Secondo gli ultimi dati della Rilevazione sulle forze di lavoro, condotta da Istat, e raccolta nel bollettino socio-economico del Veneto, nel terzo trimestre 2020 le dinamiche del mercato del lavoro sono fortemente influenzate dalle perturbazioni indotte dall’emergenza sanitaria. In Veneto continuano a diminuire gli occupati ed aumentano fortemente i
disoccupati, in un contesto di diminuzione degli inattivi. Il numero di occupati scende dello 0,8% rispetto al secondo trimestre 2020, del 3,1% rispetto al primo trimestre e del 2,8% rispetto ad un anno fa; a soffrire di più sono donne e lavoratori indipendenti.
Le persone in cerca di lavoro crescono in misura significativa, soprattutto gli uomini, e sono
nel complesso il 38,3% in più rispetto a quelle registrate a fine giugno, il 21,6% in più rispetto a quelle rilevate nei primi tre mesi dell’anno ed il 25,6% al di sopra di quelle che cercavano un anno prima. Di conseguenza il tasso di disoccupazione veneto aumenta e a fine settembre risulta pari al 6,4% contro il 4,7% di tre mesi prima, e il tasso di occupazione è pari al 65,6% contro il 65,9% di tre mesi prima e il 67,4% registrato a fine marzo.
I dati pubblicati da Veneto Lavoro, che fornisce periodicamente le quantificazioni dell’impatto della pandemia sulla dinamica del lavoro nelle aziende private in Veneto (relativa ai contratti a tempo indeterminato, determinato e di apprendistato),
ci forniscono un primo bilancio di questo anomalo 2020. In Veneto l’effetto della pandemia nel corso dell’anno ha comportato una riduzione del saldo occupazionale (differenza tra assunzioni e cessazioni) pari a -11.400 posizioni di lavoro dipendente, quando il 2019 si era concluso con +26.500. Il bilancio poteva essere peggiore, ma le misure adottate dal governo hanno contenuto i danni soprattutto per quanto concerne l’occupazione stabile. Gran parte degli effetti delle varie fasi di lockdown si sono scaricati sull’occupazione stagionale, condizionato dal blocco delle attività turistiche. Rispetto al 2019, le assunzioni effettuate nel corso dell’anno si sono ridotte del 24% e negli ultimi mesi la forbice con gli andamenti dell’anno precedente è andata allargandosi: -12% a ottobre, -22% a novembre e -32% a dicembre.
Le ore di cassa integrazione guadagni autorizzate forniscono un’idea molto chiara
della situazione emergenziale che stiamo affrontando. Gli ultimi dati pubblicati da
Inps forniscono il bilancio dell’intero anno 2020. Dopo il boom di ore autorizzate ad
aprile prosegue nei mesi successivi l’effetto della pandemia fino a registrare in Veneto
un totale complessivo di 344.479.784 ore autorizzate (si valuti che in tutto l’anno
2010, anno durante il quale la crisi economica è stata più dura, ne erano state concesse
124.505.840). A queste si aggiungono le ore concesse tramite i fondi di solidarietà
ai lavoratori dipendenti di aziende appartenenti a settori non coperti dalla normativa
in materia d’integrazione salariale: si parla per tutto il 2020 di oltre 135 milioni di ore
contro le appena 327.290 registrate nel 2019.
Il settore che registra la congiuntura più sfavorevole è quello degli alberghi, dei pubblici
esercizi e delle attività similari; per questi lavoratori, nel solo mese di aprile 2020
sono state concesse il triplo delle ore di tutto il 2013, l’anno più duro della crisi economica
per il settore.
Secondo i dati di Veneto Lavoro, in termini di macrosettori i Servizi rilevano i dati più gravi,
soprattutto a causa della situazione del settore turistico, fortemente caratterizzato dalla domanda di lavoro stagionale e che risulta il più esposto agli effetti della pandemia. Rispetto al 2019, i Servizi nel 2020 perdono il 30% delle assunzioni, l’Industria il -23%, mentre l’Agricoltura registra un leggero aumento dell’1%. La flessione occupazionale del 2020 è concentrata soprattutto nei servizi turistici che chiude a fine anno con un saldo (differenza tra assunzioni e cessazioni) di quasi -15 mila unità e che registra il 45% in meno di assunzioni rispetto al 2019.
Negativi i saldi anche di altre attività dei servizi (commercio al dettaglio, trasporti, attività
finanziarie, editoria e cultura); nel manifatturiero a soffrire è soprattutto il made in Italy, in
particolare il sistema moda e l’occhialeria. Se si considerano poi le variazioni delle assunzioni negli ultimi due anni, che descrivono meglio gli effetti della pandemia, si vede una contrazione del -62% per l’occhialeria, del -30% per il sistema moda, del -29% per il commercio al dettaglio e del -27% per il metalmeccanico.
A livello provinciale la flessione della domanda di lavoro è generalizzata a tutti i territori, con il valore percentuale minimo di Rovigo (-11%) e massimo a Venezia (-35%) e Belluno (-31%), province dove le attività stagionali turistiche hanno un’incidenza maggiore.
La qualità dell’aria nelle città del Veneto vista attraverso i livelli di inquinamento
da PM10, biossido di azoto (NO2) e ozono (O3) mostra delle situazioni da tenere
sempre sotto controllo. La media annuale delle concentrazioni di PM10 nel 2019
nelle centraline di background urbano all’interno dei capoluoghi veneti si mantiene
sempre sotto alla media calcolata sugli ultimi 10 anni, nonchè al di sotto della
soglia di 40?g/m3 stabilita dal D.Lgs 155/2010. Un dato positivo, anche se va
sempre tenuta a mente la criticità legata ai picchi delle medie giornaliere. Sempre
in base al D.Lgs 155/2010 la soglia giornaliera di 50?g/m3 non deve essere superata
più di 35 volte all’anno. Nel 2019 29 centraline su 37 totali hanno registrato
oltre 35 superamenti di tale limite.
Per quanto riguarda l’NO2, anche qui vige un limite di legge per la concentrazione
media annua nell’aria di tale inquinante, pari a 40?g/m3. Dai dati emerge che
nelle centraline già prese in esame per il PM10 tale limite è rispettato e, in particolare
nel 2019, i valori sono quasi sempre al di sotto della media degli ultimi 10
anni. Infine relativamente all’O3, si considera il numero di superamenti annui della
soglia di informazione prevista sempre dal D.Lgs 155/2010 e pari a 180 ?g/m3.
Nel 2019 emergono delle criticità a Vicenza, Verona e Rovigo, che registrano più
superamenti rispetto alla media 2010:2019