“Aldo Manuzio scelse Venezia per “inventare” il libro moderno, per come lo conosciamo noi nel 1490. Venezia divenne un centro di promozione culturale straordinario con influenza in tutto il mondo. Perché stampare libri non è un lavoro qualunque: è ciò che permette alle idee, alla conoscenza, alla fantasia di autori di tutto il mondo di arrivare tra le mani dei lettori. Un lavoro nobile e prezioso che rese Venezia capitale globale della cultura: ad esempio qui venne stampato nel 1538 il primo Corano in arabo della storia ed infatti nelle tipografie veneziane lavoravano persone da tutto il mondo, probabilmente anche da quello che ora chiamiamo Pakistan”. Inizia così la lettera aperta che la CGIL del Veneto ha deciso di scrivere a Fabio Franscechi, fondatore e proprietario dell’azienda di Trebaseleghe Grafica Veneta, al centro di un’indagine per caporalato e di polemiche per il rifiuto di assumere i 25 lavoratori pakistani.
“Grafica Veneta, che è attualmente la più grande stamperia d’Europa, è erede lontana di quella grande tradizione. Per questo motivo quando è stata travolta da una pesante inchiesta giudiziaria per una cooperativa appalto che schiavizzava lavoratori pakistani, fin da subito abbiamo temuto per le ricadute conseguenti. La Slc Cgil è il sindacato che quotidianamente rappresenta le lavoratrici ed i lavoratori di Grafica Veneta, 370 nello stabilimento, oltre all’indotto e, appunto, due cooperative in appalto, significa oltre 600 famiglie. Non è stato facile avviare relazioni sindacali all’inizio, ma abbiamo nel tempo costruito rispetto reciproco con un percorso positivo che vogliamo salvaguardare.
A noi non è sfuggito fin dall’inizio che per una azienda che produce libri, conoscenza, cultura, essere accomunata con casi di schiavismo e violenza avrebbe comportato conseguenze pesantissime. Infatti subito autori importanti ed editori hanno dichiarato il loro sdegno e chiesto subito che questa vicenda venisse chiarita. L’inchiesta chiarirà le responsabilità di tutti in questa vicenda, ma poiché Grafica Veneta sostiene di essere essa stessa vittima di raggiro da parte di questa cooperativa che sfruttava lavoratori pakistani, aveva una strada immediata per porre rimedio e salvare l’onore: assumere direttamente questi lavoratori dando loro una via d’uscita dallo sfruttamento e dalla disperazione. Invece è iniziato un assurdo balletto di dichiarazioni di un avvocato incaricato dall’azienda per trattare la vicenda che si è trascinato per settimane con l’unica conseguenza di allargare le dimensioni del danno di immagine per l’azienda. Con qualche tentativo di dividere i lavoratori o le organizzazioni sindacali (anche la Slc rispetto alla Cgil) tra loro.
Fino ad arrivare alle parossistiche dichiarazioni di ieri. L’Azienda avrà un pesante calo di fatturato per questa vicenda “per cui” non possiamo assumere questi lavoratori sfruttati pakistani ma internalizzeremo e meccanizzeremo questa fase produttiva che prima era affidata a loro assumendo altri lavoratori”.
“In realtà è successo il contrario: vi sarà una contrazione degli ordini proprio perché non sono stati salvati questi lavoratori pakistani. Una scelta pessima che rischia di esporre ulteriormente questa realtà imprenditoriale a difficoltà importanti di mercato e già si parla di possibile ricorso alla Cassa Integrazione. Per questo come sindacato Slc Cgil che rappresenta le lavoratrici e i lavoratori di Grafica Veneta chiediamo all’Azienda di ripensarci nell’interesse di tutti: pakistani e veneti, imprenditori e lavoratori, autori e lettori.
Il motto della prima bottega di stampa di Aldo Manuzio era “Festina Lente” che significa “Affrettati Adagio” forse un suggerimento ad agire bene e velocemente dopo aver riflettuto a sufficienza.