(Articolo da VicenzaPiù Viva n.5, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
La casa circondariale “Filippo Papa” non ha bisogno solo di più operatori, ma di maggiori competenze e sensibilità rieducative.
Negli ultimi mesi, la casa circondariale “Filippo Del Papa” è stata al centro di numerosi fatti drammatici che hanno occupato anche prime pagine dei giornali, cartacei e online, e servizi in televisione. In questo clima chiunque si è sentito legittimato a scendere sulla pubblica piazza mediatica e dire la sua su quelle vicende. Eppure, le difficoltà del carcere di San Pio X sono risapute ormai da anni e hanno alla loro base la stessa conformazione del “Del Papa”. Il primo grande problema del carcere di San Pio X è sicuramente il sovraffollamento. Infatti la struttura potrebbe ospitare al massimo 276 detenuti, ma ad oggi all’interno della casa circondariale ci sono 356 ospiti con un sovraffollamento pari al 130%.
Questo spropositato numero di detenuti, coerente con la triste media della carceri italiane, a Vicenza è ripartito in tre sezioni: alta sicurezza (per lo più esponenti del crimine organizzato), collaboratori di giustizia e i cosiddetti comuni.
Ma il sovraffollamento non è l’unico dei problemi del carcere di Vicenza. Nel sistema penitenziario la casa circondariale di San Pio X “ospita”, infatti, per la sezione dei comuni detenuti con condanne inferiori ai 5 anni ed altri in attesa di giudizio, situazione spesso a dir poco anomala e che proprio a febbraio ha causato un suicidio nel carcere di Verona di un ucraino incensurato. Ne deriva dunque una sorta di turn-over che non permette di portare avanti progetti continuativi di reinserimento nella società dei detenuti, scopo costituzionale delle pene di restrizione della libertà personale. L’ideale rieducativo del carcere, che mira alla creazione di un percorso funzionale all’insegnamento di un lavoro e alla creazione di un “dopo pena”, sembra così sfumare nel nulla. Nonostante ciò, sono attive nel carcere la cooperativa Elica, la cooperativa M25 ora divenuta “Il Gabbiano” e progetti come Carcere e scuola del CSI, Jonathan, nato dalla Pia Società S. Gaetano, e il Lembo del mantello della Cariats diocesana, cooperative e progetti tutti con uno sguardo al dopo fine pena. Indubbiamente, servono più progetti per abbassare la recidiva che al carcere di Vicenza è coerente con l’ alta media nazionale dell’80%.
Il terzo problema, forse quello più evidenziato sulle piattaforme social e di informazione, sta nella necessità di un maggior organico, non solo di polizia penitenziaria ma anche di assistenti sociali e psicologi che facciano fronte alle sempre crescenti problematiche psico-sociali. Tuttavia è altrettanto evidente come la panacea di tutti i mali non si ritrovi nel semplice aumento del personale, come sono soliti evidenziare i vari operatori e visitatori della casa circondariale.
Secondo numerosi operatori provenienti dai vari ambiti carcerari, infatti, bisogna aumentare in primis la competenza del personale soprattutto per quanto riguarda gli agenti della polizia penitenziaria in vista dell’aumento dell’incidenza di detenuti con disturbi psichici – comportamentali.
Date queste premesse, sorge spontanea una considerazione un po’ amara. L’invito di tanti consiglieri di opposizione, pervenuto tramite telegiornali, social, articoli, sembra limitarsi al semplice aumento del numero di agenti di polizia penitenziaria all’interno della casa circondariale, non curandosi dunque della complessità sociale che vive e si moltiplica all’interno delle mura del “Del Papa”. In quanto amministratori ma soprattutto cittadini di questa città dobbiamo cercare di rimanere legati al territorio, ascoltando i nostri concittadini che vivono e lavorano in questa realtà senza accontentarci di un’evidente soluzione posticcia e a lungo andare infruttuosa.