A seguito della positiva accoglienza riservata dagli investitori privati ai Btp Italia, il Governo intende replicarne il successo proponendo il lancio dei Btp Futura. Si tratta del primo titolo di debito sovrano dedicato in via esclusiva ai risparmiatori individuali.
Come per il Btp Italia, il ricavato dell’emissione sarà utilizzato per finanziare le spese previste per fronteggiare l’emergenza sanitaria e la ripresa dell’economia. Questo strumento si colloca in una più ampia strategia del Tesoro, che entro fine anno intende raccogliere 520 miliardi di euro attraverso l’emissione di titoli di Stato. Il capo della Direzione debito pubblico al dipartimento del Tesoro, Davide Iacovoni, fa sapere che il valore delle emissioni da inizio anno ad oggi si attesta a circa 280 miliardi di euro, 80 miliardi in più dello stesso periodo dell’anno scorso.
La scelta di escludere gli investitori istituzionali è motivata dalla volontà di riavvicinare i risparmiatori italiani ai titoli di Stato, e quindi di aumentare la quota di debito pubblico in loro possesso. Infatti, se 20 anni fa la quota detenuta dai cittadini si aggirava intorno al 10%, oggi si attesta al 4% circa.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha annunciato la prima emissione di questo titolo dal 6 al 10 luglio, mentre una seconda è prevista dopo l’estate.
Molti dettagli non sono ancora stati definiti, ma come per i Btp Italia è previsto un premio fedeltà, che però verrà riconosciuto soltanto a chi acquisterà il titolo nei giorni di emissione e lo manterrà nel portafoglio fino alla scadenza. Le cedole, semestrali, saranno calcolate sulla base di tassi prefissati e crescenti nel tempo, ma il valore dei tassi minimi garantiti verrà reso noto solo a pochi giorni dall’emissione. Il Btp Futura avrà un lotto minimo di 1000 euro e la domanda sarà completamente soddisfatta, salvo la facoltà del Ministero di chiudere anticipatamente l’emissione se la raccolta verrà completata in anticipo.
La cedola accessoria del premio fedeltà verrà determinata in base alla media del tasso di crescita annuo del PIL nominale dell’Italia, ma con un limite minimo dell’1% e un massimo del 3% del capitale investito. Questa correlazione del premio all’andamento del PIL è coerente con l’obiettivo di supporto all’economia, ed è una modalità generalmente più diffusa per i Paesi emergenti e in via di sviluppo.
Nonostante il titolo di debito non sia ancora stato emesso, è già cominciato il dibattito riguardo la possibilità di non usufruire del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) Da una parte, infatti, si sostiene che si potrebbero raccogliere le risorse necessarie insistendo con l’emissione di debito pubblico visto che l’avversione al MES di alcuni esponenti permane a causa dei dubbi riguardo la presenza o meno di condizionalità.
D’altra parte però si evidenzia che emettere titoli di Stato con rendimenti interessanti e addirittura premi fedeltà sia decisamente più costoso che ricorrere al MES, che invece concederebbe prestiti a tassi molto bassi.
Viene frequentemente sottolineato che il Btp Futura pagherà gli interessi ai cittadini italiani, e non alle istituzioni europee ma bisogna ricordare che i costi del debito gravano proprio sui cittadini attraverso le imposte, anche sugli stessi contribuenti che comprano i Btp e beneficiano dei rendimenti. Insomma, una parte di popolazione potrebbe ricavare un rendimento interessante, ma sono proprio i contribuenti a pagare questo rendimento, probabilmente elevato.
Infine, ricordiamo che il MES dovrebbe prevedere l’assenza di condizionalità solo se le risorse verranno utilizzate per finanziare spese nell’ambito sanitario. Sebbene sia una sorta di vincolo una maggiore trasparenza sull’utilizzo delle risorse non sembra un fattore negativo. Il debito pubblico italiano non sarebbe così elevato se il denaro raccolto negli anni passati fosse stato investito efficacemente.
Tirando le somme, entrambe le alternative presentano pro e contro. Non si può valutarle in maniera semplicistica, tantomeno in questo momento in cui ancora non si hanno dati certi sui Btp Futura. Inoltre bisogna ricordare i vincoli imposti dalle disordinate finanze pubbliche: una soluzione potrebbe essere preferibile teoricamente, ma magari non applicabile alla nostra realtà.
Si può quindi concludere che uno strumento potrebbe rivelarsi una buona soluzione per rendere il debito pubblico meno traballante nel lungo periodo, ma potrebbe comportare maggiori costi per i contribuenti in questo momento difficile. L’altra soluzione invece si concentra maggiormente sulla necessità di risorse a basso costo in un’ottica di breve termine. Vista la gravità della situazione, potrebbe essere necessario ricorrere ad entrambi.