Banche fallite o in liquidazione, via il segreto dai documenti della Banca d’Italia. Con la sentenza di venerdì scorso della Corte di Giustizia della Ue, si apre una crepa nel segreto professionale della Vigilanza, maggiore possibilità quindi di informazione per i risparmiatori ex azionisti coinvolti dai crac di Banca Popolare Vicenza e Veneto Banca. Per la Corte europea non c’è ragione di opporre un vincolo di riservatezza da parte dell’Autorità di vigilanza davanti alla richiesta di accesso presentata dal correntista di una banca posta in liquidazione.Una sentenza che riguarda due cause, una in Lussemburgo per il caso Madoff (il re americano delle frodi finanziarie) e l’altra intentata da un titolare italiano di un conto corrente presso la Banca Network Investimenti dopo l’avvio della liquidazione coatta amministrativa nel 2012. Il correntista ricevette solo un rimborso parziale dal fondo interbancario di tutela dei depositi e chiese alla Banca d’Italia l’accesso ad alcuni documenti per valutare l’opportunità di instaurare una causa di risarcimento. L’accesso agli atti gli era stato in parte negato dalla Banca d’Italia in ragione del segreto professionale per finalità di vigilanza.
CASO Banca Network Investimenti
Il Tar del Lazio, nel 2015, respinse la domanda del correntista. Poi l’impugnazione davanti al Consiglio di Stato che, a sua volta, ha chiamato in causa la Corte con sede in Lussemburgo. L’Avvocato generale della Ue, nelle sue conclusioni poi accolte dalla Corte, aveva rilevato come «in una fattispecie come quella in esame, non si vede come si possa dare l’immunità degli enti creditizi e potenzialmente delle stesse autorità di vigilanza, da ricorsi proposti da una parte lesa che sostiene di aver subito un danno per effetto di una presunta cattiva amministrazione dell’ente creditizio e/o del malfunzionamento del sistema di vigilanza prudenziale».
Di conseguenza non c’è ragione «di suggerire che un meccanismo limitato di divulgazione, disponibile solo in caso di fallimento o di liquidazione e sotto il controllo dell’autorità di vigilanza e dei giudici competenti, metterebbe necessariamente a repentaglio il corretto funzionamento del sistema di vigilanza prudenziale, nel senso che comprometterebbe la trasmissione di informazioni riservate dalle entità controllate all’autorità di vigilanza».
NON SERVE LA CAUSA
E quanto ai procedimenti civili o commerciali, non serve che siano in corso, basta che siano potenziali. È necessario, però, che il richiedente sia un soggetto direttamente danneggiato dal fallimento o dalla liquidazione coatta della banca (un investitore, un cliente o un dipendente).
L’avvocato Renato Bertelle, che difende decine di ex soci azionisti di BpVi e Veneto Banca, saluta con favore la sentenza: «È un passo avanti, potrebbe aiutare nelle cause anche contro Banca d’Italia intentante dai miei clienti per i crac Popolare Vicenza e Veneto Banca». Più cauto il commento di uno dei pm dell’inchiesta su BpVi, Luigi Salvadori: «I documenti liberati dal vincolo della segretezza sono difficilmente utilizzabili dai correntisti/risparmiatori danneggiati. Ciò non toglie che ogni decisione che porta a maggiore trasparenza va salutata con estremo favore».
di Maurizio Crema, da Il Gazzettino
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