(Adnkronos) – "Il 45% dei pazienti che ricevono una diagnosi di tumore al polmone, ha già una malattia localmente avanzata o con metastasi a distanza. L’aspettativa di vita è strettamente collegata a quando si fa la diagnosi: nei primi stadi i trattamenti ci danno risultati eccellenti. Tumori piccoli operati ci permettono di raggiungere il 95% di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi”. Lo ha spiegato Giuseppe Cardillo, presidente della Società italiana di endoscopia toracica (Siet) e direttore dell’Unità operativa complessa di chirurgia toracica dell’Azienda ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma, in occasione della conferenza stampa di presentazione a Roma del nuovo Position Paper “Tumore al Polmone: la Via Maestra è la Diagnosi Precoce”, realizzato con il contributo non condizionato di Johnson & Johnson MedTech. "Con 44mila nuovi casi e 28mila decessi all’anno il tumore al polmone ha un impatto sociale enorme. Anche a livello europeo: si stima che ogni 83 secondi una persona muoia per questo cancro. Mentre a livello mondiale, dove si registrano 1 milione e 800mila morti, è come se ogni anno sparisse una città come Milano”, sottolinea Cardillo. “Per questo è fondamentale mettere in campo interventi di prevenzione primaria e secondaria, contrastando da un lato il fumo e dall’altro favorendo la diagnosi precoce con screening mirati alla popolazione a rischio”, aggiunge. Quello che, secondo l’esperto, andrebbe fatto è "identificare i pazienti che sono al momento sani, ma che hanno dei fattori di rischio elevati, e su quelli convergere i nostri sforzi per fare una Tac del torace ad alta risoluzione e a basso dosaggio", dice. “Quindi poche radiazioni per il paziente ma tanti risultati, immagini di qualità utili per trovare per patologie polmonari e anche cardiache. Inoltre, a mio avviso, dovremmo sempre associare alla diagnostica radiologica anche un ambulatorio per la prevenzione del tabagismo”, conclude. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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