Bonomi (Confindustria): “rispondere con assoluta fermezza alle ingiurie dei sindacati”. Il profitto è ‘unica cosa importante

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Carlo Bonomi (Confindustria)
Carlo Bonomi (Confindustria)

Penso che nella sua tragicità questa emergenza ci stia offrendo anche un’opportunità. Quella di rilanciare il Paese eliminando una volta per tutte le zavorre che ci hanno frenato negli ultimi vent’anni“.
Questo ha dichiarato al Corriere della Sera il nuovo presidente designato di Confindustria Carlo Bonomi.
Ex “numero uno” di Assolombarda, il futuro rappresentante-capo dei padroni, continua a chiedere (o pretendere) che lo Stato assuma un ruolo sempre più marginale. O meglio che sia il finanziatore del privato continuando nella folle teoria che i profitti debbano essere dei padroni mentre i costi della collettività.
Un’altra “perla” del Bonomi è l’indicazione di “una grande cooperazione pubblico-privato” che si può riassumere in un maggior supporto alle imprese. Cioè in nuove regalie da parte dello Stato.
E che dire dell’affermazione “Non pensavo di sentire più l’ingiuria che le imprese sono indifferenti alla vita dei propri collaboratori. Sentire certe affermazioni da parte del sindacato mi ha colpito profondamente. Credo che dobbiamo rispondere con assoluta fermezza”.
Al solito gli imprenditori nostrani si ritengono esenti da qualsiasi responsabilità. Non ce l’hanno quando chiedono a gran voce di non creare zone rosse nei territori industrializzati della Lombardia anche se infestati dalla pandemia di coronavirus. Non ce l’hanno quando non riescono a garantire la sicurezza di chi lavora (tutti i morti per infortunio o per malattia contratta nei luoghi di lavoro sono l’esempio di una indifferenza preoccupante nei riguardi della salute dei lavoratori). Non ce l’hanno quando devastano ambiente e territorio. Lorpadroni sono sempre immuni da qualsiasi peccato.

E’ il loro dogma, la loro religione, la loro ideologia: l’unica cosa importante è il loro profitto. A loro non importa come lo raggiungono … sfruttando, inquinando, rendendo precaria la vita di chi lavora.
Cosa volete, loro sono fatti così. Pretendono tutto e vogliono dare poco o niente. Al massimo qualche elemosina tanto per sentirsi in pace con quella coscienza che dà loro troppo fastidio o che, semplicemente, non hanno.


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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.