BPVi. L’azione di (ir)responsabilità contro Zonin & c., puntata 19: Consorzio per lo sviluppo Industriale della Zona dell’Aussa Corno

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BPVi. L’azione di (ir)responsabilità contro Zonin & c., puntata 19
BPVi. L’azione di (ir)responsabilità contro Zonin & c., puntata 19

Proseguiamo nella pubblicazione a puntate di alcuni capitoli di “BPVi Risparmiatori ingannati. L’azione di (ir)responsabilità”, l’azione di responsabilità intentata “in forza di delibera assembleare del 13 dicembre 2016, nonché di delibera del Consiglio di Amministrazione in data 19 gennaio 2017…” dalla BPVi ora in Lca rappresentata e difesa dagli avv.ti Carlo Pavesi […], Stefano Verzoni […], Paolo Pecorella […], pur rischiando di non venderne le ultime copie disponibili, il cui incasso di certo non ci farebbe male dopo il pignoramento della Donazzan.

Qui potete trovare tutte le puntate, mentre in questa, la diciannovesima, è la volta delle operazioni creditizie con il gruppo Degennaro: Partecipazioni Investimenti Real Estate S.r.l.

N.B.

1 – L’atto completo è scaricabile a pagamento dalla sezione Documenti e Files Premium di Bankileaks.com col titolo Azione di responsabilita della BPVi contro Gianni Zonin c.

2 – per completezza di informazione è scaricabile sempre da Bankileaks.com e nella stessa sezione a pagamento la Citazione Gianni Zonin Contro BPVi Del 6 Dicembre 2016

3 – la stessa procedura via seguita per scaricare la Comparsa Di Costituzione E Risposta KPMG Per Azioni Di Responsabilità BPVi, 9 Maggio 2018

  1. LE CONDOTTE RILEVANTI

6.4.6.- Consorzio per lo sviluppo Industriale della Zona dell’Aussa Corno

Da ultimo, occorre sottolineare le anomalie che hanno contrassegnato il processo di erogazione del credito a favore del Consorzio per lo sviluppo Industriale della Zona dell’Aussa Corno (attualmente commissariato e recentemente passato alla ribalta delle cronache per le indagini penali che riguardano i suoi ex vertici).

In data 11 maggio 2010, il Comitato Esecutivo concedeva a tale società un finanziamento per un importo pari a 22,5 milioni di Euro, “a copertura del 100% della spesa per l’acquisto di area industrial, con garanzia ipotecaria su beni valutati Euro 29.770.000”, oltre a una linea di credito “a copertura IVA assistita da ipoteca di grado successivo sui medesimi beni immobili, più impegno alla cessione del relativo credito”, di 4,5 milioni di Euro, per un accordato complessivo di 27 milioni di Euro (cfr. ns. doc. 196, pag.3).

La Divisione crediti, “considerata la natura pubblica del Consorzio, le garanzie offerte e le prospettive di commercializzazione delle aree oggetto di iscrizione ipotecaria la cui concessione costituirà fonte per il rimborso anticipato del nostro intervento”, rilasciava parere favorevole alla delibera (cfr. ns. doc. 196, pag. 3).

In data 19 dicembre 2011, la Divisione Crediti accordava lo svincolo di alcuni lotti oggetto di ipoteca (valutati per 6,5 milioni di Euro), a fronte della riduzione del conto corrente ipotecario, così da consentire al Consorzio di procedere alla relativa vendita, il cui ricavato sarebbe stato in a parte destinato al rimborso del finanziamento (per 3,6 milioni di Euro) (cfr. ns. doc. 197). Tale vendita, tuttavia, non veniva perfezionata e, di conseguenza, in data 15 gennaio 2013, il Comitato Esecutivo: (i) ripristinava la linea di credito a 22,5 milioni di Euro (a fronte di un’integrazione della garanzia ipotecaria); (ii) prorogava di 12 mesi il periodo di preammortamento, per via del “particolare momento economico che non favori[va] la vendita delle aree” (cfr. ns. doc. 198, pag. 2).

In data 17 settembre 2013, ancora il Comitato Esecutivo, a fronte di una situazione finanziaria della prenditrice che “risultar[va] ancora non risolta”, accordava una moratoria di sei mesi della rata di preammortamento scaduta e non pagata a giugno 2012, “nelle more della definizione da parte della Regione degli interventi da attuare” (cfr. ns. doc. 199, pag. 2).

Una nuova moratoria (stavolta di un anno) veniva infine deliberata dal Consiglio di Amministrazione in data 22 luglio 2014, in quanto “presupposto necessario per la sostenibilità del piano triennale 2014-2016 che [sarebbe] stato sottoposto all’assemblea dei soci per il bilancio 2013 del 30/7/2014 redatto con i criteri di continuità” (cfr. ns. doc. 200, pag. 9).

