Di seguito l’interrogazione parlamentare sul caso presentata il 19 febbraio 2019 al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri della giustizia, dell’interno e dell’economia e delle finanze firmata da Lannutti, Di Nicola , Paragone, Morra, Pesco, Giarrusso, Airola, Leone, Abate, Botto, Accoto, Dell’olio, Croatti, Pirro, Gallicchio, Corrado, Lomuti, Lanzi, Sileri, Fenu, Dessi’, Nocerino, Drago, Di Piazza
Premesso che:
Il crac delle banche venete, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, ha prodotto una voragine di 18,9 miliardi di euro per 210.000 azionisti (120.000 BpVi, 90.000 Veneto Banca) tra azzeramento del valore delle azioni (10 miliardi), perdite di bilancio per 4 miliardi, aumenti di capitale per 4,9 miliardi di euro; senza contare l’intervento del “Fondo Atlante” ed in ultimo dello Stato, costretto ad elargire 5 miliardi di euro cash e 12 di garanzie pubbliche a Banca Intesa, per avere acquistato le due banche venete al valore simbolico di un euro;
a giudizio degli interpellanti il crac si sarebbe potuto evitare seguendo l’ordinaria diligenza e vigilanza da parte di autorità preposte ai controlli;
tra le prime denunce contro la BpVi per il valore gonfiato delle azioni illiquide, arrivate a 62,50 euro cadauna, ed i metodi estorsivi per diventare azionisti con “prestiti-baciati” (ossia venivano negati fidi, mutui o prestiti se non si acquistavano le azioni), quella di Adusbef, che il 18 marzo 2008 depositava un esposto alla Procura di Vicenza, la cui denuncia, secondo quanto riferito da un ex agente dei servizi (come è documentato nell’atto di sindacato ispettivo 2-00005 del 26 giugno 2018), era in bella evidenza sulla scrivania del presidente BpVi Giovanni Zonin, due giorni dopo;
considerato che:
scrive il direttore di “VicenzaPiù” Giovanni Coviello il 13 febbraio 2019: “Allucinante ma ancora più allucinante sarà se i colleghi, gli organi ufficiali dei giornalisti, i politici e i cittadini tutti non interverranno con decisione e senza ipocrisie di maniera. Noi pubblicheremo subito questo testo col titolo “Caso BPVi Servizi segreti, intercettazioni a go go dei giornalisti Nicola Borzi e Francesco Bonazzi: pessimi… Servizi per il Paese”. E voi cosa farete per Borzi, Bonazzi e la libertà di informare ed essere informati?»;
prosegue l’articolo intitolato “Caso BPVi – Intelligence, intercettati a go go giornalisti Borzi e Bonazzi e parlamentari, solo del M5S: pessimi… Servizi per il Paese” «Non mi fa alcun piacere scoprire – scrive sul suo profilo Facebook il collega Nicola Borzi che solo pochi giorni fa ci ha affidato un suo preoccupante memoriale -, che nell’indagine a mio carico per rivelazione di segreto di Stato per i miei articoli sui conti dei servizi segreti alla Banca Popolare di Vicenza (BpVi) Banca Nuova, oltre a migliaia di mie email, sono state esaminate tutte le telefonate (le hanno contate: 5.412, di cui 2.553 in ingresso e 2.859 in uscita) e gli sms (2.589, di cui 1.570 in ingresso e 1.109 in uscita), ma anche gli squilli (426, di cui 186 in ingresso e 240 in uscita) che ho scambiato sul mio cellulare aziendale e tramite la mia e-mail aziendale tra il primo ottobre e il 22 novembre 2017. (…) Non solo hanno contato sms e telefonate – prosegue, quindi, il collega Nicola Borzi – tra me e Francesco Bonazzi de La Verità. Hanno soprattutto censito contato monitorato le comunicazioni e persino gli spostamenti di un sacco di gente che non c’entrava niente: giornalisti, assistenti parlamentari, sindacalisti, presidenti di associazioni di risparmiatori. (…) Hanno contato quante telefonate e quanti sms sono intercorsi dai numeri di giornalisti di altre testate con me e Bonazzi. Così hanno censito il traffico telefonico tra me, Bonazzi e due colleghi de Il Fatto Quotidiano, una di Repubblica (collega che stava pure nell’Ordine nazionale dei giornalisti e nel nostro istituto di previdenza Inpgi), ma pure le telefonate che io e Bonazzi abbiamo ricevuto (una a testa) da assistenti di parlamentari del Movimento 5 Stelle, da sindacalisti, da Elio Lannutti che all’epoca dei fatti era presidente dell’associazione dei risparmiatori e consumatori Adusbef e oggi è senatore di M5S. Chissà perché hanno censito solo i contatti con M5S e non quelli con altre forze politiche… (…) Ma non basta – aggiunge Nicola Borzi: hanno pure incrociato le posizioni dei telefoni cellulari mio e di Bonazzi, attraverso le cellule dei ripetitori ai quali erano agganciate momento per momento, e hanno controllato se nei paraggi c’erano altri giornalisti, magari per verificare se li avessimo incontrati. Così hanno trovato colleghi de La Stampa e di Giornalisti editori associati Gea. Hanno poi censito ed esaminato le mie email di lavoro al mio direttore dell’epoca Guido Gentili e ad altri colleghi de Il Sole 24 Ore. Tutti colleghi, tutta gente che non c’entra niente – denuncia Borzi – con questa indagine e alla quale io non ho mai né mostrato né comunicato i contenuti dei miei articoli né, meno che mai, l’unica copia dei documenti sui quali li ho scritti. (…) Infine (…) hanno pure censito le telefonate tra me e il padre di mia moglie…Il tutto è negli atti depositati dalla Procura di Roma che mi sono stati trasmessi oggi dal mio legale. Per i miei articoli rischio cinque anni di galera. Adesso io – conclude Nicola Borzi – chiedo alla Fnsi, all’Associazione lombarda dei giornalisti Alg, ad Assostamparomana, all’Ordine nazionale dei giornalisti Odg e a quello regionale della Lombardia, all’Inpgi, ad Articolo 21 e a Ossigeno per l’informazione, ai miei colleghi e al Comitato di redazione de Il Sole 24 Ore: dov’è finita la libertà di stampa sancita dalla Costituzione? Dov’è finita la tutela delle fonti dei giornalisti la cui segretezza è ribadita da sentenze di Cassazione, della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia Ue?“,
si chiede di sapere:
se il Governo, che ha pur stanziato oltre 1,5 miliardi di euro nel triennio per risarcire le vittime del “risparmio tradito”, non abbia il dovere di accertare tutte le responsabilità di crac e dissesti risalendo agli artefici, alcuni sotto processo, e ai complici, anche con l’inasprimento delle sanzioni penali a carico dei bancarottieri ed i contigui vigilanti;
se negli atti depositati dalla Procura di Roma notificati il 13 febbraio 2019 a Nicola Borzi (presumibilmente anche a Francesco Bonazzi) risulti che siano stati censiti esclusivamente i contatti relativi a politici del M5S, non quelli relativi ad altre forze politiche, e se tale comportamento non debba essere accertato e sanzionato;
se non ritenga grave la descritta violazione palese del diritto alla libertà di stampa sancita dalla Costituzione, alla tutela delle fonti dei giornalisti ribadita da sentenze di Cassazione, della Consulta e della Corte di giustizia dell’Unione europea, principi invalicabili che diventano carta straccia quando le inchieste vanno ad individuare “santuari intoccabili” e “sepolcri imbiancati”;
se non ritenga opportuno attivare le procedure ispettive e conoscitive previste dall’ordinamento.