(Articolo da VicenzaPiù Viva n. 9, luglio-agosto 2024, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr). La Tav e il centro sociale Bocciodromo hanno sollevato una questione dormiente dal 1994. Nel frattempo, si è tenuta, proprio quest’anno, un’asta pubblica (su parte dell’area ex Lanerossi, ndr) che ha fatto sfumare una delle idee di Provincia e Comune per l’ex Pettinatura.
Lunedì 17 giugno l’Assessore veneto all’Ambiente e alla Protezione Civile Gianpaolo Bottacin ha partecipato al tavolo tecnico sulla Tav a Vicenza. Secondo Bottacin la creazione del tavolo tecnico e la partecipazione dei sindaci è fondamentale per garantire il giusto monitoraggio, cioè garantire che l’opera, ritenuta molto importante, venga realizzata nel rispetto delle esigenze ambientali e territoriali. Il sindaco di Vicenza Giacomo Possamai ha annunciato che a breve Iricav 2, cioè il General Contractor a cui è affidata la progettazione e la realizzazione della nuova linea ferroviaria ad alta capacità veloce Verona-Padova, renderà pubblico il primo studio sulle analisi concernenti l’eventuale presenza di Pfas nelle acque e il livello di pm10 nell’aria. Iricav “passerà” a fine lavori al Comune 12 mila mq dell’area del cantiere (perché altri 4 mila mq sono destinati ad opere che rimarranno) in cui oggi esiste il bosco attorno all’albero (quasi) monumentale.
In realtà, l’associazione Civiltà del Verde, nel segnalare la presenza (non evidenziata precedentemente né dai proprietari, né dal liquidatore del tribunale che ha preso in carico il complesso della società fallita) di un albero monumentale, ha chiesto che l’intero bosco, e non solo l’albero, e non solo un pezzetto, venga risparmiato dal cantiere.
La garanzia che il sindaco ha ricevuto da Iricav riguarda però solo il Liquidambar, cioè l’albero che secondo i Carabinieri forestali avrebbe (il condizionale è presente nella loro relazione ufficiale) le potenzialità per essere classificato come monumentale, ed eventualmente, ma è tutto da vedere, un pezzetto di bosco attorno.
È stata, quindi, avviata una procedura che prevede per legge un primo passaggio in Regione e, poi, uno, definitivo, al ministero dell’Ambiente e salvo clamorosi colpi di scena il Liquidambar, piantato dal proprietario della fabbrica nel 1924, potrebbe essere alla fine dichiarato ufficialmente monumentale e quindi non abbattibile.
Le caratteristiche per essere considerato monumentale e quindi non abbattibile secondo la legge 10 del 14 gennaio 2013 riguardano l’altezza, la circonferenza, la longevità, la rarità e il legame con particolari eventi storici (bastano tre di questi requisiti).
Considerando la circonferenza di 420 cm e l’altezza di circa 18-20 metri e l’età di 100 anni, il Liquidambar vicentino dovrebbe rientrare in questa categoria. Secondo quanto emerso dal dialogo tra Possamai e Iricav il futuro parco pubblico (che i vicentini vedranno forse tra una ventina d’anni) sarebbe quindi composto in parte dal giardino ripiantumato da Iricav (in proporzione 1 a 7, cioè 7 piante piantate per ogni albero abbattuto) e in parte da un pezzo dell’attuale bosco.
Il sindaco Possamai ha, inoltre, chiesto alla Regione di avere in breve tempo un piano delle nuove piantumazioni da portare avanti con i 108 mila euro che Iricav ha già messo a disposizione dell’Ente. Poco è invece stato detto, durante la conferenza stampa del 17 giugno post tavolo tecnico, sul bosco di Ca’ Alte in via Maganza, poco lontano da via Alessandro Rossi, sempre nel quartiere Ferrovieri di Vicenza, se non che è stato chiesto a Iricav di limitare gli abbattimenti alle zone di transito dei binari. In una mozione presentata il 13 giugno in consiglio comunale dai consiglieri di Coalizione Civica Sinistra e Verdi Mattia Pilan e Martina Corbetti, si chiedeva, oltre a quanto poi confermato dal sindaco Possamai, cioè di interagire con Iricav per salvare il Liquidambar e ridurre l’area di cantiere, di garantire che venga realizzato quanto previsto dal progetto, cioè di ripiantumare l’area di Ca’ Alte e destinarla ad uso parco pubblico, e di valutare la possibilità di esercitare il diritto di prelazione su «tutte le aree dismesse, sugli ex distributori di carburante e sulle ex aree industriali, che siano oggetto di alienazione e che possono contribuire alla rigenerazione urbana».
Considerando che tutta l’area dell’ex Lanerossi era privata e che quindi il Comune non aveva alcun potere decisionale, salvo un costoso esproprio, magari con l’aiuto della Provincia, il passaggio dell’alta velocità viene visto da parte dall’Amministrazione come il male minore: il progetto Tav ha infatti consentito che una parte dell’area tornasse, alla fine dei lavori, di proprietà pubblica, mentre, in alternativa, rimanendo al privato il Comune non avrebbe avuto voce in capitolo sull’utilizzo dell’area sulla quale sarebbe anche potuto sorgere, tanto per fare un esempio, un centro commerciale. L’esproprio di Iricav ha riguardato, come già detto, solo una parte dell’area, il resto, cioè sostanzialmente l’ex stabilimento, è stato acquisito all’asta per circa 500 mila euro da un aggiudicatario non pubblico. L’idea del Comune e della Provincia era di realizzare lì una nuova sede di Svt (società vicentina trasporti), dato che quella attuale di viale Milano verrà in parte abbattuta sempre per far posto alla Tav. Ma la Provincia, probabilmente per via di alcuni dubbi sulla fattibilità, tra cui i costi di riqualificazione e trasformazione dell’ex Pettinatura Lanerossi, ora fatiscente, non ha partecipato alla terza asta, dopo le prime due andate a vuoto. Così, alla fine, c’è stato un colpo di scena e una società di Milano si è aggiudicata il complesso.
Come ricordato anche nella succitata mozione di Pilan e Corbetti, l’attuale Piano degli Interventi prevede «la riconversione dell’ex Pettinatura Lanerossi a Zona residenziale assoggettata a PUA (Piano Urbanistico Attuativo) e la realizzazione di una nuova arteria stradale che si colleghi a sud con Viale dell’Industria e a nord con Viale S. Lazzaro». Tramontata l’idea della nuova sede Svt, l’ex fabbrica potrebbe quindi diventare in futuro un complesso residenziale, a ridosso del parco pubblico che sorgerà dopo la fine dei lavori per la Tav. Dopo 30 anni di “buco nero” ai Ferrovieri, questa potrebbe essere, tra 15-20 anni, la nuova vita di questa porzione di quartiere, che magari nel tempo passerà da essere popolare ad diventare “in”. Nel frattempo, però, rimane un presente grigio di dubbi per l’impatto ambientale del cantiere e per gli scontri e le mobilitazioni che riguardano questa zona.