Brucia l’Amazzonia: Jair Bolsonaro e la guerra di interessi tra profitto e ambiente

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Amazzonia brasiliana in fiamme
Amazzonia brasiliana in fiamme

Assistiamo alla spaventosa catastrofe che sta distruggendo enormi aree dell’Amazzonia brasiliana e sta raggiungendo Perù e Bolivia. Incendi per nulla naturali dovuti all’avidità dei proprietari agricoli. È una tragedia ambientale che è iniziata in un paese, il Brasile, nel quale è presidente Jair Bolsonaro un fedele suddito degli Stati Uniti. E la concomitanza di una devastazione ambientale con l’esistenza di un presidente oscurantista e apertamente filo fascista, legato ai proprietari agricoli, iperliberista e quant’altro, dovrebbe far riflettere almeno su una cosa.

Lo sfruttamento ambientale a fini di mero profitto, il considerare l’ambiente come una proprietà privata (cosa che, ricordo, è in antitesi con la tradizione e la storia culturale, sociale e religiosa delle popolazioni sudamericane) e non un bene collettivo, sono le cause principali dell’emergenza ambientale che stiamo vivendo. Non c’è nulla dovuto al caso o alle modifiche epocali. Ce ne dobbiamo rendere conto.

Esiste un conflitto, una guerra di interessi divergenti, tra profitto e ambiente. Non potremo avere mai un miglioramento delle condizioni di vita collettive di tutti gli esseri umani e del nostro pianeta se si continuerà ad avere come scopo principale dell’esistenza l’arricchimento di una miserabile e infima minoranza che sfrutta qualsiasi essere e qualsiasi cosa che possa produrre capitale. Tra capitale e lavoro, capitale e salute, capitale e ambiente esiste un’incompatibilità profonda e sostanziale. Dobbiamo esserne coscienti.

Quello che sta succedendo in Amazzonia in queste settimane è l’evidenza di questa incompatibilità.

Tutti siamo d’accordo che bisogna difendere la natura e l’ambiente ma questa è solo una “bella speranza” se non si decide da che parte stare. Dalla parte del profitto e del capitale o da quella del benessere collettivo, del lavoro, della salute di tutti gli esseri umani, dell’ambiente?

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.