Dopo il pirotecnico tour de force della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche a pochi giorni dall’indizione dei comizi elettorali, sembrava che il tema, sempre caldo e spinoso nella sensibilità dei cittadini-elettori – anche quando non direttamente toccati, né parenti o amici delle centinaia di migliaia di vittime – fosse passato in secondo piano. Su Maria Elena Boschi, figura simbolo del presunto aiuto dato dal governo ai banchieri responsabili dei crac miliardari, o quanto meno della contiguità anche fisica di interessi in conflitto (quello dei banchieri appunto e quello della cosa pubblica da amministrare nell’interesse di tutti), si era già detto di tutto, anche se, nei tanti collegi dello stivale, da Bolzano a Ragusa, in cui l’ex ministra è candidata, ogni giorno c’è sempre qualcuno a ricordarglielo.
Le udienze preliminari sul fallimento delle due banche venete, cominciate a fine novembre (a Roma per Veneto Banca ma per i reati gestionali procede la procura di Treviso; a Vicenza per la BPVi) e in corso in queste settimane a ritmo serrato nel tentativo dei gup di far cominciare i – probabilissimi – rispettivi processi prima dell’estate, irrompono inevitabilmente nel clima elettorale.
Almeno due i fatti, nuovi o recentissimi, da tenere presenti. Una viene dall’attività inquirente della procura di Vicenza, l’altra dall’agenda elettorale.
La prima attiene alla formulazione di nuove accuse per gli ex vertici della banca vicentina e per essa stessa come persona giuridica in liquidazione. Chiuse le indagini preliminari, sono imminenti nuove richieste di rinvio a giudizio con imputazioni riguardanti l’ostacolo alla vigilanza da parte di Bankitalia, Consob e Bce quando era in corso l’ispezione del 2014. Gianni Zonin e gli altri imputati dovranno rispondere dei tanti atti che avrebbero compiuto, o omesso, in vista degli stress test, influenzando la Srep (supervisory review and evaluation process, ovvero il “processo di revisione e valutazione prudenziale”) con cui Bce ha fissato i livelli di capitale.
In particolare di aver nascosto agli ispettori, al lavoro, tra marzo e agosto 2014, per l’Asset quality review, le operazioni “baciate“, ovvero i finanziamenti concessi in cambio della sottoscrizione di capitale o di acquisto di prodotti finanziari derivati, e di aver mascherato il reale stato della banca. Secondo i pubblici ministeri Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori, Zonin e gli altri imputati avrebbero «occultato con mezzi fraudolenti, o omesso di comunicare l’esistenza di numerosi finanziamenti finalizzati all’acquisto azioni Bpvi… o l’esistenza di lettere con l’impegno al riacquisto». E poi avrebbero appresentato «ratios patrimoniali e ammontare del patrimonio di vigilanza superiore ai reali, per un importo complessivo di 886 milioni».
Banca Popolare di Vicenza, Emanuele Giustini e Samuele Sorato sono accusati anche di ostacolo alla vigilanza Consob sull’aumento di capitale 2014 in quanto avrebbero fornito assicurazioni false su vari elementi decisivi: per esempio che «la banca non avrebbe fatto raccomandazioni ai clienti per acquistare i titoli o che non c’erano finanziamenti per acquistare azioni».
La notizia accredita l’idea di un’attività inquirente svolta con attenzione e rigore da parte dei pm vicentini. Il che non guasta, soprattutto alla luce della scia di tante contaminazioni ambientali dell’era Zonin nelle stanze della Procura (tra fantasiose archiviazioni, vessazioni persecutorie contro i giudici dalla schiena dritta e incarichi del gruppo bancario all’ex procuratore, tra i tanti distribuiti in modo mirato) e della recente decisione del gup Roberto Venditti il quale, a differenza del suo omologo romano Lorenzo Ferri, ha negato la possibilità alle tante vittime del dissesto di citare quale responsabile civile Banca Intesa Sanpaolo, subentrata, alla cifra complessiva di un euro, sia a Veneto Banca (dei cui danni prodotti può essere chiamata a rispondere) che alla BpVi (dalle cui responsabilità invece è tenuta estranea).
Che il gup vicentino abbia sbagliato ne siamo fermamente convinti per le ragioni illustrate in un nostro precedente articolo, sicché su di esse non torniamo, se non per rilevare la singolarità della situazione per cui mentre Intesa San Paolo, dopo avere acquistato al prezzo di cinquanta centesimi di euro la BpVi, non risponde del suo operato gestionale e fraudolento in danno di centinaia di migliaia di persone incolpevoli, 18 miliardi di crediti “deteriorati” prodotti dalle gestioni di BpVi e Veneto Banca saranno reclamati dalla Sga, partecipata dallo Stato, alla quale Banca Intesa li ha lasciati.
E così, idealmente, tanti vicentini “truffati”, sanno di non potere far nulla contro chi oggi possiede la banca che li ha messi sul lastrico, ma nello stesso momento potranno osservare i cessionari della stessa banca in azione per far recuperare dalla Sga quella montagna di danaro la cui perdita è la causa della loro rovina.
La seconda notizia sulla quale vogliamo soffermarci viene dall’agenda elettorale la quale ci segnala una sorta di “Boschi” di fede, e osservanza, berlusconiana. Finora meno nota perché è la candidatura a proiettarla nello scenario critico in cui si colloca, ma i cittadini e gli attivisti politici che seguono, in chiave “bancaria”, ogni mossa elettorale del sottosegretario alla presidenza del Consiglio o che vanno a Montebello dinanzi alla casa di Zonin a manifestare, potrebbero trovare interessante il prodursi in un impegno analogo a Milano, nel collegio elettorale uninominale di Cristina Rosello, candidata di Forza Italia.
Nel tratteggiarne il profilo nelle liste, i quotidiani ne “avvistarono” solo l’attività di avvocato difensore dell’ex cavaliere Silvio Berlusconi nella causa civile contro Veronica Lario, anche se il suo curriculum è molto più pesante e ingombrante. Tralasciando tutti gli incarichi che rimandano alla galassia di Mediobanca, scrigno di una grande fetta del potere finanziario meneghino e nazionale, e ad un fittissimo reticolo di relazioni di potere che ne ha fatto, per esempio, la custode dei segreti di finanzieri come Ligresti, l’aspirante senatrice è stata vice presidente di Veneto Banca, dopo essere stata membro esecutivo del consiglio d’amministrazione e presidente del Comitato controllo e rischi dell’istituto. Proprio per la sua attività di gestione della Banca di Montebelluna, Rosello è stata sanzionata dalla Consob.
Insomma, non proprio una Boschi, visto che comincia adesso il suo impegno politico, e neanche nel senso di “figlia di”, bensì lei stessa con le mani in pasta in quel maneggio tentacolare che, a Vicenza come a Treviso (per limitarci al Veneto) ha sottratto – questo è l’effetto complessivo, al di là delle responsabilità penali che sono personali, ancora tutte da accertare – decine di miliardi a qualche centinaio di migliaia di piccoli risparmiatori, soprattutto locali, per beneficiare una “cricca” di furbi, scrocconi e delinquenti quasi sempre “colletti bianchi” dai conti milionari.
Insomma, per molti aspetti, sicuramente non marginali, le elezioni politiche per la diciottesima legislatura repubblicana si presentano come un gigantesco “derivato” di quel fiume maleodorante di ruberie, truffe, imbrogli, raggiri, tossine e veleni che è stata, nel primo e secondo decennio di questo secolo, la gestione di diverse banche tra le quali le due venete che, fino a poco tempo prima, erano nella top ten nazionale.