BPVi. L’azione di (ir)responsabilità contro Zonin & c., decima puntata: le carenze nel processo di erogazione del credito

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Puntata n. 10 BPVi. Azione di responsabilità
Puntata n. 10 BPVi. Azione di responsabilità

Come noto abbiamo deciso di pubblicare a puntate “BPVi Risparmiatori ingannati. L’azione di (ir)responsabilità” pur rischiando di non venderne le ultime copie disponibili, il cui incasso di certo non ci farebbe male dopo il pignoramento della Donazzan.

Dopo la dedica ai giudici della prima puntata, i ringraziamenti di rito e la presentazione del lavoro della seconda puntata, l’indice e le premesse dell’atto della terza puntata e dopo, nella quarta puntata, la prima parte della indicazione dei soggetti del giudizio a partire da Gianni Zonin, indicato nell’azione come il “dominus”, nella quinta la seconda dedicata ai consiglieri del cda nel periodo interessato, nella sesta la parte del direttore generale Samuele Sorato, nella settima, il coinvolgimento del collegio sindacale, e nell’ottava puntata gli emolumenti dei vertici della fu BPVi, nella nona abbiamo iniziato a riferire di quelli che per i legali della BPVi in Lca sono i crediti concessi a go go fino a generare sofferenze, il vero motivo del crac, per circa 10 miliari di euro, e oggi, nella decima puntata, riferiamo, per bocca dei legali della BPVi in Lca, delle “carenze nel processo di erogazione del credito”. (qui la sequenza delle varie puntate).

N.B.

1 – L’atto completo è scaricabile a pagamento dalla sezione Documenti e Files Premium di Bankileaks.com col titolo Azione di responsabilita della BPVi contro Gianni Zonin c.

2 – per completezza di informazione è scaricabile sempre da Bankileaks.com e nella stessa sezione a pagamento la Citazione Gianni Zonin Contro BPVi Del 6 Dicembre 2016

3 – la stessa procedura via seguita per scaricare la Comparsa Di Costituzione E Risposta KPMG Per Azioni Di Responsabilità BPVi, 9 Maggio 2018

  1. LE CONDOTTE RILEVANTI

2.- Le carenze nel processo di erogazione del credito

Prima di analizzare, nello specifico, alcune delle operazioni creditizie oggetto di censura, occorre distinguere tra le operazioni interessate dal fenomeno del capitale finanziato e quelle di (ordinaria) attività creditizia della Banca.

Le prime, infatti, si contraddistinguono per il fatto che, a fronte del progressivo (e peraltro consistente) incremento degli affidamenti, gli organi deliberanti della Banca (Consiglio di Amministrazione, Comitato Esecutivo e Comitato Fidi) non solo non valutavano la situazione patrimoniale e reddituale dei prenditori, ma si astenevano altresì dal richiede­ re, a supporto della concessione, garanzie di sorta.

Le operazioni creditizie al di fuori del perimetro del capitale finanziato, invece, sono caratterizzate da un’inadeguata valutazione del rischio di credito, il quale avrebbe dovuto fondarsi principalmente – ma così non è stato – sulla determinazione della capacità di rimborso del debitore nel corso del rapporto o al termine di esso. Dove l’elemento fondamentale di tale valutazione è costituito dalla proiezione degli equilibri finanziari che caratterizzano l’impresa richiedente, essendo pacifico che la presenza o meno di garanzie collaterali non assorbe tali verifiche, ma può al limite modificare le conseguenze del manifestarsi del rischio (tanto più quando si tratti, come è stato nella maggioranza dei casi, di aree ancora da edificare o di immobili industriali). 

Tali principi, peraltro, trovano conferma nel Manuale del Credito adottato dalla Banca laddove veniva stabilito che:

La valutazione del rischio [doveva] essere sempre improntata alla prudenza;

Nella fase istruttoria del credito [andava] acquisita a cura del proponente, tutta la documentazione necessaria per effettuare un’adeguata valutazione del merito creditizio del prenditore, nonché per accertare l’autonoma capacità di restituzione della controparte, avendo sempre le garanzie offerte natura di accessorietà (giuridica) e sussidiarietà (economica);

La garanzia [era] da intendersi come copertura economica aggiuntiva, ritirata a salvaguardia del rischio di inadempienza ed è quindi uno strumento che si affianca sussidiariamente alla solvibilità del debitore principale. (cfr. ns. doc. 128).

