Proseguiamo nella pubblicazione a puntate di alcuni capitoli di “BPVi Risparmiatori ingannati. L’azione di (ir)responsabilità” (qui le ultime copie disponibili), l’azione di responsabilità intentata “in forza di delibera assembleare del 13 dicembre 2016, nonché di delibera del Consiglio di Amministrazione in data 19 gennaio 2017…” dalla BPVi ora in Lca rappresentata e difesa dagli avv.ti Carlo Pavesi […], Stefano Verzoni […], Paolo Pecorella […].
Qui potete trovare tutte le puntate, mentre in questa, la ventunesima, prosegue l’ultiimo e fondamentale capitolo, quello specifico sui danni (dopo il pregiudizio economico quello reputazionale, ndr), fermo restando che l’atto completo è scaricabile a pagamento dalla sezione Documenti e Files Premium di Bankileaks.com col titolo Azione di responsabilita della BPVi contro Gianni Zonin c., per completezza di informazione è scaricabile sempre da Bankileaks.com e nella stessa sezione a pagamento la Citazione Gianni Zonin Contro BPVi Del 6 Dicembre 2016, e che la stessa procedura va seguita per scaricare la Comparsa Di Costituzione E Risposta KPMG Per Azioni Di Responsabilità BPVi, 9 Maggio 2018
VII.- IL DANNO SUBITO DALLA BANCA E I SOGGETTI RESPONSABILI
1.- Il pregiudizio economico
…
1.2.- Segue: il danno reputazionale (sotto forma di perdita della raccolta, di perdita della base di clientela e di incremento del costo del capitale)
Accanto alle summenzionate voci di danno, è quasi superfluo osservare quanto la mala gestio, di cui i precedenti vertici aziendali (Consiglio, Collegio Sindacale, membri della Direzione Generale) si sono resi responsabili, abbia compromesso BPVi sul piano dell’immagine e della reputazione.
Al riguardo, è indubbio che gli illeciti supra illustrati sono la causa dell’enorme – per la dimensione e la profondità del vulnus arrecato – pregiudizio reputazionale subito dalla Banca.
Un danno, questo, tangibile e irreparabile, che costituisce, per certi versi, la conseguenza più drammatica tra tutte quelle sin qui considerate, se solo si pone mente alla gravità dei comportamenti posti in essere dai precedenti vertici aziendali e alla platea dei soggetti che, a vario titolo, hanno avuto rapporti con la Banca – i clienti, gli altri istituti di credito, gli operatori del settore.
Un danno amplificato dalla risonanza mediatica della vicenda, dimostrata dall’ampia rassegna stampa dell’ultimo anno e mezzo, dalla quale emerge che tutti gli organi di informazione hanno dato risalto al “crack Banca Popolare di Vicenza”, quasi quotidianamente a partire dai primi mesi del 2015, allorquando sono emerse le prime indiscrezioni di stampa sulle indagini condotte dalla BCE. Con un’attenzione costante, che continua tuttora e che è altresì sfociata nella costituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta (cfr. ns. doc. 3).
In un simile scenario, la Banca ha visto polverizzarsi la quasi totalità del proprio avviamento commerciale, come testimonia il crollo della raccolta, ridottasi, a partire dall’emersione dei fatti oggetto della presente azione di responsabilità, del 27,5% nel periodo intercorrente tra il 30 giugno 2015 e il 30 giugno 2016.
Ci si riserva, a questo riguardo, una più puntuale quantificazione in corso di causa (eventualmente facendo ricorso altresì a una Consulenza Tecnica d’Ufficio). Resta il fatto che si tratta di danni che dovranno essere risarciti da tutti quei convenuti che, avendo rivestito la carica per un periodo significativo nell’arco temporale tra l’agosto 2011 e il maggio 2015, hanno contribuito a generare la situazione di gravissima crisi in cui versa oggi la Banca.
Sul versante del ‘crollo della raccolta’, del resto, è intuitivo (oltre che accreditato dalla più autorevole dottrina economica) che i risparmiatori, sebbene consapevoli che i soldi depositati in conto corrente sono solo un credito verso il debitore banca, ritengono quei soldi una misura della propria capacità di spesa (potere di acquisto) sulla fiducia che il debitore banca sarà sempre adempiente. Se questa fiducia è minata dal comportamento degli amministratori, l’esodo dei clienti è una conseguenza quasi naturale, un modo per esercitare sugli amministratori la disciplina del mercato.
