Con Francesco Bonazzi e Renzo Mazzaro, oltre al nostro direttore Giovanni Coviello nella veste di “conduttore” e ad altri prestigiosi relatori, Nicola Borzi, che ha denunciato lo scandalo delle copie gonfiate del suo ex giornale, Il Sole 24 Ore e che è “sotto tiro” nelle indagini per aver rivelato certe storie di servizi e BPVi, sarà uno dei top speaker al convegno “Libertà di stampa, la prima fake news. Il caso banche, tra blandizie e intimidazioni” organizzato da VicenzaPiù per il suo 13° compleanno e che si terrà in Apindustria Vicenza (galleria Crispi 45) lunedì 11 dalle 17-30 con ingresso libero fino ad esaurimento posti (circa 150).
Per sintetizzare come il collega stia lottando per la libertà di stampa basti dire che “per tutelare al meglio la mia libertà e la mia attività professionale ho deciso di aprire un blog giornalistico e una casa editrice indipendente in Islanda, Paese nel quale le leggi tutelano la libertà di stampa più che in Italia…“.
Gli altri relatori al convegno saranno il senatore M5S Elio Lannutti, anche lui giornalista, fondatore di Adusbef e firmatario anche di una legge contro le liti temerarie ai danni dei cronisti, il consigliere regionale FdI Sergio Berlato, già segretario della seconda commissione d’inchiesta regionale sulle banche venete, l’avv. Marco Ellero di Vicenza, legale di VicenzaPiù, e Silvano Trucco, ex dg di Bene Banca, la banca in salute secondo i suo ex vertici ma commissariata da Banca d’Italia con una tempestività e una “severità” sconosciute per i casi successivi dei ben noti crac bancari.
Ma detto questo per l’evento top di comunicazioni di Vicenza eccovi più in dettaglio chi è Nicola Borzi.
La biografia di Borzi
Nato nel 1966, giornalista finanziario investigativo, ex editorialista (più di 550 rubriche settimanali pubblicate) ed ex caposervizio coordinatore del settimanale Plus24 del Sole 24 Ore. Scrittore, coordinatore e traduttore di 20 libri, tra cui “I killer invisibili: bioterrorismo, nuove minacce e difese” (Il Sole 24 Ore, 2001), “La parabola Enron”, (Feltrinelli, 2002), “La grande crisi” (Il Sole 24 Ore, 2008).
Nei suoi 26 anni di carriera per Il Sole 24 Ore ha scritto di materie prime, agroindustria, biotecnologie alimentari, bioterrorismo, economia, imprese, banche, finanza, risparmio, previdenza, educazione finanziaria, criptovalute e riciclaggio di denaro tra l’Italia e molti Paesi (Regno Unito, Estonia, Russia, Panama, Malta, Svizzera, Repubblica Dominicana, Bahamas, Emirati Arabi Uniti, Paesi Bassi, Australia, Bulgaria, Israele, Hong Kong e Papua Nuova Guinea).
Nicola Borzi e l’inchiesta su Il Sole 24 Ore
Dopo un primo esposto alla Consob del maggio 2010, caduto nel vuoto, alla fine di sei anni di inchiesta sottotraccia sulla società per cui ha lavorato nell’ottobre 2016 ha reso pubbliche le sue scoperte provenienti da indagini interne sulla sua ex azienda con esposti alla Consob, al collegio sindacale del Sole e agli inquirenti. A marzo 2017 i suoi esposti hanno portato a indagini penali per gli vertici aziendali (ex presidente Benito Benedini, ex amministratore delegato Donatella Treu, ex responsabile finanza Massimo Arioli, ex responsabile marketing Anna Matteo, ex responsabile diffusione Alberto Biella) e l’ex direttore Roberto Napoletano per manipolazione dei dati diffusionali e del mercato e false comunicazioni sociali per il bilancio 2015 del Sole 24 Ore. I suoi esposti sul Sole 24 Ore come whistleblower e sono stati ampiamente trattati dai media italiani, dalla Rai e dal quotidiano francese “Le Monde”. Per i suoi report giornalistici e l’attività di whistleblowing a marzo 2017 ha ricevuto il premio giornalistico nazionale “Targa Federico Caffé”.
