Il 4 maggio inizierà in tutta Italia la ‘fase 2’. Potranno finalmente riaprire le attività del commercio all’ingrosso, del manifatturiero e delle costruzioni. Le imprese artigiane venete coinvolte saranno 58.712, raddoppiando di colpo la platea di quelle aperte che diventano oltre 112 mila, l’89,1% del totale. Anche gli addetti che tornano al lavoro si moltiplicano passando da 150.500 a 299.851, pari al il 91,6% del totale dell’artigianato veneto.
“Restano molte ferite aperte -Afferma Agostino Bonomo Presidente della Confartigianato Imprese Veneto- a partire dalle nostre 14 mila aziende artigiane venete e i loro 30 mila addetti (quelli del benessere, del restauro ed i nostri ristoratori) ancora ingiustificatamente al palo. Ma anche l’incertezza su lavoro e mercati. E’ chiaro che l’emergenza va affrontata con la tempestività e l’intensità appropriate, ma questo non ci esime dall’avere uno sguardo lungo, decidendo azioni e disegnando progetti che riconnettano quello che dobbiamo fare oggi sul piano sanitario con quello che possiamo fare per costruire una nuova fase di crescita e benessere per il Veneto e per il nostro Paese”.
“Nella situazione attuale -prosegue-, è assolutamente dannoso giocare a chi grida più forte per rivendicare diritti particolari. È un dovere categorico mettere a fattore comune – e noi vogliamo farlo per primi – tutti gli interessi legittimi, trasparenti e soprattutto composti in una visione strategica a vantaggio del Paese. Tutto ciò, fermo restando il principio che chi è vittima dei danni maggiori – in ragione dell’interesse superiore della salute pubblica – dovrà avere i risarcimenti maggiori, in una logica di solidarietà nazionale. Per questo vogliamo fare il punto su alcuni temi prioritari che sono nell’agenda delle istituzioni, delle associazioni. Dobbiamo accelerare una fase 2 intelligente che non riduca di un millimetro l’attenzione prioritaria sulla protezione della salute, ma che inauguri nuove logiche di gestione del rischio. E’ ormai evidente a tutti che il pericolo del virus non cesserà in un giorno, neppure in una settimana e nello scenario migliore ci vorranno mesi che lasceranno un segno permanente nel nostro modo di vivere”.
Primo: il divieto per tutti di produrre, salvo le filiere essenziali – i famosi codici ATECO – deve cedere il passo alla possibilità di riprendere a lavorare per tutti quelli pronti a farlo in sicurezza, rispettando il protocollo del 24 aprile, i suoi aggiornamenti e i suoi approfondimenti per le diverse categorie.
Secondo: ci rendiamo conto, che far ripartire 60.000 artigiani e 150 mila addetti oggi fermi (circa la metà del totale) significa autorizzare anche i loro clienti a muoversi ed avere relazioni. Anche per quanto riguarda i cittadini, dobbiamo passare dalla logica del “io sto a casa” a quella del: uscire con le mascherine, rispettando le distanze, prendendo appuntamento, limitando l’uso dei mezzi pubblici, ed usando tutte le precauzioni che ormai conosciamo.
Terzo: qualsiasi forma tecnica venga adottata, dovremo ricorrere al debito per aiutare gli italiani che hanno avuto un danno economico (in aggiunta al dramma dei decessi) senza precedenti. Questo debito, verso chiunque venga contratto, fosse anche nel lungo termine, dovrà essere restituito. E questo rende indispensabile progettare una nuova fase espansiva che ricrei la ricchezza che questa crisi ha distrutto e distruggerà nei prossimi mesi per molti comparti. Nel prossimo decennio, la crescita dei Paesi emergenti produrrà circa un miliardo di nuovi consumatori con diverse, ma rilevanti, capacità di spesa. Dobbiamo e possiamo conquistare la nostra quota di questo nuovo mercato.
“Siamo consapevoli che artigiani e Pmi -dichiara Bonomo-, come molte altre categorie, vivono un presente drammatico e hanno bisogno di soluzioni immediate e concrete. Ma sarebbe irresponsabile, illusorio e demagogico alimentare la speranza che i tutti consumi riprendano a crescere solo per la scadenza del 4 maggio. Senza rinunciare ad accelerare la ripresa, dobbiamo piuttosto assicurare a chi lavora il massimo sostegno finanziario, fiscale, creditizio, formativo, di servizio, per affrontare il tempo che sarà necessario – il più breve possibile – per ripristinare condizioni di normalità. Il Made in Italy prodotto in Veneto -conclude- ha le carte in regola per affrontare questa sfida: eccellenza, competenze distintive, valore di brand, capacità di innovazione, sono i pilastri solidi che dobbiamo valorizzare. Fare sistema, aumentare la promozione, aprire nuovi canali e mercati, digitalizzazione, sburocratizzazione, infrastrutture sono solo alcuni dei temi sui quali dobbiamo lavorare insieme come Regione e come Paese. Dobbiamo rispondere a questa crisi sanitaria facendo quello che avremmo dovuto fare comunque per riprendere a crescere, ma con più determinazione, maggiore unità d’intenti, con l’entusiasmo e la creatività che sappiamo mettere in campo. L’obbiettivo che ci diamo è costruire un piano biennale perché il 2022 sia meglio di quello che sarebbe stato”.