Il 26 novembre 2015, la Banca revocava infine le linee di credito, e girava la posizione a sofferenza, stimando perdite, al 30 novembre 2016, per Euro 16.435.904, pari al danno azionato in questa sede.

Questa operazione è forse una dei casi più emblematici della “superficialità” per non dire altro, con cui la Banca portava avanti la politica creditizia nel settore immobiliare, oltretutto in anni in cui tale settore viveva una crisi conclamata.

Non si spiega diversamente la concessione di un finanziamento di oltre 20 milioni di Euro a un consorzio che si reggeva unicamente sulla leva finanziaria, ovvero sul ricevimento di contributi pubblici e per la quale, come si dava atto nello stesse parere fornito dalla Divisione Crediti, “la previsione di rimborso [era] principalmente correlata alla dismissione delle aree oggetto di ipoteca” (cfr. ns. doc. 196, pag. 2). Si consideri, a questo proposito, che da notizie di stampa risulta che gli stessi organi di controllo della società affidataria, al tempo della concessione del finanziamento avevano espresso dubbi perché si trattava di un investimento di importo rilevante che avrebbe dovuto essere opportunamente ponderato e valutato sulla base di un business plan di medio-lungo termine che permettesse di capire cosa si sarebbe potuto fare, in che tempi, con quali mezzi finanziari e con quali previsti ritorni economici. E gli organi della Banca, invece, hanno concesso il finanziamento senza alcuna evidenza dei ritorni della leva finanziaria, né della fattibilità del progetto, peraltro solo delineato nelle schede di fido in termini generalissimi.

Non solo, il finanziamento era espressamente motivato, come si è visto, per l’acquisto dell’area industriale (si trattava, dunque, più che di un’operazione di sviluppo, coerente con l’oggetto sociale del Consorzio pubblico, di un’operazione speculativa di acquisto e rivendita di un immobile, atteso che l’unica fonte di rimborso prevista era appunto tale vendita).

E nella relativa PEF si dava per di più atto che “il rogito notarile di compravendita [sarebbe stato] sottoscritto soltanto se [fosse stata] certificata l’avvenuta bonifica dell’area e quindi [se fosse stato] attestato che il compendio immobiliare [era] idoneo all’esercizio delle attività produttive e di servizi previste dal Regolamento Terreni (in fase di definizione)”. (ns. doc. 196, pag. 11).

Ciò nonostante il finanziamento veniva erogato. E veniva erogato subito e senza riserve, ancorché una sana e prudente gestione avrebbe imposto di attendere almeno una tale certificazione di avvenuta bonifica prima di versare il denaro al Consorzio. Il tutto, tra l’altro, per l’acquisto di un’area in un territorio che notoriamente (e certamente il dato era noto ai membri del Comitato, anch’essi parte di quel territorio) era uno dei più inquinati d’Italia.

E ciò, semplicemente sulla base di una perizia, solo richiamata nel testo della PEF, che chiunque con un minimo di avvedutezza avrebbe chiesto di vedere, a maggior ragione per un finanziamento tanto rilevante e tanto anomalo (stiamo parlando di un mutuo volto a perfezionare un acquisto condizionato al rilascio di una certificazione ambientale, in relazione alla quale nulla si spiegava né sulle concrete possibilità di ottenimento, né sui relativi tempi). E, infatti, la perizia in questione dava atto di queste difficoltà e del grave inquinamento dell’area e, soprattutto, diceva a chiare lettere che il valore lì indicato presupponeva il rilascio della suddetta certificazione (come, del resto, era facile immaginare solo leggendo la PEF). Dunque, anche la garanzia accessoria al finanziamento era nei fatti inconsistente.

Ma se rilievi possono sollevarsi con riferimento alla delibera dell’11 maggio 2010, a maggior ragione non trovano alcuna logica, in un’ottica di sana e prudente gestione, le delibere assunte, in date 17 settembre 2013 e 22 luglio 2014, rispettivamente da Comitato Esecutivo e Consiglio di Amministrazione, con le quali venivano accordate delle moratorie al Consorzio, nonostante quest’ultimo continuasse a non generare ricavi, a causa dello slittamento delle vendite delle aree oggetto di inter vento. Ciò che rendeva evidente che lo stesso non sarebbe stato in grado di portare a termine il progetto immobiliare finanziato dalla Banca.

Va da sé che il danno subito a causa di queste operazioni andrà imputato all’ex Direttore Generale e al suo Vice Direttore Generale, Paolo Marin, ai componenti del Consiglio di Amministrazione (in particolare quelli del Comitato Esecutivo) che hanno assunto le diverse delibere oggetto di censura, nonché ai Sindaci presenti in occasione di tali delibere e agli Amministratori non esecutivi che, preso atto delle decisioni del Comitato Esecutivo, banno omesso qualsiasi forma di controllo.