Cancellazione legge Spazzacorrotti, Meritocrazia Italia plaude una riforma necessaria

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Legge Spazzacorrotti
Legge Spazzacorrotti

V’è convergenza sulla cancellazione della l. n. 3 del 2019 («Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici»), cosiddetta legge Spazzacorrotti.

L’intervento comporterebbe, tra l’altro, l’immediato ripristino della prescrizione sostanziale per determinati reati contro la pubblica amministrazione.

Con riferimento ai particolari capi d’imputazione, la legge Spazzacorrotti stravolge completamente il decorso della prescrizione, che si sospende dalla pronuncia di primo grado fino al raggiungimento del giudicato. Nessuno sconto se si tratta di sentenza di assoluzione o di proscioglimento.

L’incrinatura legislativa è rilevabile ictu oculi: i soggetti coinvolti divengono eternamente esposti alla potestà punitiva dello Stato e a tutte le conseguenze che il peso di un processo può comportare nella vita privata (dall’impossibilità di trovare impiego nel settore privato tutte le volte in cui si renda necessario presentare il certificato dei carichi pendenti o del casellario giudiziale, all’impossibilità di partecipare a qualsivoglia tipo di concorso nel settore pubblico). A bene vedere la sospensione della prescrizione decreta che, in primo grado e fino al giudicato, alea iacta est.

Non passa inosservata, inoltre, l’anomala assimilazione di tali reati a quelli di criminalità organizzata, laddove si consideri, ad esempio, la facoltà della Procura di procedere a intercettazione o addirittura l’inserimento della corruzione e di alcuni altri delitti contro la p.a. tra i reati c.dd. ostativi alla concessione dei benefici penitenziari, ex art. 4 bis ord. penit.

E invero la modifica ha finito per rappresentare la più ambigua tra quelle introdotte dalla legge de qua: per effetto dell’operato collegamento all’art. 4 bis ord. penit., il PM non può chiedere la sospensione dell’esecuzione della pena detentiva non superiore a quattro anni consentendo così al condannato di chiedere, dallo stato di libertà, una misura alternativa alla detenzione. Il che comporta che il condannato, a condizione che la pena da scontare (anche residua) non sia superiore a quattro anni, può chiedere una misura alternativa solo dopo l’ingresso in carcere e solo qualora mostri piena collaborazione con la giustizia.

A ciò si accompagna la speculare introduzione dell’art. 323 ter, che ha previsto una clausola di non punibilità nel caso di volontaria, tempestiva e fattiva collaborazione per i reati previsti dagli artt. 318, 319, 319 ter, 319 quater, 320, 321, 322 bis (limitatamente ai delitti di corruzione e di induzione indebita), 353, 353 bis, e 354 c.p.

Non di poco conto, poi, la trasmigrazione del ‘millantato credito’ nel delitto di traffico di influenze illecite, con la distorta conseguenza della punibilità del privato che si sia fatto convincere dal millantatore a dare o promettere l’utilità indebita.

Senza contare che solo per i reati contro la p.a. si ammette il sacrificio sproporzionato e illimitato del privato a beneficio del pubblico interesse, lasciando quasi trasparire una rivisitazione della scala dei valori giuridicamente tutelati: quasi che la corruzione, reato lesivo dell’interesse della p.a., è meritevole di una più intensa efficacia deterrente rispetto a quei reati che, invece, offendono il bene “vita”.

Rilevate le gravissime criticità della legge, Meritocrazia Italia non può che condividere le intenzioni di riportare il sistema a vera Giustizia, con più adeguati interventi a tutela della trasparenza nell’attività della p.a. e del buon andamento della stessa, e la necessità di un intervento di cancellazione della legge Spazzacorrotti.

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