Canzoni che raccontano la storia d’Italia, settima puntata: la strategia della tensione (da Piazza Fontana all’Italicus)

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Milano, 12 dicembre 1969. La giornata inizia come tante, poi una bomba scoppia in pieno centro, a Piazza Fontana nella Banca dell’Agricoltura. E tutto cambia (qui tutte le puntate “Canzoni che raccontano la Storia“).

Sono 17 i morti e 88 feriti. Una strage che viene assunta come l’inizio “ufficiale” della strategia della tensione che provocherà centinaia di vittime nel nostro paese.

La strage di Piazza Fontana a Milano
La strage di Piazza Fontana a Milano

In Italia il movimento dei lavoratori e quello degli studenti sono forti, si uniscono, chiedono dalla Politica un cambiamento radicale. Maggiori diritti, senza discriminazioni, vogliono contare. Non restano passivi, scendono in piazza e sono manifestazioni di decine e decine di migliaia di persone in ogni parte d’Italia. Si mette in discussione il modello di sviluppo capitalista. I lavoratori pretendono uno statuto dei lavoratori che garantisca loro i diritti di un lavoro migliore, sicuro, meno faticoso … le organizzazioni sindacali e i partiti di classe aumentano il loro consenso. Si vede all’orizzonte la possibilità di poter diventare protagonisti dello sviluppo del paese e di avere più voce in capitolo, maggior potere.

Bisogna che questa onda venga fermata, che venga contrastata, resa innocua. E come fare? Il terrore in questi casi è un’arma efficace. Le stragi, specialmente se colpiscono a caso e in luoghi impensabili, creano paura e sconcerto. Così si fanno o si permettono atti terroristici con la complicità di “settori deviati dello stato”. E, quando avvengono le stragi e ci sono i morti, quando l’orrore colpisce la gente e sale la richiesta di ordine, si fanno depistaggi, si indicano colpevoli che non esistono, si coprono esecutori e mandanti e, soprattutto, tutto viene avvolto nella nebbia del “segreto di stato”.

A Piazza Fontana è stata messa in atto la prima di quelle che verranno chiamate “Stragi di Stato”. Subito le indagini vengono dirette verso gruppi anarchici. Viene indicato l’esecutore, Pietro Valpreda, il mostro che ha seminato la morte. Vengono costruiti indizi e prove poco credibili ma tant’è. Valpreda viene incarcerato e dovrà aspettare qualche decennio per avere giustizia. Perché Valpreda era innocente. Come innocente era Giuseppe Pinelli, detto Pino, ferroviere, anarchico, partigiano e che morì “cadendo” da quarto piano della questura durante un interrogatorio. Era stato fermato perché anarchico e indicato anch’egli come “mostro”. Era innocente e sarebbe giusto ricordarlo come vittima di un potere che voleva sviare le indagini da chi aveva effettivamente compiuto la strage. I colpevoli dovevano essere gli anarchici, non quelli veri, i fascisti che potevano essere utilizzati per soffocare la protesta che pretendeva il progresso e che stava montando nel nostro paese.

Molte canzoni ricordano la strage di Piazza Fontana. Ne abbiamo scelte alcune.

La prima è “Luna Rossa” di Claudio Bermieri scritta nel 1972 (video di cui al link successivo in copertina, ndr):

https://www.youtube.com/watch?v=hbzhwCgjAoE

La seconda è “Una tristezza che si chiamasse Maddalena” di Enzo Jannacci che, alla sua maniera, parla del 12 dicembre (https://www.youtube.com/watch?v=pzv643hZusE)

La terza ricorda la morte di Giuseppe Pinelli. È cantata da Cesare Bermani e si intitola “La ballata del Pinelli” (https://www.youtube.com/watch?v=t6y4vlOXwJE):

Gioia Tauro, 22 luglio 1970. A Reggio Calabria è in atto una vera e propria sommossa fomentata da esponenti del MSI e causata dalla nomina di Catanzaro a capoluogo di regione. Solo una settimana dopo i violenti scontri del 15 luglio, verso le 17:10 nei pressi della stazione di Gioia Tauro, avviene il deragliamento del “Treno del sole”, il direttissimo Siracusa-Torino. È un disastro che provoca 6 morti. Anche se la causa più logica è quella dell’attentato o del sabotaggio, inizialmente si parlò di guasto meccanico. In successive indagini si parlò dell’uso di esplosivo stabilendo come probabile la tesi dell’attentato (https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Gioia_Tauro). È da ricordare come, nella provincia di Reggio Calabria tra il 20 luglio 1970 e il 21 ottobre 1972, ci furono 44 gravi episodi dinamitardi che colpirono in gran parte le strutture ferroviarie.

Ricordiamo quel periodo e la risposta delle lavoratrici e dei lavoratori al terrorismo con questa canzone di Giovanna Marini intitolata “I treni per Reggio Calabria” (https://www.youtube.com/watch?v=mkk3a5ltqko):

Brescia, 28 maggio 1974. Piazza della Loggia è piena di cittadini che partecipano a una manifestazione contro il terrorismo neofascista quando alle 10:12 scoppia una bomba nascosta in un cestino dei rifiuti provocando 8 morti e oltre 100 feriti. Una strage di chiara matrice fascista che si inquadra nella strategia della tensione che mira, con il terrore, a soffocare le aspirazioni di progresso che crescono nel paese e a provocare una svolta autoritaria e reazionaria.

Di Franco Trincale ascoltiamo “Brescia, 28 maggio” (https://www.youtube.com/watch?v=_GwUM49LJ1k):

Bologna, 4 agosto 1974. Attentato al treno ITALICUS, 12 morti. Dal sito http://www.vittimeterrorismo.it/vittime/strage-dellitalicus/ si legge: Attorno all’una del mattino del 4 agosto 1974, all’uscita dalla “Galleria degli Appennini”, nei pressi della stazione di San Benedetto Val di Sambro, un ordigno ad alto potenziale esplose nella quinta vettura del treno Espresso 1486 “Italicus”, diretto a Monaco di Baviera. Alla esplosione seguì un incendio di vaste proporzioni. L’attentato, che determinò la morte di dodici viaggiatori e il ferimento di moltissimi altri, fu rivendicato con un volantino nel quale si leggeva: “Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare … seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti”.

La bella canzone “Agosto” di Claudio Lolli (tratta da “Ho visto anche zingari felici”) parla di questa strage:

clicca qui https://www.youtube.com/watch?v=GLTkF5k6Zkg

Altre stragi seguirono negli anni, provocando veramente “una montagna di morti”. Ma di alcune di queste parleremo nella prossima “storia”.


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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.