Questo patrimonio, nel caso di BPVi, è stato disperso per responsabilità di molti convenuti e serviranno, ove la Banca riesca in effetti a superare questa fase critica, anni, se non decenni, per poterlo recuperare (276 nell’originale, ndr).
Aggiungiamo che esistono tecniche ormai accreditate – anche sul piano scientifico – per stimare, pur con le approssimazioni di un giudizio comunque in parte prognostico, gli impatti economici di tale pregiudizio e a esse, nel prosieguo di questo giudizio, ci riserviamo di far ricorso, anticipando sin d’ora un riferimento al dato “assai empirico, ma pressoché infallibile” che, sul versante valutativo, meglio esprime questo fenomeno di deterioramento dell’immagine e della reputazione della Banca: si tratta della raccolta diretta, ridottasi (rectius, crollata) – una volta emersi i fatti contestati con la presente azione – dal 30 giugno 2015 al 30 giugno 2016 di circa Euro 7,6 miliardi (-27,5%), passando da Euro 27,646 miliardi a Euro 20,029 miliardi e per fronteggiare il quale BPVi ha dovuto ricorrere a forme di raccolta differenti, principalmente da altri istituti di credito.
L’ammontare della raccolta persa a causa del vulnus reputazionale non è stata più recuperato, neppure dopo l’aumento di capitale sottoscritto dal Fondo Atlante, perché ovviamente la clientela che ha lasciato la Banca non è ritornata; infatti, al 31 dicembre 2016 la raccolta diretta da clientela è ulteriormente diminuita e pari a Euro 18,794 miliardi (- Euro 1,235 miliardi rispetto al 30 giugno 2016 (cfr. ns. doc. 30).
Sulla base dei dati elaborati da Banca d’Italia per l’intero sistema, nel periodo 2012 – 2015, il differenziale medio tra il costo dei debiti verso banche e il costo dei debiti verso clienti è di circa 0,4% (277 nell’originale, ndr).
Applicando al caso di BPVi questo maggior costo percentuale, si può stimare che, sino alla data odierna, la Banca ha subito un danno di Euro 55,9 milioni solo per il maggior onere della raccolta.
Inoltre, va da sé che i clienti che hanno trasferito i depositi hanno naturalmente trasferito anche i propri titoli e prodotti di risparmi. E infatti, dal 30 giugno 2015 al 30 giugno 2016, anche la raccolta indiretta della Banca ha subìto un calo pari a circa Euro 2,9 miliardi (di cui Euro 1,4 miliardi di raccolta amministrata, Euro 1,2 miliardi di risparmio gestito e Euro 0,3 miliardi di raccolta previdenziale), che non è stato recuperato successivamente all’aumento di capitale (al 31 dicembre 2016 la raccolta indiretta era pari a Euro 11,5 miliardi, con una riduzione di Euro 0,8 miliardi rispetto al 30 giugno 2016).
Sulla base dei dati della Banca, la redditività della raccolta indiretta è pari a circa lo 0,07% nel caso della raccolta amministrata, allo 0,65% nel caso del risparmio gestito (esclusa la componente legata alle raccolta previdenziale) e allo 0,45% nel caso della raccolta previdenziale.
Gli anzidetti valori, applicati alla riduzione di raccolta, generano sino alla data odierna minori incassi di commissioni per circa Euro 19,2 milioni.
Oltre a queste grandezze di danno misurate sino alla data odierna, sulla base della perdita di raccolta diretta e indiretta occorsa tra il 30 giugno 2015 e il 30 giugno 2016, occorre considerare che, in via più generale, il vulnus reputazionale della Banca ha comportato una perdita della base di clientela che può ritenersi un fenomeno, se non irreversibile, destinato a produrre effetti molto prolungati nel tempo: come dimostrato nella teoria economica e nell’osservazione empirica, le conseguenze della perdita di fiducia e di affidabilità tendono infatti a restare stabili nel tempo e molto difficilmente vengono recuperate, se non nel lunghissimo periodo e grazie a fattori (capacità del nuovo management o ripristino di condizioni di assoluta stabilità dell’intermediario, cui non contribuisce certo chi ha provocato il vulnus reputazionale).