Dopo un negoziato durato sei mesi, il 31 luglio 2018 Borzi ha lasciato volontariamente Il Sole 24 Ore ed è diventato un giornalista investigativo finanziario indipendente. Ora lavora per Il Fatto Quotidiano, Report Rai3 e Valori, mensile di finanza etica.
Nicola Borzi, BPVi e i servizi segreti
Il 16 e 17 novembre 2017 Borzi ha pubblicato sul Sole 24 Ore tre articoli sui conti dei servizi segreti e sulle operazioni sotto copertura in Banca Nuova, filiale siciliana della Banca Popolare di Vicenza, un gruppo creditizio italiano finito in default il 25 giugno 2017 con una distruzione di valore di circa 21 miliardi di euro dopo decenni di illeciti finanziari non adeguatamente indagati dalle autorità di vigilanza italiane.
Per identificare le fonti dei suoi articoli, il 17 novembre 2017 i magistrati di Roma sono entrati nelle redazioni del suo giornale a Roma e Milano e hanno sequestrato il suo computer aziendale, le sue e-mail e la memoria del suo cellulare, insieme a un dispositivo di memoria USB che Borzi aveva consegnato volontariamente con la doppia chiave di crittografia, su cui c’era l’unica copia dei documenti che stavano cercando. Borzi ha opposto il segreto professionale alle richieste degli inquirenti e non ha rivelato le fonti dei suoi articoli. Il sequestro di questi materiali digitali lo ha lasciato senza i suoi archivi professionali di lunga data. Una copia di questi materiali gli è stata restituita il 30 gennaio 2018.
Il 7 febbraio 2019, i magistrati di Roma lo hanno informato che è stato indagato per 15 mesi insieme al collega Francesco Bonazzi della Verità e di Panorama per le sue storie sui conti dei servizi segreti in Banca Nuova del novembre 2017. Ora rischia di essere accusato di “rivelazione di segreti di Stato”, un reato che in Italia viene punito con una pena detentiva che può variare tra 3 e 10 anni.
Per scoprire le fonti dei documenti bancari che usava per scrivere le sue storie, i pubblici ministeri hanno analizzato tutte le sue e-mail e il traffico telefonico tra il primo ottobre e il 22 novembre 2017. Secondo i materiali di indagine resi noti, il giorno in cui i magistrati credono che egli abbia ricevuto quei documenti dalle sue fonti, in cui si trovava alla stazione Termini di Roma, gli inquirenti hanno analizzato tutti i numeri di cellulari accoppiati in tre ore ai ripetitori della zona della Capitale a cui il suo cellulare era collegato (probabilmente centinaia di migliaia di persone) e li hanno incrociati con tutti i numeri contenuti nel suo cellulare. Hanno estratto tutto il traffico telefonico tra il suo telefono e questi numeri, che comprende decine di giornalisti che scrivono per La Repubblica, La Stampa, Il Fatto Quotidiano, altre testate, la Cassa previdenziale dei giornalisti italiani, il sindacato Federazione nazionale della stampa, l’Ordine dei giornalisti nazionale e quello della Lombardia (tutte persone, compresi suoi familiari, che Borzi non ha incontrato quel giorno) e hanno analizzato le sue conversazioni via sms ed e-mail.
Tutte queste condotte investigative volte a scoprire le fonti dei giornalisti analizzando i loro materiali digitali sono proibite da molte sentenze della Corte di Cassazione e Corte Costituzionale italiane, nonché dalle decisioni della Corte europea dei diritti dell’Uomo (sentenza del 13 settembre 2018 “Big Brother’s Watch” contro i metodi di sorveglianza del Regno Unito sui giornalisti).
Per tutelare al meglio la sua libertà e la sua attività professionale, come prima detto, Borzi ha deciso di aprire un blog giornalistico e una casa editrice indipendente in Islanda, Paese nel quale le leggi tutelano la libertà di stampa più che in Italia.