Una ricerca condotta dalle Università di Verona, Padova e IUAV di Venezia, in collaborazione con la Fondazione Centro Produttività Veneto di Vicenza, ha analizzato il patrimonio immobiliare inutilizzato nel territorio regionale, individuando quattro possibili modelli di riutilizzo. In Veneto sono 10.610 i capannoni dismessi, per un valore di 1,2 miliardi di euro. Il fenomeno è sotto gli occhi di tutti: in tutto il Veneto – e non solo – vi è un enorme patrimonio immobiliare rimasto ormai inutilizzato.
Un tema che assume una particolare complessità per quanto riguarda i capannoni adibiti ad attività produttive. Che cosa fare dunque di queste strutture? Come trasformarle da costo (per la proprietà, se sono società ancora attive, e per l’ambiente) a opportunità per il territorio e la sua comunità?
Proprio a questi interrogativi risponde la ricerca “Interventi sul patrimonio immobiliare inutilizzato: dalle riconversioni a fini economici e sociali alla valorizzazione della demolizione“, realizzata dalle Università di Verona, Padova e IUAV di Venezia in collaborazione con la Fondazione Centro Produttività Veneto di Vicenza. Un progetto finanziato dalla Regione Veneto, all’interno di un programma realizzato con il sostegno del Fondo Sociale Europeo volto a rafforzare la produttività e la competitività e a promuovere la crescita economica e lo sviluppo sostenibile del Veneto.
La ricerca è stata presentata oggi 22 gennaio, alla presenza dell’arch. Damiano Steccanella, Presidente della Pibamarmi; del dott. Daniele Savio, Vicedirettore del CPV; del Dottore di ricerca Stefano Zamberlan dell’Università di Verona, che ha coordinato il progetto; dell’ing. Giuseppe Brianza dell’Università di Padova, che ha seguito la parte relativa alla demolizione e dell’arch. Valentina Carli dello IUAV di Venezia, che ha seguito la parte relativa alla riconversione. Da sottolineare anche la presenza dell”Assessore regionale all’Istruzione, alla Formazione e al Lavoro Elena Donazzan. A ospitare la presentazione è stato lo Spazio Pibamarmi, ad Arzignano, una location quanto mai significativa per il tema affrontato in quanto tra gli esempi virtuosi di riqualificazione vi è proprio un progetto commissionato dall’azienda vicentina.
I numeri
I dati confermano tutta l’importanza economica, ma anche sociale, del tema: in Veneto infatti sono 92 mila i capannoni, di cui 10.610 dismessi. Di questi, 4.570 sono da destinare alla demolizione perché non più utilizzabili, mentre gli altri 6.040 sono riutilizzabili. Il valore stimato di questi capannoni dismessi è di 1 miliardo e 200 milioni.
Dal punto di vista del consumo del suolo, in Regione ci sono 183 milioni di metri quadrati coperti da aree produttive, 21,6 milioni di metri quadri sono però capannoni dismessi, e di questi 12 milioni dovrebbero essere demoliti. Il Veneto è secondo posto in Italia per consumo di suolo con il 12% di territorio edificato, secondo solo alla Lombardia.
Per quanto riguarda in particolare Vicenza, la provincia berica è quella con il più alto numero di capannoni, 20.240, pari al 22% del totale regionale, e di capannoni dismessi, 2.122, pari al 20% del totale regionale.
Quattro modelli possibili
Unendo competenze economiche, ingegneristiche e architettoniche, gli autori dello studio hanno individuato le condizioni e le modalità per le possibili buone pratiche di riutilizzo del patrimonio immobiliare inutilizzato o, al contrario, per la sua demolizione. In particolare sono stati individuati quattro modelli di riutilizzo: il primo è riconducibile all’ambito della “smart specialization” e Industria 4.0; il secondo punta sui servizi alle imprese e di welfare; il terzo sui sistemi di energia rinnovabile, economia circolare e produzioni green che favoriscono l’inclusione sociale; infine l’ultimo modello è riconducibile ad alcune esperienze consolidate di successo.
In particolare, lo studio – dopo un’analisi del territorio, in collaborazione con enti locali e associazioni di categoria – ha individuato due casi studio, che sono stati indagati sfruttando il software BIM. Il primo, a Marghera, ha valutato la demolizione di un complesso e la restituzione dello spazio alla società civile, elaborando una metodologia di valutazione a supporto di pubbliche amministrazioni e investitori privati. Il secondo caso studio ha riguardato l’azienda Pibamarmi di Chiampo, che si è resa disponibile a mettere a disposizione la propria organizzazione per gli scopi della ricerca. Attraverso il caso di studio è stata analizzata la riconversione e l’adeguamento antisismico dei vecchi fabbricati industriali della Pibamarmi a Chiampo in una visione industry 4.0. È stata ipotizzata una trasformazione dello stabile dismesso prima adibito alla lavorazione del marmo, in un moderno e funzionale edificio in grado di ospitare, attraverso una organizzazione sinergica dei servizi, uno spazio di co-working, un incubatore d’aziende, uno spazio espositivo ed aree di socialità e wellness.
Fondazione Centro Produttività Veneto