ne sia sentito parlare davvero poco (o nulla) in questi anni perché considerato dai più, contrariamente alle aspettative regionali, uno dei tanti orpelli inutili, se non addirittura degli effetti dannosi della cosiddetta “burocrazia”. La difesa del paesaggio e dell’ambiente, abbiamo abbondantemente capito, deve limitarsi a uno slogan o a una frase di pura circostanza. Guai a chi si sogna di metterla davvero in pratica!

Ma per comprendere meglio dove si vuole andare a parare con queste riflessioni vi sottopongo una domanda: chi, secondo voi, avrebbe dovuto tradurre in “azioni concrete” le parole della Regione se non i Comuni con le necessarie politiche di gestione del territorio e i piani che ne  derivano? Ma i Comuni, o meglio, le amministrazioni comunali (i sindaci, gli assessori, i consiglieri di maggioranza), come tutti sanno, vivono di consenso e le politiche di tutela del territorio e del paesaggio disturbano, se non addirittura irritano, i portatori di interessi economici considerati da chi governa la città i principali, se non gli unici, interlocutori in materia di urbanistica.

Così si spiega il silenzio a livello locale, Vicenza compresa, sul contributo che poteva e potrebbe dare l’applicazione attenta dello strumento regionale dalla cui abdicazione deriva la mancata attività di tutela del territorio e del paesaggio che tutti vediamo davanti ai nostri occhi e in pochi denunciano.

Ma cosa c’entra questa lunga premessa con l’articolo pubblicato ieri da Il Giornale di Vicenza (e molti di quelli che lo hanno preceduto) dal titolo lapidario “La Soprintendenza blocca Borgo Berga «Stop costruzioni»” ?

C’entra eccome! Se si prende un po’ di confidenza con la materia (a mio avviso tutti i cittadini dovrebbero avere rudimenti di urbanistica per avere la possibilità di giudicare in modo più obiettivo l’operato dei propri eletti) si capisce che la funzione della cosiddetta “dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area del Monte Berico” non si traduce affatto in un vincolo che detta gli «stop alle costruzioni», semmai esso esplicita, come dicono gli esperti, “le modalità di godimento, di gestione e la destinazione d’uso del bene al fine di preservarlo nel tempo”. Un vincolo dunque non meramente limitativo, come è stato tacciato da molti articoli di stampa usciti nei giorni scorsi, ma capace di esprimere in modo unitario e coerente il significato e il valore irriproducibile di questo bene (l’area del Monte Berico), composto di elementi naturali e costruiti, alcuni di grandissimo valore, luogo di bellezza unica all’interno del nostro territorio che proprio per la sua qualità ha contribuito al raggiungimento del riconoscimento UNESCO, “marchio” di cui la città si fregia con orgoglio e si avvantaggia in termini anche economici.

Coerentemente con questa affermazione di valore del bene, oramai abbondantemente acquisita, il Piano territoriale regionale e in particolare la sua variante parziale del 2013 identifica l’ambito paesaggistico di cui fa parte Monte Berico e lo norma attraverso le regole scritte nel famoso Allegato B4 citato all’inizio, al quale il vincolo della Soprintendenza correttamente rimanda. Regole che un piano regolatore (PAT e PI) più sensibile e attento di quelli che abbiamo sin qui sperimentato avrebbe dovuto far proprie già da anni (almeno dal 2013) evitando in questo modo le varie contestazioni e il ricorso alla missione UNESCO del marzo 2017 che ha prodotto un documento nel quale si esplicitano le condizioni da seguire per evitare che Vicenza venga inserita nella lista del patrimonio in pericolo, anticamera della possibile esclusione dal riconoscimento. Sta dunque a noi (e soprattutto a chi governa la città nell’interesse di tutti i suoi cittadini) decidere quale scelta fare valutandone le conseguenze.

Questo per dire che non è il vincolo della Soprintendenza a impedire la realizzazione di alcune nuove costruzioni ma sono le condizioni territoriali e paesaggistiche intrinseche, l’obbligo di tutela dei corsi d’acqua, la protezione dei coni visuali, le fasce di rispetto dei beni monumentali e certamente qualche altra cosa che ora mi sfugge, a decretare l’inopportunità di certi interventi i quali, in una condizione profondamente diversa,  nella quale la conoscenza e la cultura hanno la meglio sugli interessi privati, non avrebbero avuto spazio perché contrari a quei principi che chiedono che il bene paesaggistico e ambientale sia preservato nel tempo.

In attesa che la procedura di formalizzazione del vincolo faccia il suo corso (è da ricordare che si possono fare osservazioni entro il 2 febbraio 2021) è compito di tutti noi, del Comune in primo luogo, vigilare con attenzione perché il vincolo di salvaguardia (di blocco delle costruzioni “ope legis” sino all’entrata in vigore del vincolo) venga rispettato nell’interesse del bene da tutelare e dei diritti costituzionali da garantire. Sembra una richiesta scontata e ovvia ma purtroppo non è così.


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