Intervista pubblicata sul Corriere di Verona e riportata da Gli eroi del calcio all’ex difensore trevigiano di Vicenza, Verona, Juve, Roma, Napoli, Inter e della nazionale Luciano Marangon, che dopo aver appeso le scarpe al chiodo è stato procuratore di calciatori e proprietario di un beach club a Ibiza, autore dell’autobiografia Luna tonda.
Ha smesso di giocare a 31 anni. Come mai?
“Ero all’Inter, venivo da un grave infortunio alle ginocchia e volevo cambiare aria. Avevo la possibilità di andare al Tottenham, ma ero ancora legato all’Inter per due anni: chiesi alla società di liberarmi, di abbassare le pretese: dopo un mese di trattativa, dissi che se non mi avessero liberato, avrei smesso di giocare; non mi credettero. Feci le valigie e me ne andai a New York. Sparito nel nulla”.
Anche con la Juve, all’inizio della sua carriera, venne fuori la sua anima ribelle…
“Sono cresciuto alla Juve. Boniperti e Allodi volevano mandarmi a fare esperienza a Catanzaro. Io da buon veneto testone rifiutai. Boniperti fu molto chiaro: “Marangon, lei diventerà un grande calciatore ma non giocherà nella Juve”. Mi cedettero al Vicenza”.
Vicenza, bella storia, ricordi intrisi di tristezza per un amico che non c’è più. Chi era Paolo Rossi per lei?
“Ho perso un fratello. Avevamo trascorso 3 anni insieme alla Juve. Lui era al Como, il presidente Farina non era tanto convinto. “Presidente, lo prenda e non se ne pentirà” gli dissi. Penso spesso a Paolo. Certe persone non se ne vanno mai”.
Napoli, Roma, due grandi piazze. Come finì a Verona?
“Estate 1982: avevo un accordo per andare al Milan. Ero tranquillo in vacanza, poi lessi che mi aveva preso il Verona. Lo chiamai per chiedergli cosa fosse successo: “non preoccuparti, vai al Verona e spari un cifrone. Non accetteranno, così vieni al Milan”. E invece accettarono […] Tre anni meravigliosi, Bagnoli allenatore intelligente e preparato: un grande uomo. Lui e Mascetti ogni anno aggiungevano nuove pedine, ne venne fuori una squadra perfetta. La nostra forza era lo spogliatoio, non volevamo mai smettere di allenarci, fuori dal campo stavamo insieme. Un gruppo di amici. E lo siamo ancora oggi» […]