Oltretutto, la stabilità degli effetti nel tempo della perdita di base di clientela è nel caso di BPVi particolarmente accentuata in considerazione vuoi della risonanza delle vicende oggetto del presente giudizio e della gravità delle condotte contestate (ciò che è destinato ad accompagnare il futuro della Banca per un tempo particolarmente lungo: BPVi sarà, purtroppo, ricordata nel tempo per gli eventi di cui discorriamo, e non già per il suo passato creditizio), vuoi (soprattutto) del particolare legame che esisteva tra la Banca e la propria clientela. Un universo di imprenditori (medi, piccoli e grandi), artigiani, agricoltori, famiglie e pensionati legati dall’appartenenza a un comune territorio, fortemente identificato con la Banca, e in molti casi anche soci dell’Istituto. Una clientela che ha vissuto le vicende in oggetto come l’espressione di un vero tradimento (come, purtroppo, testimoniano alcuni tragici episodi che, per rispetto e pudore, non si è voluto affrontare né ricordare in questo atto) che ben difficilmente potrà essere rimediato o sanato.
Per quantificare questa componente di danno, diversa e ulteriore rispetto quella rappresentata dagli effetti economici della contrazione della raccolta da giugno 2015 a giugno 2016, occorre, anche nel contesto di un giudizio equitativo orientato a ragionevolezza, identificare delle grandezze di riferimento che siano effettivamente in grado, quando proiettate nel tempo, di esprimere compiutamente il pregiudizio subito dalla Banca.
Al riguardo, una grandezza che può essere utilizzata, quale ragionevole metro di misurazione della contrazione di base di clientela e da utilizzare quindi per orientare il calcolo del pregiudizio sofferto dalla Banca nella sua dimensione temporale, è il cosiddetto “prodotto bancario”, che rappresenta la somma tra la raccolta totale della banca e gli impieghi per cassa verso la clientela e che nel caso di BPVi tra il 30 giugno 2015 ed il 31 dicembre 2016 ha subìto una contrazione di Euro 16,8 miliardi passando da Euro 69,7 miliardi a Euro 52,9 miliardi (- 24%.).
Per la misurazione della perdita economica connessa alla citata contrazione di base di clientela si può prendere a riferimento, quale ragionevole metro di confronto, la redditività media degli attivi (RGA) di banche comparabili a BPVi (nel caso, si è fatto riferimento a due istituti che, per natura, dimensioni e diffusione territoriale presentano punti di contatto con BPVi: la Banca Popolare di Sondrio e la Banca Popolare dell’Emilia Romagna), che presentavano entrambe nel 2015 una redditività media degli attivi pari allo 0,36% all’anno. Applicando questo dato, alla contrazione del prodotto bancario (come visto pari a Euro 16,8 miliardi) si può misurare una riduzione dei ricavi pari a circa Euro 60,4 milioni.
La proiezione di questo dato su un orizzonte temporale infinito, coerentemente con la stabilità degli effetti della perdita di clientela, conduce alla quantificazione di un danno di circa Euro 670 milioni, che costituisce, ad avviso dell’esponente, una stima conservativa ma attendibile del complessivo pregiudizio arrecato in chiave prospettica alla Banca, cui dovranno sommarsi interessi e altri accessori.
In aggiunta a quanto precede, anticipiamo che nel corso del giudizio, con l’assistenza di esperti della materia, forniremo anche gli elementi del calcolo dell’ulteriore voce di danno, conseguenza diretta e immediata del vulnus reputazionale, sofferto da BPVi e che si identifica con l’incremento del ‘costo del capitale’ (278 nell’originale, ndr). Questo profilo di danno costituisce – dal punto di vista economico – con ogni probabilità il costo più elevato che la Banca ha dovuto sopportare a causa delle violazioni addebitabili ai convenuti e al crollo della reputazione della Banca e pesa, in termini monetari, addirittura più del danno derivante dalla flessione della raccolta. Anche questa, rilevante, componente di pregiudizio dovrà essere risarcita dai convenuti nella misura che, anche alla luce delle difese dei convenuti, ci riserviamo in prosieguo di quantificare.