
Presentata a Vinitaly la nuova rete delle “cantine archeologiche”, un progetto che unisce imprese vitivinicole e soprintendenze nella valorizzazione dei territori. L’esperienza della Valpolicella fa scuola, con l’Amarone che nasce tra i mosaici della Villa romana di Negrar.
Una bottiglia di Amarone che si apre come uno scavo archeologico. Un’etichetta da “grattare” con una finta moneta romana per scoprire il mosaico nascosto, simbolo di un passato millenario che torna a vivere. È da suggestioni come questa che prende corpo il progetto delle cantine archeologiche, un’associazione nazionale che vedrà la luce nei prossimi mesi con sede in Valpolicella, dove tutto è cominciato.
La presentazione ufficiale è avvenuta questa mattina a Vinitaly, alla presenza del presidente della Regione Veneto Luca Zaia, che ha salutato l’iniziativa come «una straordinaria alleanza tra le Soprintendenze e il mondo del vino per tutelare, promuovere e raccontare la bellezza e la storia del nostro paesaggio». Con lui i Soprintendenti Vincenzo Tinè e Andrea Rosignoli, il prof. Giuliano Volpe dell’Università di Bari, e i rappresentanti delle realtà fondatrici: Franchini Agricola, Benedetti “LaVilla” e Fondazione Aquileia.
L’idea è tanto semplice quanto potente: unire le aziende vitivinicole che sorgono in contesti storici e archeologici rilevanti, costruendo un racconto comune capace di attrarre turismo, sostenere la ricerca scientifica e valorizzare il patrimonio culturale. In prima linea, ovviamente, c’è la Valpolicella, dove la celebre Villa romana dei Mosaici di Negrar ha dato il via al progetto con soluzioni comunicative di grande impatto.
«Abbiamo voluto creare un legame concreto tra il vino e la storia – spiega Giuliano Franchini – e lo abbiamo fatto non solo con le etichette o il marketing, ma anche destinando parte dei ricavi al sostegno diretto degli scavi e della gestione del sito archeologico». Un esempio virtuoso di sinergia tra pubblico e privato, tra cultura e impresa, che ha portato a un incremento delle vendite e a una nuova consapevolezza del valore del paesaggio.
Il presidente Zaia ha sottolineato come questa iniziativa rappresenti «un’eccellenza veneta che può fare scuola a livello nazionale e internazionale. I nostri produttori non sono solo imprenditori, ma custodi del territorio. È giusto che anche le istituzioni li affianchino nel raccontare e valorizzare questa storia».
La nascente associazione si propone di essere una rete attiva e operativa, in grado di aggregare altre realtà simili in Italia, creare itinerari culturali ed enoturistici, organizzare eventi e mostre, dialogare con i ministeri e le Soprintendenze per accelerare il recupero di siti spesso dimenticati. E, naturalmente, produrre vino che sia anche esperienza, racconto, memoria.
Dal cuore della Valpolicella parte dunque un nuovo modo di pensare il vino: non solo eccellenza del gusto, ma anche narrazione del tempo, bellezza condivisa e risorsa per il futuro. Un “Amarone con vista mosaico” che non si dimentica.