Nella prossimità del “Giorno della Memoria”, il 21 gennaio, con la partecipazione, tra i tanti, del Presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, è stata inaugurata a Palazzo della Regione a Milano la Mostra sulla Brigata Ebraica, l’occasione per il “ritorno” di Piero Cividalli. La mostra è aperta fino il 14 febbraio, presso la Sede del Consiglio Regionale, l’ingresso è libero, dal lunedì al giovedì 9:30-13:00 e 14:15-17:00, venerdì solo il mattino dalle 9:30 alle 12:30.
La prima volta che ho incontrato Piero Cividalli è stato a gennaio 2019. Non ero sicura della riuscita dell’incontro: aristocratico, snob, coltissimo, radical chic, buonista e intellettuale di sinistra (credo, noi non parliamo di politica, né italiana, né israeliana, lasciamo un margine al sogno…). Pietro è il mio esatto contrario. Abbiamo parlato per ore, forse è stata la prima volta che ho lasciato parlare un uomo senza mai interromperlo: non potevo essere con lui maleducata e da lui avevo solo da imparare. E la storia continua, ci sentiamo, ci siamo rivisti a Vicenza e ora a Milano. Lucida dimostrazione che, se ci sono diversità, una minima intelligenza e rispetto il dialogo continua oltre le differenze.
Durante la presentazione della Mostra “La Brigata Ebraica” Piero Cividalli “si racconta”, con parole che avevo, in parte, già riportato omettendo qualcosa: “ho anche partecipato all’organizzazione Balilla, avevo una vaga idea di quello che poteva essere un ebreo benestante, il risveglio dall’ignoranza è stato nel 1937, l’esilio in Svizzera, la richiesta di un permesso d’espatrio per la Palestina, l’arrivo in Palestina e gli aerei, che partivano da Rodi, allora italiana, per bombardare gli ebrei…”. E aggiunge in un umano finale: “se non ci aiutiamo l’uno con l’altro, se annientiamo la memoria, penalizziamo il futuro e creiamo solo guerre e disastri”.
La mostra è divisa in due sezioni. La prima parte è “Gli Ebrei sotto il Regno Sabaudo” con documentazione di Gianfranco Moscati. Scomparso il 14 febbraio 2018) io lo definisco “un nobile raccoglitore di memorie e un grande benefattore”, avendo avuto la fortuna di conoscerlo e confrontarmi con un dialogo durato tantissimo anche se non con costante frequenza. Del resto lui, pur essendo milanese, viveva a Napoli. Ancora in vita ha poi donato una parte della sua straordinaria collezione all’Imperial War Museum di Londra, che gli ha dedicato una sezione del proprio sito web, mentre un’altra parte si trova ora al Meis, il Museo dell’ebraismo italiano di Ferrara. Come nel mio stile, porto dentro di me le sue confidenze sulle donazioni e il rammarico di certe scelte, unitamente alla gioia di averlo “toccato con mano gentile più volte”. Grazie a lui ho conosciuto alcune associazioni benefiche e un modus operandi che per me è stato esempio di vita!
Della Brigata Ebraica per iniziativa del Museo omonimo sono esposti manifesti, uniformi e oggettistica originale che raccontano la storia di circa 5.000 ebrei arrivati da tutto il mondo per partecipare alla liberazione d’Italia. La mostra è fortemente sostenuta da molte persone che hanno prestato la loro opera gratuitamente. Tra le tante cito la mia amica Barbara Caletti, Davide Romano direttore del Centro Studi della Brigata Ebraica, Stefano Scaletta brillante ricercatore dell’università Piemonte Orientale e PhD candidate alla Bar Ilan University, Israele, al quale auguro lunga e meritata carriera e una permanenza stabile in Israele, auspicando che lui non faccia il mio errore di gioventù: “Mum, I am coming back…”. Piero Cividalli è il Presidente Onorario della Brigata Ebraica ed io, vorrei mantenesse invariato il suo ruolo il più lungo possibile!
E così con Piero Cividalli, la Brigata Ebraica e Gianfranco Moscati, ognuno con la propria mappatura, si possono immaginare gli scenari di guerre, assorbendone le cicatrici con uno sguardo più aperto al mondo, affinché esse diventino orme sulle quali segnare un tracciato per un percorso migliore.
In chiusura di presentazione una signora guarda una foto e scoppia a piangere e mi dice “quello con il naso lungo è mio papà, Racco Guido di Salonicco”: ho così raccolto una storia, incontrato una nuova amica, Annamaria Racco, una vita con una conclusione felice quella di suo padre che è vissuto oltre i novant’anni. Sono queste evoluzioni che trasformano una Mostra in evocazione di altre atmosfere. Quando non ci saranno più i testimoni della memoria, sarà difficile carpire l’anima, perché saranno proposte chiavi di lettura incapaci di confrontarsi con i sentimenti!