Il totale disinteresse per le regole di condotta surrichiamate si rifletteva, ovviamente, sullo scarso grado di dettaglio delle istruttorie che precedevano la concessione e/o il rinnovo degli affidamenti. Istruttorie spesso contraddistinte da generiche valutazioni sulle potenzialità prospettiche della prenditrice e che spesso erano focalizzate, più che sulla società beneficiaria del finanziamento, sul gruppo di appartenenza.

Tali criticità si inserivano in un quadro procedurale contrassegnato da gravi carenze, come rilevato da BCE nel finding n. 24: “Le funzioni creditizie di BPVi [erano] coinvolte nella fase di concessione (esse presentano una proposta di fido, soggetta ad approvazione o diniego da parte della filiazione; ma non nelle fasi di classificazione e “impairment” e in cui non si richiede[va] al Risk Manager né una valutazione periodica del collaterale del p/t attivi né il calcolo del rischio di controparte generato dai p/t passivi, nonostante la presenza di attività ‘non eligible’ emesse da talune controparti’’ (cfr. ns. doc. 43, pag. 29 e ns doc. 34).

Ora, per le operazioni che di seguito analizzeremo sono riscontrabili non solo profili di responsabilità in capo ai soggetti che, a turno, hanno deliberato (il Consiglio di Amministrazione, il Comitato Esecutivo o il Comitato Fidi) tali affidamenti, ma anche in capo a quei soggetti che, ai sensi di quanto previsto nel Regolamento di Gestione del Credito, erano obbligati “a segnalare qualsiasi situazione o informazione che po[tesse] pregiudicare il regolare rimborso del credito accordato, dando tempestiva segnalazione al gestore e/o agli organi preposti alla gestione e/o al controllo del credito” (cfr. ns. doc. 129).

Naturale riferirsi al Direttore Generale, che, nell’impianto normativo interno, oltre ad avere poteri deliberativi in materia di erogazione del credito (entro determinate soglie di valore), aveva tra le proprie funzioni quella dell’«esame preventivo di tutte le pratiche che vengono sottoposte all’esame del Consiglio di Amministrazione e del Comitato Esecutivo».

Così come è inevitabile riferirsi alla Divisione Crediti e a chi l’ha condotta, ratione temporis, nel periodo in cui si collocano le operazioni oggetto di censura, vale a dire il vice Direttore, Paolo Marin. Tale divisione aveva, inter alia, la funzione di “verificare la regolarità dell’iter di delibera delle concessioni di credito, nei limiti delle facoltà delegate, avvalendosi dell’attività delle strutture preposte dipendenti dalla Divisione”, nonché quella di “presentare le proposte di finanziamento di competenza degli organi superiori avvalendosi dell’attività della U.O. Analisi, anche alla luce dell’andamento del Gruppo e del settore economico d’appartenenza” (cfr. ns. doc. 82, pag. 3).

Ovviamente, attesa la dimensione degli illeciti, non possono andare esenti da responsabilità gli organi preposti a valutare e vigilare sul regolare andamento della gestione e, quindi, sul rispetto dei canoni di corretta amministrazione nella conduzione del comparto creditizio.

In questi termini, saranno responsabili i Sindaci, nonché, per l’ipotesi di affidamenti deliberati dal Comitato Esecutivo, gli stessi Amministratori non esecutivi, che, in sede consiliare, a norma dell’art. 40, decimo comma, dello Statuto, erano puntualmente notiziati delle decisioni del Comitato, con i relativi verbali che venivano inseriti agli atti di ciascuna seduta.

Effettuate tali considerazioni – che consentono di individuare le precise responsabilità imputabili ai gestori di BPVi, con riferimento agli ingenti danni derivanti dalle anomalie nel comparto dei crediti – passiamo ora a esaminare le più significative operazioni oggetto di censura richiamando qui, per tutte le altre, quanto più ampiamente evidenziato nel documento predisposto da EY (cfr. ns. doc. 79), con riserva di sviluppare nel corso del giudizio alcune di tali posizioni.